“Il cerchio per me s’è chiuso col passaggio a Cisterna di Latina nell’ultima delle quattro mega tappe. Il paese di Marco Sgrò, il mio mister”

. Avversario nella Over 40 provinciale, Praticain.it contro la Olfez del nostro, ma pur sempre l’allenatore del Villa Valle di cui Ottone Mesti, il centauro più famoso del nostro calcio che domenica “alle tre del pomeriggio spaccate” ha fatto ingresso a Napoli dopo essere stato in ballo da giovedì da Brescia, è direttore operativo dall’estate scorsa. Un luogo del cuore, per lui, originario di Ercolano e nipote di Oreste Vigorito, il presidente del Benevento.

Menù ricchissimo, La Brescia-Napoli classica per moto d’epoca, tra i traguardi intermedi di Ravenna, Orvieto e Ariccia. Nel team del nostro, innanzitutto, tra un classicissimo su due ruote e l’altro, “e chi se ne frega della classifica, gravitiamo tra il quinto e il settimo, non ha importanza”: Denise Massenti, su Bmw R26, la Vespa 50 VSA 1T di Vaner Vendramini, che Ottone, referente della squadra Paul Picot, ha sellato sulle erte appenniniche al secondo giorno di gara nonostante le fatiche d’Ercole del cinquantino sulle pendenze più ripide, la sua Vespa 125 GT personale del ’69 e la Lambretta LD di Paolo Pezzotti. 

“Ci siamo divertiti anche a tavola, però. Buon ultimo, il passaggio dal sabato sera ad Ariccia a suon di porchetta locale e alle mozzarelle di Mondragone, gustate con pane, prosciutto e il rituale bicchiere di vino, non appena passato il confine del Lazio con la Campania – il racconto del titolare della TempJob, che ogni anno si concede alla kermesse per amatori giunta alla nona edizione, stavolta con 21 equipaggi e 84 motociclette-concorrenti -. Avevamo mangiato da Dio anche in Toscana e nei pressi di Roma. La cosa più bella, la più importante, è che al netto dei guasti siamo arrivati tutti quanti alla meta finale, con vista su Nisida, Pozzuoli e Bagnoli, un paradiso riscoperto nell’era post Italsider”.

Eppure anche i mestiani di stretta osservanza hanno dovuto dribblare e sorpassare le loro brave grane. “Già nel primo tratto: a Peschiera del Garda Denise ha rotto un fusibile, Vaner a Verona ha dovuto sostituire il filo dell’acceleratore per poi perdere un faro”. Tutto superato, con sorprese lungo l’itinerario paesaggisticamente incomparabile (“Magnifici i 210 chilometri fra Orvieto e Ariccia”). Sodalizi umani che levati: “A Fondi il locale Vespa club ci ha riservato un’accoglienza da regine e re. A Napoli abbiamo perfino incrociato un vespista di Oltre al Colle, che incuriosito dalla targa ci ha chiesto se venissimo effettivamente da Bergamo – chiude il suo resoconto Mesti -. A Ravenna, dove abbiamo chiuso quarti nonostante le noie, un vigile urbano ci ha invitato a truccare i motori in vista del tratto appenninico. Abbiamo incontrato un’intera famiglia in moto e anche uno studio di quattro ingegneri. A Orvieto siamo arrivati a dieci minuti secchi dalla chiusura dei cancelli. Questa classica è una cartolina per le bellezze d’Italia e una finestra aperta sulla società e sul Paese”.