Penso a Donnarumma, 22 anni, portiere, ormai ex capitano del Milan, bravo, ma pure con addosso qualche cappella bella grossa, libero di trovarsi una squadra dopo aver rifiutato gli otto milioni di euro netti a stagione che gli proponeva la società rossonera. Penso agli otto milioni, che io guadagnerei solo se vivessi otto vite. Il calcolo è facile, 25 mila euro l’anno per quarantacinque anni per otto esistenze più le pensioni che maturerei e riscuoterei fino ad ottant’anni visto che bevo e fumo e più in là è dura. E io, così, dico col mio stipendio, mi sento strafortunato, perché i miei figli hanno sempre da magnare e io la libertà di fare e disfare, di battere e levare. Poi penso a Donnarumma, che io, tranne uno, tutti i ricchissimissimi incontrati nella mia vita erano tristi che più tristi non si può, nell’invidia e nella difesa dei loro euri, arroganti e malinconici, circondati sostanzialmente da approfittatori e puttane. Per me a Donnarumma serve un bravo psicologo più che Raiola, che dai duemila euro al mese in su si può fare tutto, anche mettere ogni volta al riparo la propria gente. Averne così tanti lo farà solo inquietare, aprendo le porte a un sacco di stronzi che ne vorranno un pezzetto (di merda), perché poi a tradire per soldi chi ti ama e chi ti ha cresciuto la si paga. E si finisce a piagnere da soli.
Matteo Bonfanti