Il roccioso centralone ha anche un cuore, bellissimo, che in questi mesi ha sofferto per sua suocera e per tutta la nostra gente. Sipario, quindi, su Marco Vavassori, classe 1988, per noi che ci occupiamo di pallone bergamasco semplicemente il Vava, uno dei più forti difensori della nostra provincia. Parliamo del numero cinque perfetto, un bastardo incollato alle caviglie dell’attaccante avversario quando la squadra è in apnea, un centrocampista aggiunto se gli passa la palla dai piedi, dolcissimi, per far partire l’azione, un attaccante in più che vede la porta nei minuti finali della partita, ovviamente se c’è da ribaltarla.
In ordine, partiamo dai sentimenti, che in questo momento di dolore, sia per Marco che per chi scrive, sono la cosa più importante, ancora di più del pallone che ci unisce. “Io e mia moglie ci siamo tanto spaventati. Mia suocera stava male, ha preso il coronavirus proprio nei giorni in cui nella nostra provincia l’emergenza era al suo picco. E’ stata ricoverata al Papa Giovanni nel famoso sabato dei settecento. Avevamo paura non ce la facesse, in più non riuscivamo a parlare con nessuno. Poi ha iniziato a stare meglio, piano piano, quindi ha fatto il periodo di degenza al centro Alzheimer di Gazzaniga. Proprio in questi giorni ha fatto i tamponi e sono risultati negativi. Per fortuna. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo. E’ una donna forte, ma come famiglia ci sentiamo di ringraziare immensamente i medici e gli infermieri che l’hanno curata”.
Ormai sono due mesi che il pallone si è fermato. Come li ha vissuti Marco, che prima dello stop stava vivendo un ottimo periodo con la maglia del Lemine? “Come tutti, col calcio che è stato davvero l’ultimo dei pensieri. Ovviamente mi sono tenuto in forma, a casa. Ho la fortuna di avere il tapis roulant, qualche attrezzo e l’aiuto ventiquattro ore su ventiquattro di Paolo Morosini, un personal trainer molto in gamba. Passata la paura, ora il pallone sta iniziando a mancarmi, perché vivere lo spogliatoio è sempre un’avventura emozionante. Difficile starne senza per così tanto tempo”.
Grumellese, ma anche Ponteranica, Palazzolo, Colognese, Pradalunga, adesso la maglia del Lemine, Marco Vavassori è da sempre uno dei ragazzi che fanno il mercato estivo nella Bergamasca. Che calcio troveremo a settembre? “Impossibile dirlo con certezza. Certo andremo incontro a un forte ridimensionamento, perché tante aziende sono in difficoltà e le sponsorizzazioni saranno molte meno. La cosa più importante è che si torni a giocare quando non ci saranno rischi, né per gli atleti né per i dirigenti. Perché il pallone è un gioco meraviglioso, divertente, straordinario. E deve restare questo”.
Si parla tanto di classifiche e di verdetti, cosa pensa Marco Vavassori? “Chi come noi ha vissuto questa tragedia vicino, non ci pensa, non lo sente come qualcosa di importante. Personalmente credo che il pensiero di tutti noi deve essere per chi si trova ancora dentro a questa situazione di emergenza. Passata quella legata alla salute, dico quella lavorativa. Sentiamo tante persone che stanno perdendo la propria occupazione. C’è gente che economicamente inizia a stare davvero male. Questa è la sola preoccupazione, l’unica cosa che va risolta subito nella nostra provincia. A promozioni e retrocessioni ci penseremo più avanti”.
Parole profonde, ma anche forti, forti come è in campo Marco Vava Vavassori, tra i pochissimi difensori centrali che chiude ogni stagione con sei-sette gol all’attivo. “Pur giocando dietro, penso che il massimo dei massimi sia segnare. Per questo appena posso mi spingo in avanti. Il gol è tutto. Poi io fin da ragazzino ho vissuto il pallone solo come un immenso divertimento. Sono un difensore, è vero, e lo sarò sempre per via delle mie caratteristiche. Ma di quelli che ama fare gioco. Non lancio il pallone a casaccio, ci ragiono, cerco di uscire sempre con la palla attaccata al piede”.
Chi scrive sa che il Vava ha sfiorato l’ingresso nel dorato mondo dei professionisti. Correva l’anno 2006, Marco Vavassori era stato premiato dal nostro movimento come il miglior giovane difensore della Bergamasca. A bussare alla sua porta i dirigenti della Cremonese. “Qualcosa non funzionò tra il club grigiorosso e la Grumellese, che era proprietaria del mio cartellino. E l’accordo saltò”.
Anni e anni di splendide battaglie con i migliori attaccanti della nostra provincia. Chi ti ha fatto più soffrire? “Pupo Magitteri, tanto. Poi Messedaglia, che è roccioso come Ubizzoni. Temo moltissimo anche Franco Franchini, perché ha colpi che non ti aspetti e se gli lasci il minimo spazio, finisce che trova sempre il guizzo”.
Già che ci siamo messi a fare nomi, sipario sui migliori compagni di avventura del Vava, in campo, ovviamente nel reparto difensivo, come nella vita. “Dico Daniel Riva, quello con cui mi trovo meglio a giocarci accanto, e Alessandro Ferrari, che adesso vive in America. I compagni a cui mi sono più legato? Ormai sono tanti tanti, sicuramente Ghisleni, Riva, Bellini, Marroni e Cesani”.
Tra i dirigenti… “Il mio presidente dei sogni non c’è più… E’ stato Diego Belotti, una persona dal cuore grande. Tra i ds Stefano Zauri e Luca Locatelli, due giovani con cui mi sono trovato benissimo, sulla stessa lunghezza d’onda. E visto che ci siamo, parlo anche dei mister che mi hanno dato di più, sicuramente Cattaneo e Garbelli ai tempi della Grumellese. Adesso stavo apprezzando molto Oldoni, un allenatore che ha capacità straordinarie, soprattutto a livello tecnico. In ultimo, non certo per importanza, Andrea Milani, ex portiere, che io calcisticamente sento come un padre”.
La partita che abbiamo tutti in testa, quella meravigliosa, a cui ti capita di ripensare… “Sono due, un Grumellese-Sovere, golasso mio del 3-2 proprio all’ultimo minuto. E la rete dell’ex a Ponteranica con la Colognese”.
Nel 2019-2020 sei partito vestendo la maglia della Pradalunghese, in Promozione, poi a dicembre il passaggio al Lemine. Cosa è successo visto che in biancorosso stavi giocando con continuità ed eri al centro del progetto calcistico di mister Astori? “C’è che io sono uno che non sta zitto, è anche un limite del mio carattere. Se qualcosa non mi va giù, lo dico. A Pradalunga, con mister Astori, da un certo punto in poi si era rotto qualcosa nonostante abbiamo lavorato insieme e bene per tanti anni. Capita. E sono ripartito da Lemine, dove stavamo iniziando a ingranare e avremmo detto la nostra nel finale di campionato”.
Ci restano sulla lingua tante domande, ma il tempo è tiranno e poi ce le teniamo per la prossima intervista, nella speranza che riguardi solo il pallone. E salutiamo Marco Vava Vavassori ringraziandolo dell’immensa disponibilità. “Sento che in questa brutta avventura siamo alla fine di un grande primo tempo, chiuso in vantaggio. Ora non molliamo”. Parole del difensore centrale, quello che lotta col coltello tra i denti, perché ha un grande cuore.
Matteo Bonfanti