“Tecnica, fisico e leadership, più senso di appartenenza: Scalvini è un talento con dei valori. Ma la spinta nuova è arrivata da Hojlund e Lookman“
. La difesa e l’attacco: un Gian Piero Gasperini a tutto campo, nel format ‘Heroes’ di DAZN, nel raccontare le tappe dell’evoluzione della sua Atalanta. L’allenatore nerazzurro batte forte sul tasto del calciomercato nell’ottica del ricambio generazionale: “Un tempo dare la palla a Gomez e Ilicic era come metterla in banca, con Zapata siamo andati in Champions confermandoci con Muriel. Poi per un paio d’anni ci siamo fermati, là davanti erano sempre gli stessi”.
La nuova Dea riparte comunque dalle basi di quella delle origini: “Il vero nucleo lo fanno i comportamenti e lo spirito, lo spogliatoio. I Masiello, i De Roon. Conservo in ufficio gli articoli delle mie prime settimane a Bergamo, li ho messi in bacheca per ricordarmeli: se si leggono, si vede una bella valanga di insulti”, sorride il tecnico dei bergamaschi. Che ripercorre la sua esperienza a Zingonia: “Inizialmente era una squadra di quasi soli italiani, giovanissimi, andati via via nelle migliori squadre, all’Inter, al Milan, la Roma e alla Juve. Il mio sogno era giocare con sette-otto giocatori cresciuti nel settore giovanile. Nella rosa c’erano già, si trattava di togliere la polvere dalle pepite: i Caldara, i Conti, i Gagliardini. Da fuori, invece, Petagna, Cristante, Mancini… In Italia non coltiviamo più il prodotto interno e con l’immissione dall’esterno di calciatori mediocri la qualità è inevitabilmente scesa”.
Ancora, sulla preferita difesa a tre, distinguendo gli ultimi sei anni e mezzo da quella brevissima parentesi nell’estate 2011 vestendo il nerazzurro, ma di Milano. “La adotto fin dalle giovanili della Juventus, dove iniziai dai ragazzini di 11 anni. Non ho inventato nulla, la usava l’Ajax fin dal vivaio. E poi eri stufo di dire a un terzino di spingere e all’altro di fermarsi: sono per la difesa propositiva che partecipi di più al gioco – la chiosa gasperiniana di fronte alle domande di Andrea Barzagli -. All’Inter pensavo di far ripartire la macchina un po’ vecchia con la batteria nuova. Ricordo un uomo eccezionale come Samuel, Chivu, Zanetti, Cambiasso, Stankovic: in molti smisero a breve o erano comunque in fase calante, oppure alle prese con infortuni che ne hanno accorciato la carriera. Proprio lì la bocciatura fu per la difesa a 3: non vedo altri motivi”.