di Matteo Bonfanti

Come sostiene il mio amico Nicola Radici, ci sono stagioni in cui va male ogni cosa, le cosiddette annate maledette. Il bomber che mette fuori la più facile delle palle gol, il centrale che perde la pazienza e si fa buttare fuori per proteste, la traversa, il palo, il gol dell’attaccante avversario in gioco per un centimetro scarso, la prodezza sulla linea del terzino della squadra ospite.
Prima, durante e dopo l’infortunio grave dell’unico esterno in rosa in grado di farsi tutta la fascia, il mister tirato dentro in una storiaccia di cui nessuno si ricordava più, l’esonero del tecnico in questione nonostante la squadra abbia tre punti, che addirittura valgono quattro, da chi rischia la retrocessione. In ultimo la notizia di oggi: in campo contro una formazione già spacciata perché senza soldi e, forse, alla gara d’addio di fronte al pubblico che l’ha amata. Quindi pronta a giocare alla morte sognando di allungare la vita al proprio club.
In casa Atalanta la trasferta di Parma non ci voleva. Incasina il lavoro di Reja, mette i nerazzurri a rischio figuraccia di fronte a mezzo mondo, conferma, soprattutto, che alla Dea nel 2014-2015 non ne va dritta una che sia una. Dal crociato di Estigarribia alla rete di Llorente, agli errori incredibili di Denis, fino alla sfida del Tardini, passando per l’espulsione di Benalouane, per la vicenda del calcio scommesse, per quella del Baretto che coinvolge gli ultrà, anche loro in un anno no per via del maxi processo ai capi storici della Curva Nord.
C’è tutto per farsi prendere dal panico che nel calcio manda dritti in Serie B. A meno che Denis e compagni domenica non diano il cuore per la causa. Una vittoria convincente invertirebbe la rotta. E magari la jella scomparirebbe. Perché la fortuna aiuta gli audaci, la sfiga, invece, tarpa le ali a chi è già poco convinto di suo.