Da qualche giorno è tornato l’incubo della Blue Whale Challenge: genitori comprensibilmente ossessionati dal fenomeno della “balena spiaggiata” o dal famigerato Jonathan Galindo.
Non pochi ragazzi al mondo, del resto, hanno subito il fascino perverso dell’ignoto e del pericolo fino ad auto infliggersi lesioni o a spingersi al suicidio.
Adolescenti fragili, inermi di fronte all’indifferenza prolungata di genitori incapaci di cogliere gravi condizioni di instabilità emotiva; ragazzi privi di freni inibitori sufficienti e necessari a distoglierli dal desiderio di affrontare e vincere nuove sfide al limite o, semplicemente, giovani per fatalità designati a mettere a repentaglio la propria vita sotto minaccia di gravi conseguenze in caso di rinuncia a “giocare”.
La parola d’ordine resta “ossessione”: un’ossessione che però, in questi casi, è accompagnata pressoché sempre da preesistenti situazioni di fragilità.
Però guardate che un po’ fragili lo siamo tutti: una fragilità, spesso, non patologica, ma pur sempre in grado di condizionare in negativo la nostra esistenza.
Molti studiosi si sono cimentati a declinare quali fossero le categorie di fissazioni più note tra le persone, sino a stilarne una classifica di ben dieci prototipi.
La cosa interessante è che, accanto al terrore per la morte o il timore esasperato che possa accaderci qualcosa, vi sono ossessioni somatiche – che ci spingono all’estrema preoccupazione per il nostro aspetto -, quelle omosessuali – che portano alcuni etero che si trovano a nutrire qualche fantasia omosex a pensare di essere attratti solo da persone dello stesso sesso – e pure quelle cosiddette relazionali.
Queste, per esempio, sono rappresentate dal dubbio ossessivo di non essere più innamorati del proprio partner in virtù di sentimenti o di forti passioni nutrite nei confronti di un’altra persona.
Le ossessioni sembrano essere il perno su cui si fonda la natura umana, come se il bisogno di soffrire fosse condizione essenziale per sentirsi vivi, per avere contezza della propria esistenza!
Insomma, che sia l’estrema Blue Whale o l’ossessione di cercare di capire se uno ci ama davvero o meno, oggi dobbiamo giungere al triste epilogo per cui siamo sempre meno capaci di affrontare la vita con serenità e con quel doveroso rispetto che il buon senso imporrebbe. Temiamo la libertà e, forse, concentrati come siamo ad auto commiserarci e a crogiolarci nelle nostre paure, ci dimentichiamo pure di vivere per davvero. Buon tutto a voi.
Vanessa Vane Bonaiti