“Tu non sei normale.”
affermò la ragazza.
“Definisci normale.” suggerì lui.
Lei lo guardò in tralice prima di rispondere.
“Hai appena pagato 20€ un braccialetto che a voler esagerare ne varrà mezzo.”
Il giovane fece un mugugno.
“E questo sarebbe il tuo concetto di anormalità?” osservò lui con delusione.
“Certo che no!” gli rispose.
“Quindi…?” chiese il ragazzo.
“Mi stai prendendo in giro?!” affermò la giovane corrugando la fronte.
“No, non mi permetterei mai! Nemmeno ti conosco.”
Tono ed espressione la convinsero della sua buona fede.
“Lara.” disse porgendogli la mano.
“Mirto.” rispose lui stringendogliela.
“Ok, è ufficiale: mi stai prendendo in giro.” asserì la giovane facendo una smorfia.
Non aveva mai sentito un nome del genere. Inoltre, l’accento del ragazzo non era affatto sardo ma di una valle del Norditalia, così come carnagione e lineamenti. Il suo aspetto poi, l’abbigliamento, erano quantomeno inconsueti: i capelli scuri, medio lunghi, spuntavano da sotto un cappello di paglia di nero fasciato. Indosso aveva una camicia ampia, di lino, vaporosa e variopinta come se un artista si fosse divertito a marcarla con pennellate di vario colore. Lara, quando l’aveva adocchiato, stava curiosando fra borse appese in un negozio lungo la strada interna al lungomare: involontariamente aveva ascoltato il dialogo fra Mirto e un giovane disperato, uno di quei furbetti che aspettano il pollo di turno per spillargli soldi.
“Ti stai burlando del mio nome?” le domandò aggrottando le sopracciglia.
“No. Cosa te lo fa pensare?” chiese lei.
“Quel ghigno beffardo.” rispose il ragazzo indicandola.
“Non dirmi che sono la prima a meravigliarmi?!” contrattaccò lei vedendosi scoperta.
“Difatti non ho detto questo.” osservò Mirto “Ma sorvoliamo perché il dialogo sta scadendo. Tornerei piuttosto al motivo per cui hai abbandonato la cernita delle borse in quel negozio per venire da me.”
Lara fece una velata smorfia di compiacimento: lui l’aveva notata molto prima che lo fermasse per dirgli della truffa appena subita.
“Lo sai che…”
“Sì, lo so…” disse lui interrompendola con un sorriso spontaneo “ho strapagato questo ciondolo. A questo punto, sapendo del raggiro, la domanda che sorge spontanea e più t’incuriosisce è… perché diamine l’ho fatto!”
L’espressione della giovane era un misto di emozioni contrastanti, trattenuta dal timore di trovarsi di fronte a uno sciroccato e sospinta dalla curiosità. Per ovviare alla prima, Lara osservò di sguincio se vi fosse gente attorno vedendone parecchia dato l’orario e l’aria di vacanza.
Mirto se ne accorse, ovviamente, e volle tranquillizzarla.
“Non sono un malintenzionato se è questo che temi.” le disse con un sorriso rassicurante.
“È proprio quel che direbbe un malintenzionato.” attestò lei rimarcandolo.
“In effetti… non posso darti torto”, ammise il ragazzo piegando la testa di lato: “Suggerirei allora di passare alla risposta oggetto d’interesse, dopodiché ti salterò addosso cercando di stuprarti in pieno centro sotto gli occhi del mondo”, aggiunse allargando le braccia per comprendere la miriade di gente che passava accanto a loro.
Lara fece un’espressione figlia dell’imbarazzo e della rassegnazione.
“Mi è piaciuto l’approccio” esordì Mirto indicando il presunto truffatore laggiù appresso alla nuova vittima “…differente rispetto alle solite manfrine di solidarietà, comunità, onlus o palle varie. Quel tizio mi ha detto chiaro e tondo d’essere un avanzo di galera, finito dentro per furto e non per questo d’aver paura di lui o trattarlo da rinnegato come fa’ il resto della gente.”
“E tu hai voluto premiarlo…?” chiese lei allibita.
“Ho apprezzato talmente tanto il suo modo di fare che gli ho dato i soldi senza volere il ciondolo in cambio. E lui mi ha fermato dicendomi di prenderlo altrimenti si sarebbe offeso.”
Lara emise uno sbuffo dalle narici: “Questo è matto forte” disse tra sé.
Il secondo che rimasero a guardarsi in silenzio negli occhi si dilatò fino a sembrare un minuto.
Mirto aveva letto nel suo sguardo intuendo cosa veramente pensasse di lui. Allora gli scappò un sorriso amaro, di delusione, le consegnò il ciondolo e se ne andò senza nemmeno congedarsi.
Lei guardò il manufatto, dopodiché alzò la testa cercandolo con gli occhi.
“Ehi, che ne dici di una bella coppa di gelato?”
Lara non voleva che se ne andasse. Aveva capito che quel ragazzo fosse una scommessa: non esisteva una via di mezzo, o tutto, o niente. Quel tizio poteva rivelarsi la più assurda e meravigliosa scelta della sua vita oppure un disastro su tutti i fronti.
Davanti al gelato avrebbero discusso per ore e ore trovando affinità quali letteratura, libri, teatro, cinema, culinaria, animali, natura, ed argomenti impensabili come l’uomo nello spazio, la grande guerra, la politica, i giochi di potere, gli interessi economici. E poi a parlar di sogni, desideri, aspettative e priorità.
A distanza di molti anni, dopo due convivenze, un matrimonio, un divorzio ed una serie di peripezie sanitarie, Lara, osservando il ciondolo che teneva tra le dita, che non era poi di così scarsa fattura dato il perdurare nel tempo, ripensava nostalgicamente al giovane incontrato quel lontano giorno d’estate che non ebbe il coraggio di fermare: non gli chiese di andare a prendersi un gelato così come non poté costatare chi fosse in realtà, cosa lei avrebbe potuto donargli e se lui, di contraltare, avrebbe saputo arricchirla. Le mancò il coraggio restando inerme a guardarlo scomparire tra la folla… ed ancora oggi tormentata dall’eterno enigma se sia meglio vivere di rimorsi o di rimpianti.
Marcus Joseph Bax