VERTOVA – L’incontro con Mauro Guerini e Gianandrea Bortolotti, rispettivamente Direttore Generale e Direttore Sportivo della Vertovese, è stata un’occasione per scoprire la passione per il calcio che lega una famiglia al paese di appartenenza, Vertova per l’appunto. Tra aneddoti e bilanci, i due intervistati hanno navigato all’interno della storia di una gestione societaria non troppo longeva, ma già ricca di soddisfazioni.
All’ottavo anno nella Vertovese, Bortolotti ci introduce le origini della gestione del Presidente Amabile Guerini: «La società è stata rilevata all’inizio della stagione 2013/2014 da Guerini e altri soci, con lo stesso Guerini che ne è divenuto Presidente. Nell’annata 2015/2016, invece, ci sono state modifiche nell’assetto societario: i vecchi soci sono usciti di scena e il solo Guerini è proseguito con una gestione familiare. Nel mio primo anno di Vertovese – prosegue – vincemmo il campionato con la vecchia gestione: ad una settimana dall’inizio della stagione successiva, però, la vecchia dirigenza uscì di scena. Perciò a Vertova ci fu un buco di dieci giorni dove non c’era ne una società ne una squadra: alla fine siamo riuscimmo ad iscriverci anche grazie all’intervento dei soci che avevano permesso la disputa della Promozione. Al terzo anno di Promozione, poi, la società e la squadra entrò in difficoltà caratteriali e gestionali e a quel punto Guerini prese personalmente le redini: da lì si è intervenuto sul settore giovanile e sul personale, intraprendendo un percorso che ad oggi ha pagato quasi fin troppo. Nel calcio credo che ogni obbiettivo implichi dei tempi di riuscita: noi in soli quattro anni abbiamo raggiunto quasi il massimo a livello giovanile, mentre la prima squadra ha fatto benissimo fungendo da traino».
Mauro invece ricorda con il sorriso l’episodio in cui seppe dell’acquisizione della squadra da parte del padre: «Nel 2013 io ero negli Stati Uniti a studiare, e prima di partire mio padre mi accenno della situazione della Vertovese precisando che avrebbe solo dato una mano. Poi un giorno mio fratello mi inviò un link: era l’Eco di Bergamo che titolava la presidenza di mio padre e subito pensai “Ecco, ci siamo un’altra volta”».
Nonostante si tratti solo della terza stagione in cui veste una carica ufficiale all’interno della società, il legame di Mauro e in generale della famiglia Guerini con la Vertovese è ben consolidato nel tempo: «Mio padre fu già Presidente della Vertovese a cavallo degli anni ’90 e sia io che mio fratello ci abbiamo anche giocato in passato, quindi il legame tra la mia famiglia e la Vertovese è ben radicato. In ogni caso, volente o nolente, la quotidiana presenza in azienda implica che si parli di calcio, aldilà che si componga la squadra in forma ufficiale o meno: è una passione che piace a tutti e quando ti piace fare una cosa è normale entrarne a far parte. È vero che mio padre mi ha chiesto una mano, ma se non l’avesse fatto sarei stato io stesso a chiederglielo, a prescindere dalla carica ufficiale. La struttura poi è molto snella, sono circa cinque persone a comporla: mio padre con me e mio fratello, c’è appunto Gian e poi il responsabile del settore giovanile Masserini. Gradisco particolarmente questo aspetto poiché mi da la possibilità di crescere a livello umano e professionale: essere appassionato di calcio e lavorare all’interno di una società sono due cose ben distinte». La figura del Presidente Guerini è quella di una persona carismatica e particolarmente legata al territorio di provenienza. È anche per questi motivi che Bortolotti non esita nel presentare i motivi della scelta di guidare la società: «Secondo me chi si mette a far calcio lo fa principalmente per la passione, soprattutto in un mondo come quello del calcio dove la società diviene pressoché un’azienda da gestire. Anche per quanto riguarda l’impegno lo sforzo è importante: in quattro anni siamo arrivati oltre le 140 persone coinvolte. Il signor Guerini è poi una persona che tiene molto alla realtà del paese, cosa che ormai si vede poco. Se si pensa che l’OVS ha investito i soldi in Val Vertova si comprende quanto il territorio sia la base di una persona che ha avuto molto e quindi vuole restituire qualcosa per il suo paese. Il calcio ti da queste spontaneità, l’attaccamento che esso genera crea un’adrenalina simile a una droga: sono dodici mesi continui, senza sosta, e solo la passione muove l’attività di un presidente».
Proprio quest’ultima considerazione spinge Mauro a proseguire la riflessione: «L’intera famiglia è di Vertova, l’azienda è di Vertova, viviamo Vertova: sentiamo molto il paese e diamo molta rilevanza all’aspetto sociale. Riteniamo infatti che ci debba essere un ritorno nei confronti di quello che il paese da a noi. Quello che ci impegniamo di fare è quindi far crescere i ragazzi sotto il profilo umano prima ancora di quello calcistico. A livello di prime squadre ci può essere una leggera selezione, ma sin piccoli mettiamo a disposizione un personale preparato che gli possa permettere di maturare. In più mio padre, a livello calcistico e umano, è molto legato al territorio e al ritorno nei suoi confronti, e dispone di una passione clamorosa per il calcio che tutti i presidenti hanno. La sua fede è testimoniata soprattuto nei lunedì che seguono una domenica opaca, in quei casi è inaffrontabile». Analizzando invece i tratti chiave del progetto Vertovese, si intuisce immediatamente come la gestione della dirigenza poggi su pochi ed essenziali norme che Bortolotti individua: «In quasi trent’anni di esperienza ho sempre notato che chi è cresciuto lo ha fatto grazie alla presenza di regole. Nel nostro caso credo che le linee guida siano sempre state semplicissime: la voglia di far bene con delle regole, la voglia di esserci, di rispettare i ruoli e il dialogo tra i ruoli».
Anche il punto di vista del Dg è completamente in linea, sottolineando poi il lato spensierato della passione calcistica: «Non c’è nulla di scritto se non due regole base. In generale tutti dedichiamo tempo togliendolo magari alle nostre famiglie e quindi, a maggior ragione, se facciamo qualcosa dobbiamo svolgerla al massimo del nostro potenziale. La cosa bella del calcio è che poi il lunedì mattina ci si trova in azienda per la rassegna stampa e ci si rende conto che la stessa partita è stata vista in maniera diversa, lo trovo spaziale».
La crescita della società e dei risultati acquisiti, però, convive con problematiche quotidiane a cui la dirigenza lavora per dare beneficio ai giocatori in primis. Per Mauro Guerini quella principale è ben chiara: «Le difficoltà sono quelle comuni a tutte le società, sopratutto quelle che convivono con una collocazione geografica simile alla nostra: far calcio in Val Seriana è veramente complicato, bisogna adottare soluzioni alternative come allenarsi a Bergamo affittare strutture per gli allenamenti. Per una società come la nostra, la logistica è piuttosto complessa, in particolare disputando un campionato come l’Eccellenza».
A tal riguardo, Bortolotti ne spiega le motivazioni, fornendo anche il proprio punto di vista in merito ad alcuni movimenti societari che stanno avendo luogo nel calcio provinciale: «Ciò che servirebbero sono le strutture: a Vertova esse sono carenti, specie se ad ora ci sono più di 160 persone che compongono la società. Di conseguenza si va a chiedere il permesso per poter far si che si dia la possibilità ai ragazzi di svolgere le attività. Penso che in valle i paesi si siano sviluppati principalmente nell’ambito industriale, perciò gli spazi avanzati per altri usi sono pochi ed il mondo imprenditoriale non sempre si è avvicinato a queste realtà. Ancora oggi le soluzioni a queste problematiche sono un punto di domanda: una di queste potrebbe essere proprio quella che alcune società stanno adottando, ovvero la fusione. Nel momento in cui i ruoli sono ben definiti, le difficoltà potrebbero diminuire e si alzerebbero le aspettative logistiche e qualitative. Queste sinergie potrebbero essere ben viste per il futuro purché si disponga di strutture e persone preparate, senza che l’aspetto economico ne divenga la priorità». Lo stesso Bortolotti ci racconta poi un particolare target che la società vorrebbe porsi per le stagioni future: «L’obbiettivo che ci stiamo ponendo è quello di riuscire a inserire i nostri giocatori che compongono il gruppo del 2003 quando questa annata sarà quella della regola dei giovani o anche prima: siamo comunque consapevoli di quanto sia impegnativo, considerando in particolare la categoria che stiamo disputando. Al tempo stesso, però, spesso si convive con le scelte di alcuni giovani che smettono di giocare: è il ragazzo che decide se vuole intraprendere questo percorso, perché ci sono priorità come la scuola, la famiglia o il lavoro. Saper gestire queste realtà è l’obiettivo di chi vuole ambire almeno all’Eccellenza, la categoria che reputo la Serie A dei Dilettanti: la differenza la fa l’ambizione del ragazzo e della rispettiva famiglia».
La considerazione sul livello dell’Eccellenza trova il totale accordo di Mauro, il quale spiega poi alcuni dettagli riguardo la gestione dei giovani: «Portare un giovane in una categoria come l’Eccellenza è molto difficile: basti pensare che collaboriamo con società più blasonate e quando un nostro ragazzo dimostra di essere preparato noi non poniamo nessun vincolo. In questi pochi anni di gestione sono circa una quindicina i ragazzi che sono passati all’Albinoleffe, Virtus Bergamo o Scanzorosciate: a volte siamo noi stessi che gli segnaliamo giocatori pronti. Dunque portare un ragazzo dalle categorie minori alla prima squadra è ancor più difficile: ciò nonostante il primo gruppo costruito è appunto quello del 2003 e ce n’è già qualcuno potenzialmente pronto al salto. Dopodiché mantenere l’’Eccellenza promuovendo giovani del nostro vivaio significherebbe fare scopa. Questo è ciò che tutte le società ripetono e noi, come loro, vorremmo riuscirci».
Al termine della lunga chiacchierata, Mauro Guerini non può che ripercorrere alcune tappe chiave del passato recente della Vertovese, ponendo particolare attenzione sulla stagione recentemente conclusa: «Se devo pensare ad un episodio in particolare mi viene in mente quando ci siamo salvati senza playout con l’Albinogandino in trasferta, o all’anno successivo quando abbiamo perso la finale con la Bassa Bresciana vinta poi l’anno dopo. Al termine della festa di fine anno della società riflettevo che comunque abbiamo portato un paese come Vertova in Eccellenza e nel primo anno siamo giunti secondi con 60 punti, affrontando poi realtà costruite e attrezzate come Telgate e Breno di fronte a tantissimo pubblico: con i giovani invece abbiamo costruito quattro squadre di cui quella che è andata peggio è arrivata seconda perché le altre tre hanno vinto, senza dimenticare i ragazzi in prova allo Scanzo o alla Virtus. Non mi aspetto i complimenti di nessuno ma sinceramente mi guardo da solo allo specchio e dico che è andata benino: ora per quattro o cinque giorni me la godo e poi ricominciamo».
Anche Bortolotti non ha dubbi: «Il settore giovanile è andato benissimo e la prima squadra pure, si può dire che sia stata l’annata del raccolto. Ora però bisogna stare attenti a non perderlo. Sono già due mesi che stiamo lavorando per non farci trovare impreparati al via della prossima stagione: se vogliamo fare calcio a questi livelli è dura».
Luca Piroddi