di Matteo Bonfanti
Non ci vuole così tanto perché una giornata qualunque diventi perfetta. Servono la macchina e due amici. La destinazione non importa, ma manco il motivo del viaggio. Oggi è stato il lavoro, ma pareva di essere in vacanza. Perché c’era il sole a picco e c’era l’autogrill che a me ricorda il mare che è la Romagna che non ha le onde, ma molto di più: le due ore sulla spiaggia, nel cazzeggio più totale, per gli articoli della Gazzetta dello Sport, la Rosea, il mio vangelo. Sulla sdraio leggo quasi tutto, tralascio l’atletica e il nuoto che pure mi piacciono, ma solo quando corrono. Non se ci sono di mezzo le passioni della Pellegrini che evito, mi pare un robot, senza amore. Che è dirsi quantomeno una volta in una storia: non lasciarmi ora perché non so se ce la farei.
Non credo che ad agosto andrò in vacanza perché la crisi è forte e morde le mie mani, se battono sui tasti, se aggiornano il mio sito, domani sarà meglio e, magari, non salteremo lo stipendio di agosto, quello più difficile da prendere perché è quando il pallone si ferma. Nessuno gioca, non ci sono le pagelle e, se usciamo in edicola, vendiamo tre copie, la mia, quella di Marco, la terza, che è anche l’ultima, la compra Monica. Insomma il Bergamo & Sport lo acquistano in tre, ma non tre a caso, noi tre, che teniamo in piedi il giornale, l’unica pubblicazione in Italia che ha un bilancio in pari, senza il clero dietro, ma anche senza gli aiuti statali.
Internet è diverso perché non ha le edicole, giustamente chiuse per ferie. Ma ha la rete. Che è in ogni parte del mondo. Si legge gli acquisti del Pontisola (dal Lecco, sigh…) persino chi è in Oriente oppure sul Mar Caspio (ma esiste veramente?): accende il cellulare ed è lì, a Ciserano mentre Enrico Vecchi, il mio diesse preferito, e Stefano Salandra, il bomber dei miei sogni, corrono all’impazzata facendo il test di Cooper. E mister Magoni li vede in formissima, ne è fiero e li posta sul suo facebook. E io ci scrivo un pezzo e il mio pianeta, che è grossomodo la Bergamasca del pallone, ora lo sa e mette su un “mi piace”.
Anche a me, un giornalista che prima vedeva il web come l’inizio dei suoi guai, adesso come un’avventura da vivere fino in fondo.