Che tu sia il migliore della tua classe o che tu ne sia il peggiore, in direzione ostinata e contraria verso una concordata bocciatura, che tu faccia l’università, l’erasmus o che tu domani vada a lavorare dal mio amico Marco, che tu scelga di passare i tuoi pomeriggi a spaccarti tra gli attrezzi di una palestra targata Fit Actìve oppure che io ti veda steso sul divano a guardarti serie a nastro su Netflìcs, che il tuo futuro sia lontano dai miei occhi, magari in America, o, di nuovo e per mia immensa fortuna, ancora appiccicati e appiccicaticci nel nostro monolocalino in Borgo Palace, che tu abbia per caso e per buonasorte una storia impossibile o che tu abbia la forza di accontentarti di quella più semplice, la ragazza dolce, tranquilla e noiosa della porta accanto, che tu decida, come me, di inseguire il vento lungo le sponde dell’Adda o che tu preferisca la malinconica via della comodità che fa sentire i brividi freddi del caldo sotto un piumone di un appartamento in centro, che il tuo viaggio sia salvare gli ultimi o farti salvare dai primi, che la tua macchina sia una Panda, una Mini o una Rolls Royce, che il tuo riferimento alle elezioni sia Karl Marx o che siano questi altri che ci sono oggi qua, ricordati, sempre e per sempre, che io sono e sarò dalla tua parte, fiero, di te.
Ho conosciuto donne e ho conosciuto uomini che non hanno mai abbracciato il loro padre. Dico mai mai, manco una volta. Ho visto donne e ho visto uomini che non hanno mai baciato il loro padre. Dico mai mai, manco una volta. Ho parlato con donne e ho parlato con uomini che non hanno mai chiacchierato d’amore con il loro padre. Dico mai mai, manco una volta. Ti sembrerà strano, come pare strano a me, che ho avuto il meglio del meglio, che ho avuto te, centosettantasettemilaottocentonovantasette volte avvinghiato a me. Era prima, fuori c’era una luna grande e forte, gradassa, egoica, nella nostra tana in via Malfassi la musica ci girava tutta intorno, sul lettone ballavamo tra i nostri occhi confessandoci l’uno all’altro sentieri dell’anima talmente intimi da poter essere raccontati a una persona sola al mondo, tu a me, io a te. E’ stato un attimo, nella magia, quella che, da quando sei nato, decidi di far capitare all’improvviso e senza aspettarcelo. Ci siamo attaccati, stretti stretti. Non sono un padre speciale, nascoste nell’armadio ho una valigia piena zeppa di fallimenti e un’altra di cartone, colma di carte ancora da decifrare nonostante la mia età, i miei quasi cinquant’anni. Non sono io. Sei tu che sei un figlio speciale, un capolavoro, che domani compi diciotto anni e sei l’uomo migliore che conosco, l’unico che mi capisce senza aver bisogno di parole, un ragazzo bello, anzi bellissimo, ma quello non è importante, pur che mi rende orgoglioso averti fatto così bene mettendoci quel cinquanta, piuttosto è il tuo essere sensibile e dolce, intelligente e complice, leggero e profondo, libero, presente, il massimo che c’è, l’alba di un mondo migliore, tu, Vinicio, figlio mio, domani maggiorenne.
Ps – Da Vittorio il primo dicembre, il nostro segreto, l’ennesima avventura che ai tuoi figli dovremo raccontare con calma, con in mano un frizzantino per brindare a noi due, anime indissolubili sia in pausa pranzo che al tramonto
Matteo Bonfanti