Che Cristiano Ronaldo sia oggi il giocatore più forte del mondo, di gran lunga meglio dell’eterno rivale Messi, non c’è più alcun dubbio. E non è una questione legata al numero di gol, ai dribbling fatti in campionato o in Champions, ai passaggi riusciti, alle coppe vinte in carriera, ciò che rende il portoghese il migliore di tutti è la tenuta mentale, paragonabile a quella di un dio greco, lontanissima dalla nostra, comuni mortali del pianeta Terra.
Trovarsi lì in una serata difficilissima, con ogni pronostico possibile contro perché di fronte c’è una squadra tignosissima, cattiva, grintosa, odiosa, vincente, e che, soprattutto, parte avanti di due gol, essere il più atteso, portando addosso un macigno come devono essere duecento milioni di euro investiti in un solo anno per te, e risolverla facendone tre, trascinando i compagni a un’impresa impossibile con la forza dell’allegria e della determinazione, con la cultura del lavoro. Mi accodo a Gramellini oggi sul Corriere, in questo momento nel mondo CR7 è un uomo unico. Non c’è nessun’altro in nessun campo, né in quello sportivo né in quello imprenditoriale, nemmeno nell’ambito politico, con le gaffe in serie dei nostri parlamentari quando sono sotto pressione, che sappia rispondere presente quando la richiesta di chi ci è intorno è così pressante e disumana, altissima, quella di essere infallibile.
Nei suoi panni io mi sarei fatto espellere al terzo minuto, sarei andato a tirare un cartone al Cholo. So per certo che non sarei riuscito a sopportare il peso della responsabilità, l’attesa su di me, manco per un quarto d’ora. Vent’anni fa, quando ancora ero un ragazzino e scrivevo miracoli veri o presunti su un settimanale piccino picciò della mia piccola città, mi chiamarono al Giornale di Bergamo, i primi a fare un investimento su di me. Ovviamente non i duecento milioni di euro sborsati dalla Juventus per Cristiano, ma il mio primo contratto da giornalista. Dicevano scrivessi bene, mi diedero subito grande fiducia e il praticantato che già all’epoca era qualcosa di rarissimo. E io, nei miei primi mesi qui, combinai cappellate in serie, messo per disperazione alla cronaca nera dopo averne fatte di ogni agli spettacoli e alla cronaca bianca, sbagliai addirittura un morto, elogiandolo pubblicamente per poi vedere la mattina dopo la persona in questione viva e vegeta, incazzata nera a seguirmi tra le scrivanie della redazione che allora era in via San Bernardino. Voleva ammazzarmi, credo giustamente.
Applausi quindi a Cristiano Ronaldo, che oltre alla crioterapia, penso che faccia anche un sacco di psicoterapia per essere il mostro che è, l’uomo che non sbaglia mai, persino quando mostra i coglioni a Simeone, un gesto che fatto da CR7 diventa bello, poetico, sorridente e necessario, fatto dal Cholo è invece sgradevole e irritante.
Matteo Bonfanti