Ernesto Chevanton, attaccante uruguaiano, racconta a SitiScommesse il suo amore per Lecce e parte della sua carriera da atleta prima e da allenatore dell’Under 15 leccese poi.
Chevanton è un fiume in piena, il suo amore per Lecce è così grande che è incontenibile. L’intervista pubblicata su SitiScommesse è piena di ricordi e di speranze per un futuro in mezzo ai giovani, sempre nella squadra che lo ha reso protagonista in Serie A. Ernesto ha un grande rispetto per la società dove, grazie a Corvino, si è sempre sentito in famiglia e racconta della bellezza di un tifo che non smette mai di incoraggiare la squadra in qualunque categoria ci si trovi.
Rivalità con il Bari e nuovo ruolo da allenatore
Il Lecce è nel sangue del campione uruguagio e si vede anche da come parla da vero appassionato anche di rivalità calcistiche. La rivalità con il Bari, secondo Ernesto, è vissuta intensamente e non riguarda solo il derby ma ciò che le due squadre rappresentano per la Puglia e il Sud d’Italia. Certo, il Lecce ha fatto una scelta molto chiara, ha costruito la squadra per tornare in Serie A e c’è riuscita. Quello che fa il Bari poco gli interessa, sono problemi loro.
Per quanto riguarda il lavoro, Chevanton ha deciso di restare a Lecce e di lavorare con gli Under 15, un campionato molto difficile, soprattutto dopo la pandemia che ha costretto i ragazzi a non giocare per un lungo lasso di tempo. L’allenatore è un ruolo, ovviamente, differente da quello di calciatore e anche se non si sente ancora all’altezza, vista la poca esperienza accumulata, Ernesto ha voglia di mettersi a disposizione della società continuando a lavorare con i giovani.
Il suo erede e il calcio moderno
Quando a Chevanton viene chiesto chi possa essere il suo erede non ha dubbi: Luis Suarez (che ha appena dato l’addio al Nacional). Ciò non toglie che, nonostante caratteristiche simili come quella di essere un rapace d’area di rigore, il calcio sia cambiato tanto e che una volta, quando era lui a giocare, una sola persona faceva reparto. Adesso tutto è cambiato, gli schemi sono cambiati e il calcio stesso è diventato una cosa differente, un altro sport in un certo senso in cui si gioca in maniera completamente diversa da come era una volta.
Proprio per questa ragione Ernesto Chevanton parla della mancanza di bandiere di una squadra. Ora tutto è concentrato su contratti e soldi e sono pochi i giocatori che non cambiano squadra per soldi. Fa l’esempio di Mertens, che rispetta e che non è andato alla Juventus o in un’altra squadra del campionato italiano per non fare un torto ai suoi tifosi azzurri. Egli stesso avrebbe potuto, ai suoi tempi, accettare molti più soldi ma non lo ha fatto (anzi si è decurtato parte dello stipendio) per tornare a Lecce. Senza rimpianti, ovviamente, perché l’amore che ha provato, e prova, passeggiando per le strade della città salentina sono impagabili e imparagonabili a qualunque altra città o società di calcio nel nostro Paese.