Zingonia

– “Il modulo? L’ultimo dei problemi. Anzi, non esiste. Preferisco pensare al grande campionato dell’Atalanta, perché alla penultima giornata possiamo affrontare il Milan senza patemi: pensate un po’ se non fossimo già salvi…”. Undicesimo dopo il sogno europeo svanito nella serie negativa da un solo misero punticino in cinque match, privo dei centrali difensivi titolari eppure contento: Stefano Colantuono il suo scudetto l’ha vinto da tempo e non le manda a dire. Anche se la conta in quota infermeria tramuta in fiele il sapore del lunch match contro chi la zona coppe lotta per conquistarsela: “Stendardo ha il ginocchio così così. Mi tocca inventare di sana pianta il reparto arretrato”.
Out anche Lucchini e Yepes, lo scacchiere richiede un rimescolamento delle pedine. “Posso decidere solo all’ultimo, quando avrò verificato a fondo alcuni giocatori chiave nelle differenti posizioni. Migliaccio, Scaloni e Bellini? Sì, è un’ipotesi. Ma potremmo anche abbassare Raimondi”. Il discrimine tra il solito 4-4-1-1 e un centrocampo a tre con o senza pendolini sulle corsie –  e il rientrante Cigarini assistito da Baselli, come contro il Genoa – corre sul doppio binario Benalouane-Bonaventura: il primo è utilizzabile da esterno o centrale a quattro e sembra escluso dai piani in caso di coperta corta, il secondo potrebbe al massimo fare la punta laterale in un tridente alquanto arrischiato a prescindere dalle formule alle sue spalle. L’assenza per squalifica di Estigarribia toglie dalla mischia il cavallo pazzo sulla destra dalla cintola in su, mentre nella diga il Cola non si sogna neppure di gettarci la colata-baby di capitan Caldara, da Scanzorosciate e dai nerazzurrini del Cina con furore: “Dei ragazzi della Primavera Mattia è il più pronto, ma non me la sento di rischiarlo contro una big che ha grandi motivazioni – è l’obiezione del mister -. E io voglio giocarmela fino in fondo: dobbiamo congedarci dal nostro pubblico con una bella prestazione, puntando anche al risultato di prestigio”. Solita ricerca delle certezze escludendo i gioielli del vivaio, insomma: “Lo ribadisco, è una sfida difficile in sé anche se teoricamente per noi non avrebbe nulla da dire. Attaccheremo, certo: è un obbligo. Sennò non si ottiene nulla. Ma dovremo anche essere bravi a difenderci quando loro avranno il pallino del gioco”.
Sul dirimpettaio di turno, più colorato in tutti i sensi rispetto a quello dell’andata poco in sintonia col cognome (finì comunque 3-0 per il Diavolo di Allegri), c’è un curioso parallelismo di cui ciacolare amabilmente: “Vero, Clarence ha abbandonato il campo e s’è messo subito ad allenare come me. Ovviamente ad alti livelli: io stavo in C2 quando subentrai sulla panchina della Sambenedettese, mica sono passato dal Botafogo al Milan. Lui, comunque, era un punto di riferimento anche quando giocava e il suo carisma se l’è portato in panchina”. L’amarcord sul filo del sorriso, più per quella promozione in C1 attraverso i playoff della primavera del 2002 nella patria adottiva (c’erano anche Soncin e Delvecchio, anch’essi futuri atalantini) che per il paragone un po’ irriverente, non distoglie l’attenzione all’hic e al nunc del profeta di Anzio: “Il Milan nella prima parte del campionato ha avuto vari acciacchi e parecchia sfortuna, poi a gennaio ha completato il mosaico con alcuni pezzi di qualità e sicuramente è tra le prime cinque-sei squadre più forti in Italia”. Poche e sentite parole, con sassolino dalla scarpa a uso interno, anche sul pericolo pubblico numero uno: “Balotelli e Pazzini sono bravissimi, ma con caratteristiche diverse. Di Mario si parla troppo, perfino quando sbaglia a parcheggiare: se lo lasciano tranquillo, calcisticamente non si può discutere. Si complica la vita, ma per l’età: noi sappiamo bene cosa vuol dire, vedi Livaja”. E ancora, sul collega in odore di cacciata a bocce ferme e la precarietà del mestiere dell’allenatore: “Montella per Seedorf? Non ci credo. È il solito giochetto di fine stagione, per smuovere le acque nelle piazze dove non c’è più nulla da chiedere o da raccontare. La Fiorentina ha chiuso ogni discorso ed ecco che escono voci incontrollate pur di aver qualcosa con cui riempire le pagine”.
S.F.