di Matteo Bonfanti

Quando mio figlio Vinicio, che è un bravo tipo, di quelli che seguono pure comandamenti faticosissimi come “onora il padre e la madre” e “non commettere atti impuri”, ha compiuto dieci anni, io e mia moglie, Costanza, che è sua mamma, gli abbiamo regalato l’Iphone. Ovviamente l’abbiamo preso usato perché nuovo costa un occhio della testa, dicono addirittura settecento euro da Mediaworld, ma non ho verificato tanto ero spaventato dall’ipotetica spesa.
Racconto come è andata. Messi male come siamo sul conto corrente, ci siamo buttati sui cellulari di seconda mano. Ho scritto ai sei gruppi di cui faccio parte su What’App (Musicisti Indipendenti Appassionati Di Musica Per Tagliarsi Le Vene, Ex Calciatori Ormai Diventati Lumaghe, Katto Komunisti Privi Di Speranza, Fantagiornalai Perché Col Vizio Della Notizia Falsa, Mariti Di Donne Vegetariane E Per Questo Tristi, Compagni Annoiati), spiegando la situazione e tempo dieci minuti avevo trovato l’aggeggio giusto: l’Esse 4, che fa ancora la sua porca figura.
Me l’ha venduto a cinquanta euro Elena Benicchio, che ha 25 anni e sta insieme a Fabio Spaterna, un collega strasimpatico, caporedattore della rivista mensile dei gelatai d’Italia, un giornalista che potrebbe benissimo fare il sosia di Jurgen Klopp, l’ex mister del Borussia Dortmund, ai programmi della Rai. La ragazza mi ha scritto: “Matte, io te lo do, ma fa schifo. E’ dell’anteguerra”. E io, che son sempre a farmi viaggi, mi sono immaginato che mi avrebbe portato il telefono di mia nonna Chiara, l’apparecchio grigio topo con la rotella, la scritta Sip e i numeri che non si vedevano più per via dei pezzi di polpette rimasti infilati in anni e anni di cene famigliari. Pensavo a un cellulare così, vecchio bacucco. Invece no, è bello, moderno, bianco. Sembra, in miniatura, l’astronave delle forze imperiali di Star Wars. Vinicio, che ve l’ho già detto, è un buonissimo, un tesoro, era il ritratto della felicità perché nella classifica dei suoi desideri l’Iphone era secondo, quindi io e sua mamma siamo stati bravi, da medaglia d’argento, che è un bel piazzamento per due genitori che sono anni che non ci azzeccano (nel 2014 lui voleva i Lego e noi gli abbiamo preso un trenino, nel 2015 lui sognava il cane e noi lo abbiamo accontentato con un criceto di origine russa, peraltro morto di stenti quando la famiglia è andata al mare e io sono restato solo a casa).
Voi direte: ma cosa c’era al primo posto nel cuore di Vinicio? L’impossibile: voleva una nutria. Ci ho provato, un’intera notte a smanettare su internet. Digitavo: “Comperare una nutria giovane, meglio se dell’Adda” oppure “Costo di un cucciolo di nutria” o ancora “Negozi di nutrie nelle province di Lecco e di Bergamo”. Niente. Nulla. Non c’è commercio. Dalla ricerca mi uscivano solo prodotti per sterminare queste povere bestioline, soprattutto gel, il migliore qualità-prezzo è il repellente a 21 euro e 90 centesimi della Zambonin, che lo invia per posta, disponibile pure “nella prestigiosa confezione regalo”.
Tranne che a Vinicio e a Zeno, i miei due figli, che le adorano, le nutrie stanno sulle balle un po’ a tutti. Ce ne hanno parlato malissimo sia a Brivio, che a Olginate, i vecchi ci hanno detto che sono gradasse, che fanno buche dappertutto e che fanno un sacco di sesso, anche in  gruppo, all’aria aperta, senza la minima privacy, aumentando a dismisura. E io, che per via della mia educazione cattolica, sto sempre dalla parte sbagliata, quella dei poveri cristi, degli esclusi e degli incompresi, ho iniziato a parteggiare per questi teneri rattoni. Che in Italia se la sono passata male fin dall’inizio, nei primi del Novecento, importati dalla Bolivia e allevati per farci le pellicce di castorino, un capo di vestiario che da un decennio non si usa più. Chi lo produceva, ha chiuso i battenti, ed ha liberato le nutrie, che sono belle grosse e arrivano a pesare persino diciassette chili, quanto un bambino di quattro anni.
I roditori in questione hanno trovato il loro perfetto habitat sulle rive dell’Adda, ma non sono abituati a stare liberi e quindi fanno casini. Ma, lo dimostrano i video su youtube, sono animali assai intelligenti, che se gli spieghi una cosa, la imparano al volo. Smettiamo quindi di cacciarle, educhiamole. Io, Vinicio e Zeno ne saremmo felici.