Il cinema, la settima arte, da più d’un secolo affascina e affabula le masse. Il cinema è una sorta di esperanto mondiale, una lingua che parla tutto il pianeta. Ha un valore strepitoso. Le storie raccontate nei film hanno la capacità di mettere insieme momenti che ricordano altri momenti, che ne ricordano altri, e questo rende una pellicola particolarmente potente perché c’è un’eredità che le generazioni trasmettono a quelle successive. Alzi la mano chi non ha visto Rambo, Rocky e i Blues Brothers con il proprio padre. Chi non è morto di paura con Freddy. Chi non ha condiviso il divano con una mamma in brodo di giuggiole mentre Richard Gere si arrampica sulla scala antincendio pronto a fare la dedica d’amore più bella a Julia Roberts-Vivian, o ancora chi non ha versato fiumi di lacrime quando è morto il cane Marley o ha immaginato di rimanere solo a casa come Kevin. Non è da meno di questi campioni di incasso al botteghino, la vicenda del protagonista di questa storia; uno dei centravanti più interessanti passati per i campi di provincia, che durante i primi ciak della carriera si definiva addirittura come “scarso”. Una storia che è un vero Blockbuster.
Il brutto anatroccolo – Galeotto fu quel compagno, tale Luca Ondei, amichetto di Michele e che già da qualche tempo si sta allenando con i Pulcini del Carobbio degli Angeli, la squadra “di casa” del piccolo Bentoglio. Erano gli anni delle elementari e Michele viene aggregato alla squadra “riserve”, così la potremmo definire la compagine dei ragazzini che ancora non mostravano caratteristiche tecniche da giovane promessa. Non pronosticavano per Michele un gran futuro, ma poco male, lui vuole giocare, con gli amici si diverte e giocare in una formazione o in un’altra per lui non era un problema. Anno dopo anno, accumula esperienza e impara il mestiere, come fosse la favola del brutto anatroccolo rivisitata in chiave Millennials, Michele sboccia sul far dell’adolescenza ed è un cigno tanto elegante e tanto bello da vedere volteggiare sul campo che arriva la chiamata del Sarnico. Il settore giovanile dei lacustri è una vetrina illustre, una boutique che da sempre mette in mostra gioielli che poi finiscono incastonati nelle migliori squadre bergamasche e non solo, alcuni di loro sono arrivati anche oltre la stratosfera e toccato il centro della galassia del calcio, un nome su tutti Gianpaolo Bellini. Michele ci si “tuffa” (ci si perdoni la banalità retorica, ma parlando di Sarnico l’occasione era troppo ghiotta) con tutto se stesso e come si suol dire: “Hard work always pay off” e una volta tanto, quella che sembra una frase “da cioccolatino”, vale per davvero tanto che dopo diversi provini, spicca il volo verso la più nobile delle squadre bergamasche: l’Atalanta. E’ d’obbligo un excursus riguardo ad un altro principio calcistico assiomatico e inderogabile: gli attaccanti nascono con il gol nel sangue, ma Michele è anomalo anche in questo. Uno dei maggiori bomber degli ultimi anni del nostro calcio ha cominciato come esterno di centrocampo quando ancora era di moda il modulo più ordinato che il tifoso ricordi: il 4-4-2. Sarà Marcello Gozzini, uno degli allenatori incontrati al Sarnico, ad avere l’intuizione di spostare in prima linea il promettente ragazzo di Carobbio che sta mettendo su un fisico che non sfigurerebbe tra le fila dei corazzieri di stanza al Quirinale.
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