di Simone Fornoni
C’è stata la trattativa col Napoli, Juve e Premier League interessano “anche se lassù piove”. La bomba a bocce ferme, quando meno te l’aspetti e quando il protagonista di turno deve recitare la parte di chi s’attacca alla bandiera patria per difenderla. Teun Koopmeiners ha riferito, dal ritiro della Nazionale dei Paesi Bassi, che noialtri incolti chiamiamo semplicemente Olanda, di voler lasciare l’Atalanta col consenso della Società, perché spera di far carriera lui in una big con qualche trofeo in palio e al contempo di portare tanti soldi in cassa a chi l’ha trattato come un re. Non servono i virgolettati, ma il senso è questo. Potete leggerlo ovunque. Che sia un fulmine a ciel sereno, ci sta. Che la cosa debba sorprendere chicchessia, nemmeno fossimo tutti caduti dal pero all’unisono e all’istante, eh no. Perché il mancino d’oro di Gian Piero Gasperini, capocannoniere della squadra pur essendo un centrocampista reinventato fra le linee e perfino all’ala quando si attacca una difesa a tre, s’è limitato in poche parole a prendere a sonore mazzate il muro dell’ipocrisia che soltanto l’ingenuità e la buona fede da tifosi può impedire di vedere. Sbattendoci il muso ogni volta e incazzandosi abbestia.
Innanzitutto, una premessa che sa di rivincita per chi di insulti se ne prende pure troppi per debito di professione. Finalmente, forse, davanti alla verità svelata in modo così sbrigativo e brutale da uno degli eroi della domenica, qualche curvaiolo smetterà una volta per tutte di accusare la stampa di voler “destabilizzare l’ambiente” o altre amenità simili, quando per riempire gli spazi e destare l’interesse del pubblico durante le fasi stracche e sonnolente da chiacchiera pallonara si parla e si scrive di calciomercato. Se lo si fa, nessuno s’inventa niente: sono i giocatori stessi, sguinzagliando procuratori e fedelissimi oppure le wags al bar di fiducia, a mettere in giro le voci e a piantare il seme dei dubbi che poi, a conti fatti, agiscono da sirene di richiamo per l’attenzione dei grandi club in cui si vorrebbe piantare la bandierina da conquistare nell’iperspazio. Sono comportamenti di schietta natura umana e professionale, da corsa all’oro, in un ambiente professionistico e professionalizzato al massimo, feroce prima ancora che concorrenziale. Dove i più forti, e soprattutto sgamati, ce la fanno a ottenere la cittadinanza del Paesi di Bengodi, mentre il resto della truppa continua a fare il fenomeno arrampicato sugli alberelli della cuccagna in provincia. Particina che, lo si creda o no, è un vestito destinato a stare stretto anche ai più magri e ai meno ingordi.
Si diceva dell’ipocrisia, un velo che nasconde alla vista la realtà così com’è, tipo che nessuno vuole stare fermo a cullarsi sugli allori alla periferia dell’impero quando può avere di meglio, nella vita come sul lavoro. Il numero 7 nerazzurro mica fa eccezione, è un uomo come gli altri. Sa benissimo come gira il vento e, alla bisogna, come rigirare la frittata. Tant’è vero che ha subito la giustificazione pronta: “Da voi sono stato benissimo, quindi attendo l’offerta e la valuto, sempre che vi faccia guadagnare molti soldi, così siamo contenti in due”. Discorso sensato da professionista che conosce il suo valore con estrema precisione e sa come funziona la legge della domanda e dell’offerta. Praticamente un via libera ai corteggiamenti, cui tra l’altro nemmeno un Luca Percassi, abituato a misurare le parole fino alle virgole, recentemente interpellato in uno degli innumerevoli prepartita, ha mai opposto chissà quali grandi muraglie. “Per ora ce lo godiamo, più avanti si vedrà”, la filosofia dei piani alti di Zingonia. Dove si vuole vedere la moneta prima di rinunciare al cammello. Nelle aziende che non abbiano il culo parato o prebende oltre la barzelletta per gonzi del fair play finanziario, o fai così o abbassi le serrande, non ce n’è.
L’amministratore delegato, come tutti gli altri ai posti di comando, sa cos’è l’Atalanta e cosa significhi per i bergamaschi. L’espressione esteticamente più compiuta dei valori di un popolo che si spacca la schiena per ottenere il meglio, che però va messo sul mercato, perché altrimenti sarebbe fatica sprecata, fine a se stessa. E perché i bilanci bisogna chiuderli facendo affari: mica siamo al mercato delle pulci o, peggio, alla fiera dell’idealismo. E allora, per carità, basta con la fiera dell’ipocrisia, che vela gli occhi e fa molto peggio al cervello, mandato in pappa dalle dichiarazioni scomode ma sincere, al cuore e all’anima. Anche del tifoso, soprattutto del tifoso. Perché se è vero che la maglia va sudata sempre, come sta impresso anche sul retrocollo delle amatissime casacchine nere e blu, l’attaccamento alla stessa finisce quando il giro di giostra si conclude. E si conclude all’approssimarsi del parco divertimenti, che si mangia il luna park rionale perché più attrattivo e internazionale.
Se pure Bergamo s’è fatta un nome aprendosi al mondo, sotto il segno del binomio aeroporto-squadra di calcio, e chi sostiene il contrario vive in un tinello o sulla Luna, il suo club più alto in grado non può essere mai un punto di arrivo. Se uno è bravo e può ambire a vincere senza dover sottostare a regole e limitazioni di chi è costretto a fare i conti della serva, si dà prima di pronunciare il fatidico sì a vita, cambia pretendente e sceglie possibilmente colei che gli consente di attaccare il cappello. Il mondo è ingiusto e i pesci piccoli restano nella boccia senz’acqua, qualora facciano la nuotata più lunga della pinna, mentre i grandi gruppi multimilionari possono spendere e spandere liberamente tenendosi il meglio o comprandoselo altrove. Dall’acquario dei dipendenti della Megaditta fantozziana a quello dei salariati più ricchi col pallone tra i piedi, non c’è poi tutta questa differenza. L’importante è saperla cogliere e accettarla. Altrimenti meglio darsi alla purezza quasi da baratto del tamburello, dove l’attrezzo va dove il braccio decide di indirizzarlo, non ci sono i burattinai col cachet in tasca e non sono in vendita nemmeno i sentimenti. E’ l’amore che frega i tifosi. Ma bastano due paroline a disilluderli. Ci facciano il callo: sarà sempre così. Con Teun o senza, e quanti prima o dopo di lui… A proposito, adesso al primo passaggio o gol sbagliato lo fischieranno, accusandolo di destabilizzare l’ambiente?
Ho chiesto all’Atalanta di poter essere ceduto durante la prossima estate, ma per lasciare Bergamo deve presentarsi un’opportunità davvero importante.
Teun Koopmeiners, al “De Telegraaf”