di Giacomo Mayer
Grazie ad un lascito di una vecchia zia ho deciso di intraprendere questa avventura etno-eno-calcistica in Brasile in qualità di inviato speciale di Bergamo & Sport. Di solito gli inviati sono spesati di tutto punto. Anche in questo momento di crisi, magari invece di spedirne 20 i direttori dei giornali sportivi si limitano a una decina che devono, comunque, lavorare anche per quelli rimasti sul desk casalingo. Dunque pago di tasca mia. Non sono solo in questa spedizione. Mi fa compagnia il grande regista tedesco Werner Hergoz, conosciuto ad un seminario sul cinema al Liceo Lussana di Bergamo, e Gilberto Gil junior. Herzog all’inizio degli anni 80 girò il film Fitzcarraldo, location Manaus e dintorni, dove si gioca Italia-Inghilterra. Non è solo un regista, è un viaggiatore, un giramondo indefesso e coltissimo. L’avventura è la sua missione di vita e questa spedizione a Manaus per lui è come per me andare da Bergamo a Milano. Ha 71 anni ma sembra un giovanotto. Gilberto Gil junior ha 40 anni, almeno così dice lui, strimpellatore di chitarre come molti brasiliani, sostiene di essere nipote del grande musicista Gilberto Gil e soprattutto di essere un ex calciatore professionista col nome di Gilber. Avrebbe giocato nell’Esporte Club Vitoria Bahia di Salvador e sarebbe stato incluso nelle lista dei quaranta del Brasile per i mondiali di Usa ’94. Dopo un’accurata ricerca si è facilmente scoperto che non esiste nessun Gilber tra i convocati del Brasile ma nemmeno tre le vecchie glorie del Vitoria . E’ un fanfarone. L’ho conosciuto perché amico del nostro direttore che, oltre che essere un valente giornalista, è anche un chitarrista e il sedicente Gilberto Gil junior gli si è appiccato addosso dopo un concerto al Pacì Paciana. Werner Herzog è scettico ma il giovanotto può esserci utile come guida. Spero si comporti come Virgilio con Dante Alighieri. O forse è il caso di non esagerare. Siccome il viaggio deve essere un’avventura noi tre non prendiamo l’aereo col volo Milano-Rio de Janeiro, Herzog vuole andare in nave fino a Manaus. Gilberto Gil ci sta subito, tanto non paga lui. Sono perplesso e poco convinto ma con Herzog c’è poco da discutere. Dunque, ecco l’itinerario: da Milano a Praia via Lisbona in aereo. Praia è la capitale delle Isole di Capo Verde, si trova sull’isola di Santiago, nelle Sottovento. Da lì c’è un cargo che porta a Fortaleza e forse si ferma per una breve sosta ad Alcantara. Il cargo trasporta attrezzi, palloni, mute tutto per il gioco del calcio di un’azienda italiana che ha delocalizzato il lavoro in Marocco. La nave si chiama Edson Arantes do Nascimento, il vero nome di Pelè. Quindi Praia-Fortaleza via Alcantara si spera. Poi con un moderno monoplano, sempre secondo Gilberto Gil junior, fino a Macapà e finalmente lungo il rio delle Amazzoni l’arrivo a Manaus. Brividi e sudori freddi ma anche febbre alta. Ma io voglio i mondiali, non sono Bruce Chatwin. Bisogna rassegnarsi. Domenica notte si sale sulla “Do Nascimento”. Una bella sorpresa perché sembra una motonave da crociera, la cabina è piccola ma confortevole, frigobar fornito, c’è anche la doccia e non è il caso di andare per il sottile se l’ acqua che scende è color rame. Il capitano della nave è un brasiliano, Felipe Joao Furlan, origini italiane. Il nostromo è, ovviamente, un italiano, David Magli, di Pisa, dice di essere amico di Alessio Cerci da quando giocava con la maglia nerazzurra, figuriamoci; i marinai invece sono indiani e marocchini. Donne a bordo, zero. Joao Felipe ci invita a cena: fejoada poi solo pesce soprattutto caranguejo (granchio) e gamberetti, verdura a volontà, birra a fiumi. Poi, per finire, caipirinha senza limiti. Tutto buono, tutto abbondante. La caipirinha l’avevo già provata in un bar di Taormina, questa ha un gusto strano, quasi di cannella. Rientro, barcollando, in cabina. Saluto Gilberto Gil junior che ha deciso di andare sul ponte a strimpellare alla luna. Herzog è in cabina a leggere. A fatica mi stendo in cuccetta, sudo come un muratore. Mi addormento e sogno incubi, tempeste, traversate oceaniche da spargibudella. Il mondo è sottosopra ma anche la mia anima e il mio corpo. Non so nuotare ma se la nave naufraga neanche Don Schollander. uno dei più grandi nuotatori della mia età, si salverebbe. Bussano alla porta, non è un incubo, è proprio la sveglia del mattino. Un voce di donna, in perfetto italiano, mi avvisa che è l’ora della colazione. Controllo l’orologio. è fermo alle undici di notte, controllo l’Ipad. La connessione non funziona, eppure mi avevano garantito che non ci sarebbero stati problemi. A sorpresa anche l’acqua della doccia non è più color rame. Esco dalla cabina eppure mi sento strano come in uno stato mentale di dissociato. Sarà la traversata dell’Atlantico. Incontro una ragazza, dovrebbe essere una hostess, acconciata stile anni 50. Mi saluta : “Benvenuto sulla Sises”. Quasi svengo. La Sises era la motonave che portò, nell’estate del 190, la nazionale italiana in Brasile. Altro che caipirinha, è mescalina, un allucinogeno, e sto sognando e delirando. Ci provo: “Mi scusi ma che giorno è”. Risposta con sorriso “E’ il 13 giugno 1950”. La ringrazio e torno di corso a chiudermi in cabina. Cerco Werner Herzog, nessuno risponde, cerco Gilberto Gil junior nessuna risposta. L’orologio segna le otto del mattino. L’Ipad ancora non funziona. Decido di uscire, al massimo mi rispediscono a Bergamo. Mi ricordo di aver letto che la Sises era una motonave di 16 mila tonnellate, non un cargo qualsiasi. Mi trovo sul ponte più alto, quello (che sarebbe) riservato alla nazionale azzurra. Al bar riconosco Gianni Brera e Angelo Rovelli, uno sorseggia whisky, l’altro beve caffè. Se mi avvicino e racconto quanto è successo mi fanno buttare a mare. Mi avvicino al banco e in un portoghese posticcio ordino un caffè, i due giornalisti mi guardano. Un accenno di saluto e sgattaiolo via. Di Herzog e di Gilberto Gil junior neanche l’ombra. In quella spedizione c’erano due atalantini: Bepi Casari e Emilio Caprile. Casari è un bergamasco che conosco (conoscerò). Non posso. Tra “Capricorn One” e “I visitatori”. No, non posso raccontare il loro futuro. Che io conosco minuziosamente. Nel frattempo, quasi per un tocco magnetico, l’Ipad ha ripreso a funzionare. Se racconto che l’Italia verrà subito sconfitta dalla Svezia mentre il successo sul Paraguay sarà inutile mi spediscono, seduta stante, in qualche ospedale psichiatrico del Brasile. Mi chiudo in cabina, in attesa degli eventi. Cerco sull’Ipad la data. Segna il 13 giugno. Non c’è l’anno. Guardo le notizie politiche: il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi ha risposto alla Camera ad un’interpellanza del Partito Comunista sugli indipendentisti siciliani. Spengo al volo e cerco di dormire. Bussano violentemente alla porta della cabina: “Svegliati, siamo arrivati ad Alcantara. Dobbiamo scendere in fretta” in un italiano con inflessione tedesca. Apro, mi trovo davanti Werner Herzog. “Hai dormito tre giorni consecutivi”. Non mi ci raccapezzo più.
(1. continua)
Nelle foto: la motonave Sises, la vecchia e la nuova Manaus