Un passato da calciatore, un primo quadriennio da Presidente a cavallo degli anni novanta e il ritorno in pompa magna, al timone del club nerazzurro, nell’estate del 2010. Nella vita di Antonio Percassi, nessun colore ha mai avuto tinte più forti del nerazzurro. Dopo una carriera condita da 110 presenze con la maglia della Dea, nell’estate del 1990, prende in mano il timone della società dopo la scomparsa di Cesare Bortolotti. Un passaggio di consegne per certi versi rivoluzionario: Percassi fonda il proprio ruolo di presidente, su un largo utilizzo di strategie di marketing, curando l’immagine del club e cementando un rapporto molto stretto con i tifosi. Dal punto di vista sportivo, importanti sono gli investimenti nel settore giovanile, da sempre un pallino dell’imprenditore nativo di Clusone. Il primo triennio è accompagnato da grandi risultati ottenuti sul campo: tre piazzamenti a centro classifica e due ottavi di finale, uno in Coppa Uefa e uno in Coppa Italia. Annate di livello, che fanno da preludio all’inaspettato flop del 1994, culminato con una disastrosa retrocessione in Serie B, che fa calare il sipario sul primo atto dell’era Percassi. Primo atto, appunto.
Perché nel 2010, gli intrecci del destino, fanno sì che l’ex presidente riprenda in mano le redini del club, proprio dove lo aveva lasciato: in cadetteria. L’annata flop del 2010, crea una frattura insanabile tra la tifoseria e il vecchio gruppo dirigenziale, capitanato dal presidente Ivan Ruggeri e dal figlio Alessandro, con quest’ultimo che al termine di una stagione esasperante decide di mettere in vendita la società. Il testimone viene raccolto, appunto, da Percassi, affermatosi da qualche anno nel ramo imprenditoriale. Il suo ritorno al vertice della società orobica coincide con una serie di novità che riportano entusiasmo in una piazza scoraggiata. Ad un ritorno nel ruolo di numero uno societario, corrisponde un ritorno anche per quanto riguarda la guida tecnica: l’ex mister Colantuono si riappropria della panchina nerazzurra e si presenta ai nastri di partenza con bellicosi propositi di promozione. Numerose le iniziative per far risbocciare l’amore tra la squadra e la gente, tra queste la decisione di ripristinare lo storico ritiro estivo di Rovetta. Una scelta che genera entusiasmo tra i supporters atalantini, che torneranno a rivestire il ruolo di dodicesimo uomo in campo, trascinando la Dea all’ undicesima promozione in A della propria storia.
Si chiude il cerchio, Percassi riporta l’Atalanta dove merita e può finalmente porre le basi per un nuovo progetto ambizioso, il cui primo importante innesto è l’arrivo del DS Pierpaolo Marino, tra i migliori in circolazione. I buoni auspici vengono però sconvolti nell’estate del 2011. Esplode lo tsunami calcioscommesse e nell’occhio del ciclone mediatico finisce proprio il capitano nerazzurro: Cristiano Doni. L’accusa è pesantissima: combina di partite. Il patron nerazzurro cerca di infondere sicurezza, ribadendo a gran voce l’estraneità della società, ma in chiusura di indagini, la mannaia della responsabilità oggettiva si abbatte sui nerazzurri e obbliga i ragazzi del confermato Colantuono, ad una partenza handicap a -6 in classifica. Nonostante ciò, l’Atalanta annulla la zavorra di punti con una partenza strepitosa (se fosse partita al pari delle altre avrebbe chiuso al primo posto il primo mese di campionato) prima di blindare una tranquillissima salvezza, che a inizio stagione sembrava pura utopia.
La stagione 2012-2013 si apre, nuovamente, con le scorie dello scandalo scoppiato non più tardi di un anno prima: la seconda tranche dell’indagine sul calcioscommesse, condotta dalla procura di Cremona. Il controverso cavillo della responsabilità oggettiva, costringe ancora una volta l’Atalanta ad iniziare la stagione con due punti di penalizzazione sul groppone. Non basteranno nemmeno questa volta per ostacolare la marcia nerazzurra verso una salvezza strameritata, che giungerà matematicamente con ben due giornate d’anticipo. L’annata successiva vede mister Colantuono (alla sua quarta stagione consecutiva alla guida degli orobici) trascinare i suoi fino ad un brillante undicesimo posto finale in classifica. Un campionato importante, il migliore dal ritorno in Serie A. Una stagione che mette in vetrina il talento purissimo di Giacomo Bonaventura e la coppia gol argentina, composta da Denis e Maxi Moralez. Loro gli uomini copertina in una stagione in cui l’Atalanta si è resa protagonista di epiche imprese: al Comunale infatti sono cadute, nell’ordine, Napoli, Inter e Milan.
La stagione 2014-2015, si prospetta, sulla carta, come quella della riconferma. Quella del definitivo salto di qualità. Il campo, però, dà delle risposte diametralmente opposte: la Dea è in piena zona retrocessione e nel mese di marzo, Colantuono viene esonerato dopo aver incassato quattro sconfitte in altrettante partite disputate. Al comando della nave che affonda arriva Edoardo Reja, chiamato ad una vera e propria impresa. Sarà proprio il tecnico di Gorizia a condurre gli orobici al traguardo salvezza, replicato con meno patemi anche nell’annata successiva. L’era Percassi ha bisogno di una svolta, di uno spartiacque, dopo un ciclo di cinque salvezze consecutive, è ora di sognare qualcosa in più. Questa svolta ha una data e soprattutto un nome: il 14 giugno del 2016, viene ingaggiato dal Genoa, l’allenatore Gianpiero Gasperini. Dopo un inizio complicato, di assestamento, il Gasp trova la quadra in pieno autunno, precisamente il 2 ottobre: al Comunale arriva il Napoli di Sarri che punta allo Scudetto, ma a vincere è l’Atalanta che passa 1-0 grazie alla zampata di Petagna. E’ la vittoria che di fatto accende la stagione della Dea, ma diventa, soprattutto, la vetrina in cui l’Atalanta espone tutti i suoi nuovi gioielli: i ragazzi terribili del 94 (Caldara, Conti e Gagliardini) giocano da veterani, come se calcassero i campi di Serie A da un decennio. Kessiè (classe 96) è un tuttocampista dal potenziale devastante. Davanti il mix di classe e gioventù prodotto dalla coppia Gomez-Petagna, fanno le fortune di un gruppo che mai prima d’ora si era espresso a questi livelli. Interpreti fenomenali, perfettamente coordinati nell’intelaiatura del mago Gasp, capace di stravolgere la mentalità dei suoi. Il tecnico di Grugliasco esige una squadra di palleggio, che prediliga il possesso palla e che pratichi un pressing asfissiante.
L’ Atalanta propone un grande calcio, tra i più apprezzati in Italia e l’annata rimarrà negli annali come la migliore di sempre della storia nerazzurra: quarto posto (miglior piazzamento di sempre), 72 punti (nuovo record di punti) e la ciliegina del ritorno in Europa dopo un digiuno lungo 26 anni. Esplode l’euforia della piazza nerazzurra: accoglienze trionfali in aeroporto, le vie della città letteralmente invase da un tripudio di colore nerazzurro. Si respira un’euforia mai vista, si tocca con mano la sensazione che dopo anni passati a curare l’orticello salvezza, ora ci si possa spingere ad ampie falcate al di là del seminato. L’Atalanta è il fenomeno del momento, ma oltre alle luci della ribalta, incombe su Bergamo lo sguardo delle big del campionato, letteralmente stregate dalla nuova generazione di talenti nerazzurri. Dopo soli sei mesi, l’Inter si aggiudica la corsa a Gagliardini, Caldara viene opzionato dalla Juve (ma rimarrà un altro anno a Bergamo) e Kessiè, in estate, sposa il nuovo corso Milan. Una polaroid dell’incredibile lavoro fatto a livello giovanile, nella cantera straordinaria di Zingonia. Partenze importanti, ma che non frenano l’entusiasmo e le ambizioni, ai nastri di partenza della stagione 2017-2018. C’è grande curiosità per capire se l’Atalanta sarà in grado di replicare il super campionato precedente, ma l’attesa più palpitante è quella per il ritorno in Europa. 14 settembre 2017. La grande notte. L’esordio nel girone di Europa League è in casa contro l’Everton del grande Wayne Rooney. Per l’occasione, l’Emilia Romagna si tinge di nerazzurro, perché ad ospitare le gare casalinghe dei bergamaschi sarà il Mapei Stadium, in attesa del lavoro di restyling del Comunale, che ancora non può rispettare tutti i rigidi paletti imposti dalla UEFA. Subito un big match per testare il polso della Dea in una competizione continentale. Il risultato parla da solo: finisce 3-0, con i sigilli di Masiello, Gomez e Cristante. Un trionfo, ma è soltanto il primo di una lunga serie: l’Atalanta dominerà l’intero raggruppamento, piegando anche Lione e Apollon Limassol. Pronostici completamente sovvertiti in una fase a gironi giocata su livelli eccezionali, come eccezionale è stata la partecipazione del popolo nerazzurro sia a Reggio Emilia che a spasso per l’Europa. Notti magiche, ma le emozioni non sono ancora finite. Il 9 novembre la società orobica presenta il progetto ufficiale del nuovo stadio che proietta l’Atalanta nel futuro. Un impianto avveniristico, all’inglese, che avrà un impatto straordinario sull’immagine e sulla potenza del club e dovrebbe vedere la luce nell’estate del 2019. Il sogno europeo si infrange a cavallo del mese di febbraio. L’urna di Nyon non perdona, e abbina ai nerazzurri il Borussia Dortmund retrocesso dalla Champions League. Ne usciranno due partite straordinarie, con un sogno accarezzato sino a pochi minuti dal termine, ma che alla fine premieranno i tedeschi. Le istantanee più belle, rimarranno l’invasione nerazzurra in quel di Dortmund e gli applausi scroscianti, commossi, tronfi di orgoglio del Mapei Stadium, verso un gruppo di giocatori, ma soprattutto di uomini, che per questa maglia hanno dato veramente tutto. Sono queste le tappe più belle e significative che hanno contraddistinto questi primi undici anni di presidenza Percassi. Un uomo che ha saputo mettere la propria passione e le proprie enormi capacità a disposizione di una squadra, portandola al suo apice, al suo periodo di massimo splendore. Si chiude un capitolo, bello, emozionante che ha coinvolto e fatto innamorare una città intera, ma tra un mese se ne riaprirà un altro, carico di attese, di speranze e di conferme. Una nuova chance europea da coltivare, perché per il secondo anno consecutivo, l’Atalanta iscriverà il proprio nome tra le partecipanti dell’Europa League. Un altro primato. L’ennesimo record di una famiglia e di una proprietà, il cui nome è già scolpito nell’olimpo nerazzurro.
Michael Di Chiaro