C’è qualcosa di squallido e di profondamente ingiusto nel triste epilogo della finale di Coppa Italia 2019. C’è che non ha vinto il migliore, ma chi ha avuto un sostanziale e determinante aiuto dall’arbitro, il signor Banti, nella foto mentre festeggia con Lucas Leiva, giacchetta nera incappata in un errore tra i più incredibili nella recente storia del pallone, sullo 0-0, nel momento migliore dell’Atalanta, il direttore di gara non ha concesso ai nerazzurri un rigore sacrosanto per un fallo di mano in area di Bastos, che, già ammonito, avrebbe lasciato i suoi in inferiorità numerica. E in un match tanto equilibrato la Dea avrebbe portato a casa il trofeo. Siamo ai tempi del Var, proprio per questo la svista è inammissibile, in grado di rovinare una bella serata di sport, vissuta comunque alla grande dal popolo bergamasco, venticinquemila anime che hanno sostenuto la propria squadra per i novantacinque minuti di gara. Un bell’esempio, la sola cosa splendida di questo mercoledì sera, l’ennesima lezione agli ultrà capitolini, che invece si sono scontrati con le forze dell’ordine.
Ma di terribile non ci sono solo i clamorosi sbagli della terna, pure il comportamento di gran parte dei giocatori biancocelesti, intenti in una continua caccia all’uomo nei confronti di Ilicic, picchiato duro, sempre con calci sugli stinchi, almeno in otto occasioni, dimezzando in questo modo scorretto la forza del campione atalantino perché le botte fanno male, si sentono sulle gambe e, giocoforza, diminuiscono il rendimento del calciatore preso a legnate. C’è il telecronista, Rimedio, sfacciatamente di parte, emozionato ed entusiasta ad ogni azione dei biancocelesti, e non si fa se si lavora per una tivù di Stato, pagata con i soldi dei contribuenti, che sono anche bergamaschi.
C’è pure che ha vinto e festeggiato una dirigenza che ha un presidente, Lotito, che nel momento della celebrazione va a dire al suo mister: “Ho mandato affanculo Gasperini”. Col tecnico, Inzaghi, che gli risponde: “Hai fatto bene”. Qui ogni commento è superfluo, teniamoci stretti Percassi e Gasperini, due giganti, che mai e poi mai, nel momento della festa, si sarebbero lasciati andare a frasi del genere.
Ci fosse un dio del pallone, la finale avrebbe avuto tutt’altro esito, ma non c’è, a riprova che in Italia spesso succede che non vincano i migliori. Ora serve una profonda riflessione sullo stato del nostro pallone, che ieri ha toccato il suo punto più basso.
Matteo Bonfanti