di Simone Fornoni
Partire alle quattro e mezza di pomeriggio per rientrare a un quarto alle due del mattino ha i suoi bravi vantaggi: nel cazzeggio dell’itinerario a ritroso si ha il tempo per buttare giù due appunti e, al risveglio, di risistemarli a mo’ di diario di bordo. L’unica seccatura è aver perso la lotteria a bordo per la maglia del numero 5 che se n’è andato. Vabbè. Via. Il compleanno numero 62 di Gian Piero Gasperini è stato festeggiato a settebello con un giorno d’anticipo, ma oltre il regalo sul tavolo verde potrebbe, anzi dovrebbe esserci di più. Ad esempio quello Iago Falque pupillo del mister, già nella lista dei desideri e uno del lotto dei possibili vice Ilicic, profilo che ormai il mago sulla panchina dell’Atalanta si è stancato di scrivere sulla letterina a Santa Lucia e che Giovanni Sartori, il responsabile dell’area tecnica, non farebbe male a pensare di infiocchettargli a completamento di un calciomercato di riparazione definito per i ruoli di esterno (Lennart Czyborra a sinistra, Raoul Bellanova a destra) e difensore (Mattia Caldara).
Sarebbe un peccato farselo soffiare da Spal o Genoa (proprio dove il Gasp l’aveva lanciato) oppure lasciarlo a marcire al Torino, dove sono capaci di preferire al mancino spagnolo il connazionale Berenguer o fantasmi come il perennemente inquieto Simone Verdi, ambedue da pianto greco nello scontro diretto del sabato sera. Altrimenti ci sarebbe (stato) Gianluca Caprari della Samp, affare però complicato dalla virata del partente Andrea Masiello verso i rivali cittadini del Genoa e dalla sicura promessa al Sassuolo. Possibile farsi bagnare il naso da club dagli orizzonti così limitati? Ma non ci sono solo i festeggiamenti per il condottiero canuto dalla voce soffiata o le operazioni residue a rinforzo di una rosa corta ma tosta e dal grande potenziale. C’è l’eroismo dei millecinquecento al seguito della squadra, belli disciplinati al loro posto del settore ospiti del “Grande Torino”.
Estasiati dalle gesta di Josip Ilicic, Robin Gosens, Duvan Zapata, Papu Gomez assistman di lusso come José Palomino e la ciliegina sulla torta Luis Muriel, la punta più devastante e pungente in rapporto al minutaggio. I tifosi che si smazzano le trasferte, per di più serali e in pieno inverno, non sono dei casinari o la feccia della società come qualcuno vorrebbe far credere. La vulgata corrente del politicamente corretto, che vorrebbe il coro di educande allo stadio o meglio quello di eunuchi sul divano davanti alla pay tv, è piena di cazzate come un cabaret di bignè allo zabaione. Si tratta, leggi sopra, di eroi. Dotati di doppia P, che non è la vitamina antipellagrosa ma il mix irresistibile di Passione e Pazienza.
Chi scrive, molto refrattario ai rapporti umani e alle pubbliche relazioni, grazie alla mediazione della nostra collaboratrice-steward Luciana Rota da Santa Protettrice del Giornalista Smacchinato (e anche un tantino sfigato, forse troppo, ma non per questo meno sussiegoso e narciso), si è fatto il viaggetto sul secondo dei cinque pullman organizzati da Chei de la Coriera, un gruppo le cui redini sono nelle salde mani del Lissa, al secolo Alessandro Pezzotta, e a quanto sembra anche di Marco Zanotti, altro gran nome in tema di steward-bordocampisti. Sulla passione non c’è granché da aggiungere a quanto già si sa, per la Dea questi andrebbero in pellegrinaggio sö i boréle d’i zenöcc. Strisciando sulle rotule.
Meglio il trasporto su gomma, e anche qui che pazienza di Giobbe. Tutto è prefissato a puntino per portare a destinazione la truppa. Compreso il giornalista infiltrato, accolto last minute come un fratello, lui che manco saluta quelli di sangue, nonostante sia pure juventino, coming out da lasciare al day after così da non urtare anima viva o rovinare la festa. A Rondissone, e salcazzo dov’è, 50 minuti fermi, perché le forze dell’ordine devono provvedere alla scorta scaglionata delle corriere dall’autostrada. Ed è così che si entra praticamente a partita iniziata. Quattro ore e venti da via Spino allo stadio dell’ex grande capitale subalpina sono troppe. Figurarsi per chi deve ritirare l’accredito agli antipodi rispetto al parcheggio, ma questa è un’altra storia. Nemmeno una cartaccia in terra, due soste tecniche a forza di formalità fisiologiche impellenti, panini imbottiti e gale (ripassate al forno, strabuone), ché il carnevale è nei pressi. Il tifo vissuto senza rompere niente a (e) nessuno. Chei de La Coriera possono salire in cattedra e dare lezioni a tutti su come si fa. Compresi i molti cronisti snob. Da ieri orfani di un elemento in più.