Scrivo i miei sogni perché spesso mi aiutano a vivere. Mi immagino mondi perfetti, che fanno stare bene bene sia la mia anima che il mio cuore, sperando che i miei racconti possano fare sorridere anche chi mi legge. Così, in questo tempo sospeso, difficile per me e per moltissime altre persone, mi sono immaginato cosa fosse stato oggi se questa sfiga, che si chiama covid 19, non fosse venuta un anno fa a bussare alle nostre porte.
Penso al meraviglioso centro della mia città, in basso e in alto, gremito di tifosi spagnoli, a mangiare e a bere, a ridere e a cantare, aspettando questa sera, ore 21, Gewiss Stadium, il momento più alto per la Bergamo che ama il pallone. Più di tutto me, che ora sarei qui in redazione a lavorare il più in fretta possibile per liberarmi alle sei, l’ora dell’aperitivo, un salto al Blu Puro, uno al Bicerì, una festa infinita da vivere fino in fondo, con centinaia di tifosi, facendo mille foto e altrettante chiacchiere. E poi in Città Alta a magnare qualcosina, un piattino di polenta taragna con Duba, Franci e Manila, cattolichini, atalantini da sempre e per sempre, arrivati dalla Romagna per un sogno diventato realtà dopo trent’anni di prese in giro e pane duro in fondo alla classifica. Mi immagino il Gigi e la Giuliana, la stessa scritta nel negozio di Grassobbio e alla trattoria di via Broseta, “chiusi per festeggiare la Dea come si deve”.
Come sarebbe il mio borgo, quello di via Santa Caterina, visto dall’alto, magari da un elicottero? Il nerazzurro che si mischia al bianco, ogni tanto una chiazza viola, Flavio, il Gippo, il Genio e Bruno, i miei compagni di pallone, che ormai non vedo più da mesi, col birrozzo tra le mani, intervistati da Matteo di Bergamo Tv e da Fabio di Radio Dea, tutti e sei che non stanno più nella pelle per via della folle passione che mi raccontano da una vita.
Nicola arriverebbe dalla Spagna con l’ultimo aereo possibile e immaginabile per vedersi dal vivo la coreografia della Nord, spettacolo nello spettacolo, il Pagno prenderebbe un giorno di ferie dal lavoro per arrivare da Pontirolo a piedi, assaporando ogni strada nerazzurra, Luciana sarebbe da questa mattina fuori dalla Sud a intervistare chiunque col suo telefonino, ridendo in quel modo bellissimo, solare, il suo, Diego farebbe carte false per recuperare un posto in tribuna accanto a Percassi, Giulio stamperebbe a sue spese migliaia di bandierine per vedere l’effetto che fa. Con Giacomo e Mattia starei a parlare per ore di moduli e schemi, in via Venti, prima di correre insieme allo stadio, recuperando sulla strada Vinicio e Zeno, i miei ragazzi, entrambi atalantini, con la sciarpa e la berretta neroblu nonostante questo sole caldo, che a Bergamo pare già iniziata la primavera.
Questo è quello che vorrei oggi per me e per la mia gente, quella della città dove abito, arrivata ad esaudire un sogno, la sfida contro il Real Madrid, il club più titolato al mondo, che ha in bacheca tredici Champions League. Ci saranno altre serate storiche, perché l’Atalanta ha basi solide, un grande mister, giocatori in ascesa e tifosi dall’immensa passione, la sola grande speranza è che la battaglia col covid sia alle battute finali, al novantesimo, e che presto si possa tornare a vivere un partitone del genere liberi, brindando fino a notte.
Matteo Bonfanti
Matteo Bonfanti