di Matteo Bonfanti

Ci sto provando, non so se ce la farò, faccio una fatica boia, ma intanto lo annuncio perché strombazzarlo ai quattro venti penso mi possa venire utile quando mi sentirò solo e avrò una voglia pazza di tornare a farmi coccolare dai miei vizi. Lunedì ho smesso di bere, questa mattina di fumare, le due discipline che ho più praticato in questo ultimo ventennio, rispettivamente al terzo e al quarto posto nella speciale classifica dei miei passatempi preferiti, la seconda è scrivere. La prima la sapete, sono un uomo normale, pure io l’ho sempre in testa.
Il mio articolo, però, non verte sulla sana dipendenza che da milioni di anni permette all’umanità di andare avanti grazie all’incastro in stile Lego tra un maschio e una femmina. E sto giro non penso e non analizzo un bel niente. Cerco aiuto. Perdonatemi, sono una creatura intimorita che va a caccia di un applauso, come gli alcolisti anonimi in cerchio alle loro riunioni. “Matteo non si scola una birretta da cinque giorni e non si pippa un mozzo da dieci ore, diciamo bravo a Matteo”.  Lettori miei, fatelo, vi prego, ho due figli piccoli, aiutatemi, fermatevi un attimino e mandatemi un piccolo complimento.

B r a v o, son cinque lettere, ci mettete pochissimo, tre secondi. E se siete super ispirati, trasformatevi in mamme e aggiungete: “Teo, continua così, siamo fieri di te”. Via sms sarebbe il massimo, ma sono perfetti pure una mail o un commento sul sito. Leggermente più complicato, ma va bene lo stesso, il vetusto bigliettino inviato tramite piccione viaggiatore.
Perché lo faccio? Perché divento sano? Non è per gli euro che ci ho buttato dentro, venti al giorno, dieci di cicche, dieci di birre e vino, dal 2000 ad oggi fanno 109500, una casa di un certo livello, in periferia, ma col giardino. Non è per la salute, anche se non ho manco quarant’anni e gioco a pallone da fermo, vado a due all’ora in bicicletta e chiamo l’ascensore persino se devo andare al secondo piano perché faccio strafatica a fare una rampa di scale. E’ qualcos’altro: c’è che sabato notte mi sono accorto che mi ero rotto le palle. Mi sono acceso l’ennesima sigaretta mentre mi stavo bevendo la sesta Ceres della serata e mi sono immaginato come dentro a un bidone di scorie nucleari, il mio corpo. E mi è venuta voglia di quando ero ragazzo, che ero aria pulita, un campo di fiori in montagna.

Voglio tornare un po’ quello là, per quaranta giorni, poi si vedrà. Mi piacerebbe riuscire a gestire queste due droghe che tanto mi piacciono. Tipo: vado in centro a bere l’aperitivo e prendo un solo spritz, non sei, uno di fila all’altro, come settimana scorsa perché il mio obiettivo (inconscio?) era stordirmi. Oppure sogno di fumare tre sigarette al giorno, come fa mia moglie, tranquilla e pacifica, perché riesce a farsele bastare. Ma si può? Forse. Vi terrò informati. Intanto ditemi bravo perché mi manca un sacco la passeggiata per arrivare dal tabaccaio. Per piacere. E se vi viene, perché magari vi ci siete trovati, scrivetemi due consigli. E’ una cura.