di Matteo Bonfanti

Ieri mi sono chiesto se i fuochi d’artificio in Borgo Santa Caterina fossero qualcosa di destra o di sinistra. L’ho fatto mentre la radio passava la canzone di Cesare Cremonini che è anche un nostro mezzo parente, è cugino di mia mamma. E mi domandavo se il musicista bolognese avesse delle idee politiche oppure no e se fossero le stesse che ho io o quelle degli altri, quelli che postano su facebook la foto del duce che a me, solo a vederlo, mi fa venire il mal di stomaco e la colite acuta. Ed ero immerso in questi pensieri mentre andavo in macchina a trovare il presidente della Grumellese, Marco Scaburri, una bravissima persona, simpatica, umile e schietta. E man mano che guidavo i quesiti aumentavano. C’era lo spettacolo pirotecnico fuori da casa mia, c’era la hit dell’estate, Logico  #1, quella che fa anche da sottofondo alla pubblicità del Cornetto, c’era il massimo dirigente della squadra giallorossa che quest’anno farà una stagione trionfale in un campionato difficile qual è quello di Eccellenza. La questione era la stessa: sono comunisti o fascisti? Di solito mi faccio un’idea, il più delle volte ci azzecco, qualche altra no, lunedì nessuna.
Premetto che questo articolo non è per tutti. E’ giusto per un paio di generazioni, la mia che ho trentasette anni, quella di mio padre, Marco, che ne ha sessantaquattro e ha fatto il Sessantotto. Alle altre attualmente viventi importa assai poco perché, in vita loro, non gli è mai interessato per chi votasse questo o quello o da chi fosse frequentato un posto o un altro o se un cantante avesse la tessera di un movimento dell’Ulivo o di un partito della Casa della Libertà. A noi un sacco. Ed è per questo che io dovevo nascondermi nell’auto di mio cugino Nicola per ascoltare Gloria di Umberto Tozzi o Piccola Katy dei Pooh. C’era alla tele Vacanze di Natale di Vanzina e volevo farmi quattro risate? Raccontavo ai miei amici che stavo poco bene e sarei stato a casa a riposare. Perché la commedia italiana era severamente proibita e poi il film lo dava Mediaset, la tv avversaria, la nostra era Rai Tre. Così nel calcio: io ho smesso persino di tifare il Milan perché era di Berlusconi, il nemico numero uno, il nuovo Mussolini, e ho iniziato a simpatizzare per l’Inter morattiana che perdeva ogni volta e quindi era di noialtri che ci piaceva essere sfigati.
A destra il divertimento, a sinistra una fatica incredibile: maledetta, sofferente, poetica. Solo partendo da questo principio si capiscono gli anni novanta in musica: Duran Duran, Raffaella Carrà e Righeira banditi, noi si ascoltava solo canzoni di un certo tipo, di protesta, per studiarsi in libertà come e quando tagliarsi le vene e quindi sotto coi cd dei Nirvana, dei Pearl Jam, dei Soundgarden, degli Smashing Pumpkins, dei Radiohead e, in Italia, degli Afterhours e dei Marlene Kuntz. Le vacanze? A Barcellona con la Vespa mezza rotta e incollata con lo scotch, a dormire nell’ostello, senza manco far l’amore, e chi andava a Ibiza col volo Alitalia era uno stronzo che meritava le peggio cose: morire soffocato dai soldi dei genitori-imprenditori-evasori. Le fidanzate? Carine, ma che non si curavano, acqua, sapone e camicione a quadrettoni, perché se una era una figona truccata, coi tacchi e in minigonna finiva che ti convinceva a passare dalla parte di Gasparri che era un po’ toccato e di La Russa che era tale e quale al diavolo e quei due sono gli unici che sono rimasti identici a quindici anni fa.
Musica, cibi, bevande, vacanze, pallone, persino le droghe che provavamo: sipario alzato su due raggruppamenti opposti, fatti spesso a caso perché non c’era internet (e poi il computer era tra i cattivi) e quindi non si verificava se quel che dicevamo avesse la minima attinenza con la realtà. Dalla nostra parte chi suonava dal vivo (meglio se sul palco dimostrava una certa fatica), le verdure (ma solo quelle dell’orto), l’aranciata San Pellegrino (ma la spuma nera del circolino era meglio), il Bologna, il Barcellona e la Real Sociedad, la marijuana, le Tepa, le finte Clarks, i jeans strappati, la maglietta sfibrata, i capelli unti, il treno regionale, la tenda nel parchetto di periferia frequentato dai tossici e dagli extracomunitari, i gas di scarico, la montagna d’estate, la 127, il teatro che mette in scena qualche disastro ambientale in India, la manifestazione a Roma col pullman della Cgil, la fidanzata che non si depila e con la pancetta perché non va in palestra e ha il vizietto del vino rosso, gli anziani (se molto vecchi), i bambini (se presi dal pianto isterico). Dall’altra la discoteca, il Mc Donald’s e la Coca Cola che vengono dall’America, la Juventus e il Real Madrid, la cocaina, le scarpe di Prada, il completo di Armani, il taglio a spazzola, il gel, l’aereo, l’hotel a cinque stelle con la piscina, l’aria condizionata, il mare, la spiaggia, le Baleari, la Bmw, l’Audi e la Mini, il cinema, la ragazza magra con le tette grosse e rifatte di fresco, l’uomo di mezza età ancora in forma.
Ieri sera tornavo da Grumello e mi sentivo vecchio, di una generazione che c’è ancora, ma non è più al centro del mondo che è cambiato e si pone altre domande. Non c’è più la destra, non c’è più la sinistra, i giovani d’oggi fanno scelte seguendo altri criteri. Vivono meglio, certamente stanno più comodi rispetto a noi. Ma non sanno cosa si perdono: di notte un bel pezzo depressivo tratto da Ok Computer porta a sogni zeppi d’incubi. Che fanno emozionare, danno un sacco di brividini sulla pelle.