Mi lasci un arduo compito amico mio. Come posso in queste poche righe far capire a tutti la genuinità che trovavo nel tuo sguardo e la tua purezza d’animo? Probabilmente non ne sarò capace, ma farò in modo che questa lettera sia una chiacchierata tra me e te, come se ci ritrovassimo a parlare ricordando i momenti belli vissuti insieme. Siamo nati nello stesso quartiere e la nostra amicizia e il nostro gruppo di amici sono stati qualcosa di veramente profondo e unico. Alle elementari eravamo sempre noi: io, tu, Diego, Jonathan, Daniele… Quale legame più forte del passare l’infanzia insieme può esistere? Nessuno. Ti ricordi i pomeriggi passati a giocare nel tuo cortile a pallone con Diego che salendo le scale di casa sua ci salutava? Mi piaceva tanto venire a casa tua. La tua famiglia mi ha sempre accolto come un figlio. Mamma Paola mi invitava sempre a fermarmi a cena e papà Beppe tornava a casa salutandomi, felice di vedermi con la sua voce accogliente. I tuoi nonni ed i tuoi cugini, sempre gentili ed amichevoli, mi facevano sentire a casa.
Passavamo i pomeriggi a studiare e a giocare insieme con qualche distrazione per coccolare la tua sorellina Laura a cui infondevi il tuo amore fraterno. L’infanzia passa veloce e la scuola finisce, ma il nostro legame non si spezza neanche dopo il mio trasloco lontano da Loreto. Abbiamo giocato a calcio per 13 anni fianco a fianco. Eri un vero leader Andrea. Non avevi bisogno della fascia da capitano per dimostrarlo, perché la tua umiltà e la tua forza erano chiare a tutti ed eri la luce da seguire nei momenti bui per uscire vittoriosi dal campo. Quante battaglie abbiamo vinto insieme? Ricordi i campionati che abbiamo conquistato? I tornei in cui abbiamo trionfato? Quanta gioia vincere insieme il Città di Bergamo sul campo dell’Atalanta. Ho ancora negli occhi tuo cugino Stefano che corre sulla fascia per segnare il terzo gol, guadagnandosi l’interessamento degli osservatori del Milan. Eri un campione Andrea. Non utilizzo nessuna frase di circostanza. Giocare accanto a te dava sicurezza ed eri sempre pronto ad aiutare chiunque fosse in difficoltà, come fa un vero amico. Tuo padre ti spronava dal bordo campo e tu spesso ti arrabbiavi, ma seguivi sempre i suoi consigli perché vi capivate al volo voi. Lo splendido rapporto che avete sempre avuto faceva invidia a chiunque. Tuo padre sapeva tutto di te, come giocatore e come persona. Nei tuoi infortuni ti è sempre stato vicino ed ogni volta tornavi in campo più forte di prima. A te era destinato il ruolo più difficile di tutti: il mediano. Avevi questo compito perché eri un lottatore e recuperata palla sapevi impostare il gioco con sicurezza e precisione. Sei sempre stato un punto di riferimento per me, dentro e fuori dal campo. Non ti servivano tante parole, non amavi parlare tanto. Ti bastava uno sguardo per farti capire.
Eri dotato di semplicità, un dono raro che hai saputo mantenere. Il gruppo ADO ci ha tenuti uniti. Eravamo noi, sempre noi, i ragazzi di Loreto. Quel quartiere che tanto amiamo e che abbiamo difeso sul campo sbucciandoci le ginocchia e lottando contro tutto e tutti. Fino a che la nostra squadra di amici non è stata divisa da persone che non sanno neanche lontanamente che l’amicizia è più forte di qualsiasi altro valore individuale. La nostra non era solo amicizia e tu lo sai bene caro Andrea. Il nostro era un legame di sangue. E vedere la nostra compagnia di amici accorrere per te immediatamente alla chiamata del tuo incidente lo ha dimostrato. Andrea non avere paura. Se è vero che chi viene ricordato da chi vive non muore mai non hai nulla da temere. Caro amico amavi le moto, le amavi quanto il calcio. La tua tristezza infinita per la morte di Simoncelli è stata incredibile e sono sicuro che adesso vi starete abbracciando e potrete parlare di quanto le due ruote siano belle, ma allo stesso tempo dannatamente pericolose. Stavi costruendo la tua bellissima vita amico mio. Lastricando passo a passo il tuo sentiero con mattonelle bianche, pure come lo era il tuo animo. Avevi trovato lavoro e ne eri orgoglioso. Lo vedevo nei tuoi occhi mentre parlavo con te e i miei complimenti venivano dal profondo del cuore perché sentivo che eri diventato uomo. Ci eravamo ripromessi insieme a Giò che saremmo andati a cena insieme non appena ce ne fosse stata l’occasione. Abbiamo aspettato troppo a causa degli impegni delle nostre vite e questo resterà per sempre un mio rimorso perché il tempo per un vero amico bisognerebbe sempre averlo.
Amico mio quest’estate al concerto di Vasco ti ho pensato per un attimo quando il Kom ha cantato “Splendida giornata”. La ascoltavamo insieme nel nostro ritiro estivo durante il viaggio in pullman per i nostri tornei. La cantavamo ed era una delle tue preferite. I tuoi valori erano radicati nel profondo. Amicizia, lealtà, semplicità e purezza. Non litigavi mai con nessuno ed eri ben voluto da tutti perché la tua bontà era contagiosa. Ti piaceva ridere e scherzare con tutti e se ci penso nella mia testa riesco ancora a sentire la tua voce. Quella voce sincera che sapeva dare sicurezza. Non l’ho mai fatto intendere a nessuno, ma nelle decisioni da prendere la tua opinione aveva un peso diverso dalle altre per me. Ti ho sempre ritenuto una persona estremamente intelligente. Riuscivi a farmi sentire amico tuo solamente con la tua presenza come nessuno ha mai saputo fare. Ti ricordi quando venimmo a trovarti io e Jhonny in ospedale per il tuo naso rotto? Noi preoccupati e tu tranquillo ci rassicuravi. Il gesto dei tuoi genitori nel decidere di donare i tuoi organi è una decisione coraggiosa che sono sicuro avresti preso anche tu. Sì perché tu facevi del bene e lo facevi a modo tuo senza farlo notare a nessuno. Non importa se è finita Andre. E non è finita stanne certo. Ricorda l’importante è che sia stata una splendida giornata. Questo mondo di cattiverie infinite non aveva posto per la tua purezza. Sei nel mio cuore amico mio. Un giorno torneremo a giocare a pallone insieme e usciremo a cena. Te lo prometto. Sei e rimarrai per sempre il mio Andre.
Mattia Maraglio