di Matteo Bonfanti
Da qualche tempo l’impressione è che il pensiero ultrà a Bergamo si sia avviato verso un lento e inesorabile declino. Arrivata al suo massimo una quindicina d’anni fa, la Curva Nord, un’istituzione per tutti, persino per i miei amici di Lecco e di Cattolica, ha perso appoggi ed entusiasmo. Ha, insomma, smarrito il suo fascino.
Cosa è successo? Intanto c’è che siamo invecchiati, sia noi che scriviamo che loro che organizzano i casini. Parlo di me, perché è quello che si fa ogni volta che si scrive. Sono arrivato qui a lavorare che avevo venticinque anni. Ed ero forte e incazzato per un sacco di cose, soprattutto perché vedevo una città bigotta, immobile e segnata dal falso moralismo, per questo giustificavo scontri e tafferugli. Ammetto mi piacevano pure, nascevano dall’idea che sia giusto ribellarsi e mi andavano bene anche perché sugli spalti comparivano due bandiere, quella del Che e quella della Giamaica, entrambe assai piacevoli per motivi diversi.
Poi si cresce, ci si calma, da uno si diventa due, tre e quattro. E il fatto che mia moglie e i miei bambini non possano uscire la domenica perché abitiamo in via Santa Caterina e c’è Atalanta-Inter, che è a rischio, mette solo una profonda tristezza in fondo al cuore. Viene da pensare: “Ma che ci lascino in pace, che vadano a menarsi da qualche altra parte, come fanno quelli della Lazio o della Roma che prendono l’aereo e si picchiano in Olanda o in Inghilterra. Oppure si diano un appuntamento in un campo della Bassa. Ma non ora né qui che il mio Vinicio ha il compleanno di Diego che sta in viale Giulio Cesare”. Automaticamente il Bocia passa dall’indomito guerriero del proprio immaginario giovanile a un uomo fastidioso perché limita la libertà dei miei due figli.
C’è quello che sento io, che è quello che provano i tanti transfughi passati a riempire le gradinate della Sud, e c’è pure che la Nord non ha avuto un cambio generazionale nei suoi vertici. L’identico problema l’ha avuto il Pacì Paciana e credo dipenda dal fatto che ogni generazione è diversa dall’altra. Mi spiego: noi eravamo arrabbiati, i ventenni di oggi, che non hanno niente, né lavoro, né prospettive, sono invece tranquilli. Li frequento, sono ragazzi in gamba, parecchi collaborano con noi, e sono buonissimi, paiono anestetizzati. Mai una rivendicazione, mai un battibecco col loro capo, che sono io, che alla loro età litigavo con qualsiasi redattore e spesso per futili motivi. Giusto per andare in direzione ostinata e contraria.
Ovviamente non tutti i giovani di oggi sono agnelli, la riprova sono i cinque under 25 implicati nell’assalto al pullman interista di domenica, ma i lupi sono pochi e di questi alcuni vengono da fuori, uno addirittura dalla Germania. E in Curva la leadership resta quella, i reduci dei tempi d’oro, ormai invecchiati. Così a Bergamo come a Genova come a Milano, sempre meno e sempre più imbolsiti. E il gruppo mosso dall’idea ultrà della partita come pretesto alla guerriglia urbana si riduce. Prima le spranghe le avevano in mille, dopo i violenti sono diventati cento, ora sono una decina.
Credo che parecchio abbia fatto e stia facendo internet, che uccide le vecchie istituzioni bergamasche, due su tutte, gli oratori e la Curva. Prima c’erano solo loro, ora si possono fare mille esperienze al giorno. E si tende a non rifare quelle già fatte, tipo picchiarsi alla partita di calcio.