Faccio politica: vado a fare il bagno con i miei figli e i loro migliori amici, che sono i nuovi bergamaschi, alti e pallidi che paiono fantasmi, abbronzati e con le gambette già muscolose, giallognoli e tarchiati, neri e forti come il carbone delle miniere, lunghi e mulatti come mi immagino siano gli dei dell’Olimpo, diversissimi che nelle foto di gruppo paiono la vecchia pubblicità della Benetton, eppure tutti uguali mentre ripetono “Pota”, una parola che penso racchiuda l’intero senso della vita, ma che io, che vengo da Lecco, non riesco a dire mai.
Andiamo alle cascate di Pradalunga o alle pozze di Albino, prendiamo il mio Pandone Arancione e scappiamo a Endine, a Sarnico o a Brivio. E giochiamo. A volte siamo piccoli Robinson Crusoe, che certi sassi tondi si possono trovare solo sul letto del Serio o su quello dell’Adda, altre ci dividiamo in due squadre e partiamo con interminabili tornei di pallone, di pallavolo, di schiaccia tre, di palla due fuochi, di castellone. E come da bambino, nei miei pomeriggi all’oratorio, il tempo passa alla velocità della luce, un battito di ali di una farfalla che vediamo volare davanti a noi ed è già sera, l’ora di tornare a casa.
Per carattere e stirpe vado da sempre in senso ostinato e contrario, così ai miei ragazzotti insegno la resistenza a quello che li circonda, soprattutto mi batto contro la furia degli animali elettrodomestici, il telefono e il computer, le parole che ci stanno dentro, le urla e le offese verso chi è più debole, la gara a primeggiare del nostro folle folle mondo social, qualcosa a cui in questo decennio non siamo stati in grado di dire un solo no. A inizio estate la battaglia era persa, ma va detto che io avevo le mie colpe perché stavo alla testa del mio giovane esercito, ma da comandante assai appannato, a guardare il cellulare ad ogni messaggio o a perdermi su facebook fumando una sigaretta dietro l’altra. Poi, piano piano, ho smesso di occuparmi delle notifiche in serie che mi arrivavano e che non mi facevano mai stare né ora né lì. E la guerra si è riaperta, in alcuni momenti si è completamente ribaltata, qualche giorno fa Vinicio e Zeno, i miei figli, hanno spento quel diavolo che è Fortnite e mi hanno chiesto di andare al lago a fare qualche avventura delle nostre in quel meraviglioso tratto di Lario che da Maggianico arriva a Vercurago, un posto dove si sente l’aria della libertà e che ci fa venire la voglia di stare nudi, tre cazzetti al largo senza la paura dell’attacco del famigerato Luccio, creatura mitologica che ci è stata descritta un paio di mesi fa da un vecchietto muscoloso e ancora carino sulla spiaggetta di Villa d’Adda.
Scrivo e non ho niente da insegnare, solo questa piccola e meravigliosa scoperta per i tanti genitori della mia generazione che, come me, vedo spesso attaccati mani, piedi, anima e cuore al proprio smartphone, scollegatevi per un giorno e prendetevi un tempo coi vostri figli per fargli vivere come passavamo le nostre giornate quando avevamo la loro età. E partirete insieme per un viaggio fantastico. Noi questo pomeriggio saremo a giocare a calcio al sassone di Città Alta. Arrivate, lì le scarpe coi tacchetti non servono, si corre a piedi nudi.
Matteo Bonfanti