Il profilo basso dell’ultimo arrivato innanzitutto: “Ancora non ci credo, in gol all’esordio, a Bologna, quello decisivo, l’unico. Ma è solo l’inizio di una grande opportunità”. Parola di Moustapha Cisse, allo start di un lungo viaggio, lui, profugo della Guinea che fino a pochi mesi fa l’Atalanta la vedeva solo dal piccolo schermo: “La scoprii in tv nel 2020, andai anche a Lecce in campionato, allo stadio, a vederla. L’estate scorsa, mentre giocavo solo per divertimento nei Rinascita Refugees, mi avvisarono che sarebbe venuto un osservatore a vedermi. Poi la chiamata e il provino: solo far parte di una squadra simile è qualcosa che non si riesce a descrivere a parole”, le sue riflessioni alla primissima intervista sui canali ufficiali nerazzurri.
“Sono contento di aver aiutato la squadra, è una cosa emozionante. Eessere dell’Atalanta è un onore – ha proseguito l’attaccante diciottenne -. Non riesco ancora a crederci, ho segnato alla seconda convocazione e all’esordio. Un bel gol da dedicare a mia madre, il risultato del lavoro di tutti”. Infine, i retroscena sulla chiamata, tre settimane or sono, mentre si allenava ancora agli ordini nel tecnico dell’Under 19 di casa, Massimo Brambilla: “Gasperini mi ha fatto chiamare dal mio mister durante un allenamento della Primavera. ‘Va’ e quello che sai fare, tutto andrà bene’ – chiude Cisse -. Col Genoa sono rimasto in panchina limitandomi al riscaldamento, mi aspettavo già qualche minuto finale. Adesso devo continuare a lavorare, sono solo all’inizio”.