La Svizzera mi piace un casino, è una nazione con quattro idiomi e una cifra di cantoni. E’ bellissima, ci sono tantissimi laghi, montagne e valichi alpini con panorami mozzafiato, villaggi che si sono fermati nel tempo con i loro chalet in legno che hanno esposti in bella vista i gerani anche a dicembre e poi ci sono gli svizzeri, un popolo particolare, un popolo abituato a rispettare le leggi e le regole, un popolo che il fine settimana, poi, sa divertirsi e sbragarsi.
Oltre alla filiale di Grono, ho deciso di aprire altri due negozi, uno lo apro nei prossimi dieci giorni a Martigny, cuore del Vallese, a pochi chilometri da cittadine fiabesche: Verbier, Ovronnaz, Crans Montana, Zermatt, Leukerbad. Paradiso. L’altro lo aprirò il mese prossimo nella zona di Morges, tra Lausanne e Geneve. Qui nel Wallis, si parla francese a sud di Sion e tedesco a nord di Brig, qui tutti tifano per una sola squadra: il FC Sion del presidentissimo Cristian Constantin e del nostro campione del mondo Gennaro Gattuso. Il FC Sion è riconosciuta come una delle quattro sorelle, le migliori squadre svizzere di sempre: Sion, Basilea, Grassophers, Zurigo. Per intenderci, il Sion ha giocato dodici finali di Coppa Svizzera e le ha vinte tutte e dodici. Con la Onis sono sponsor tecnico dei biancorossi e mercoledì sera in occasione della semifinale di Coppa Svizzera FC Sion vs FC Basel, che si è giocata in partita secca allo stadio Tourbillon, ho invitato due pazzoidi: Matteo Bonfanti e Nikolas Semperboni.
Io sono a Lugano già dal mattino, dopo due appuntamenti di lavoro con la Televisione Svizzera, Radio 3i, e con il Corriere del Ticino, verso mezzogiorno ho raggiunto la località di Andermatt. Subito dopo il passo del San Gottardo, ho caricato la macchina sul treno e in pochi minuti mi sono trovato dall’altra parte delle alpi, precisamente a Oberwald. Da qui in meno di un’ora si arriva a Sion. Quindi in perfetto orario raggiungo l’hotel dove è in ritiro la squadra, saluto i ragazzi tra cui c’è “Bashino”, il fratellino di Basha. Faccio una chiamata a Bonfanti e Nikolas per sapere se stanno arrivando, vorrei fargli fare due parole con i giocatori prima della partita, la risposta è di Nikolas: «Tutto ok, tra un po’ arriviamo, siamo tra Bergamo e Milano». La Svizzera è la patria degli orologi, arrivare in ritardo qui è proibito, i due fenomeni dovevano essere qui e invece se ho capito bene sono a Dalmine. E pensare che ai media locali ho enfatizzato e pubblicizzato l’arrivo del direttore di Bergamo & Sport e del suo fido giornalista, tra me e me ho pensato «glieli presento domani a colazione», se alle 17,30 sono a Dalmine, con quel catorcio di macchina e come guida Bonfanti, se tutto fila liscio arriveranno non prima delle 21.30. Senza contare la probabilità che in dogana li ricaccino indietro. Gli accrediti vanno assolutamente ritirati, quindi mi reco allo stadio e ritiro i pass per tutti e tre.
L’antistadio è un mix delle due tifoserie, nonostante non si amino, sul piazzale condividono le code per aggiudicarsi una birra e un piatto di raclette (formaggio fuso a lampada con contorno di cetrioli e patate). Anche i pullman dei giocatori arrivano nello stesso piazzale e a dividerli dalla folla sono solo due transenne e un paio di agenti della sourveillance: Otto e Noff. In attesa dei due svitati (per di più comunisti, chi me l’ha fatto fare… a me che sono assolutamente dell’altra parte) che oramai non mi rispondono nemmeno al telefono e ci teniamo in contatto con sms, scatto qualche foto e entro in campo a vedermi il riscaldamento delle due squadre. Non è la prima volta che sto a bordocampo per partite importanti ma ogni volta è un’emozione. Tra l’altro, la partita la si vede in modo completamente diverso, ogni tanto noi giustifichiamo i mister dicendoci «era in trans agonistica», invece sono convinto che dalla tribuna vedi cose che da bordo campo non ti rendi nemmeno conto. Sono tentato di chiedere a Ringhio di farmi fare qualche minuto, poi mi sono ricordato di aver lasciato in macchina le scarpe da calcio e… gli occhiali, nel senso che senza rendermene conto sono venuto alla partita in notturna con gli occhiali da sole. Ennesimo sms ai due storditi e hanno pure sbagliato strada, entro in campo e mi godo il primo tempo, Ringhio gioca alla grande e il Sion ha un paio di occasioni da gol clamorose, poi al 45° Rino si appresta a battere una punizione dal limite dell’area, chiara occasione da gol ma quello svitato dell’arbitro decide che il primo tempo finisce lì. Incredibile. Finalmente ecco che arrivano i due maledetti, accompagnati da un paio di hostess, li aspetto fuori dalla tribuna centrale, gli consegno i pass e ci dividiamo. Io e Matteo in campo, Nikolas in tribuna, Matteo ci dice: «Raga, una birretta?», la mia risposta è «oxyoxy!!!». «Ma che bel fotografo ufficiale, hai l’ipad di ultima generazione?»: questo è quello che deve aver pensato la security a bordo campo quando ha visto entrare il Matteo, abbigliato da ponte del costone ad agosto. Però devo dirvelo, il direttore è uno spasso, farò sempre pubblicità sul suo giornale perché lui è così: vero, semplice, pazzo, romantico, amarcord, vintage, sexy, un po’ figlio dei fiori e un po’ anarchico. Purtoppo il Sion perde, immeritatamente ma non conta, chi vince va avanti, chi perde a casa. Il pubblico concede un’ovazione ai suoi ragazzi, la squadra fa il giro del campo tra gli applausi. Il dopo partita lo passiamo a salutare un po’ di amici, a confortare qualche giocatore ma soprattutto si va a cena da Marie Emilie, un ristorantino enoteca a Conthey, lì ci attende un bel piatto di meraviglie del vallese. Ormai è l’una del mattino, invito i due zingari a dormire in hotel, gli ho riservato una camera ma non ne vogliono sapere, mi dicono che vogliono girare un po’ per la valle e tornare in Italia entro il mattino. Non so se sono tornati o se sono ancora in giro, lo scoprirò questa sera alla scuola calcio over 40, quando Bonfanten ci racconterà la sua avventura.
mercoledì 17 Aprile 2013