di Matteo Bonfanti

Oggi scrivo di politica e mi capita raramente perché non è il mio mestiere. Sono un giornalista sportivo, lo sono da sempre, più o meno dall’età di sette anni, nell’attimo in cui iniziano i miei ricordi e mi vedo lì: ore e ore in corridoio, io e il Subbuteo, a fare la telecronaca di Inter-Milan simulando la voce roca di Sandro Ciotti, all’epoca il mio idolo. Quindi mi scuso in anticipo con i lettori, i tanti di destra, gli altri di sinistra, i grillini, che come dice Dario, che è un collega in gamba, stanno un po’ da una parte e un po’ dall’altra, perché potrei incappare in qualche svarione. Non è il mio argomento e poi è da un sacco che non vado a votare e manco guardo più Ballarò il martedì sera, un programma che mi ha cresciuto, ma che adesso non so se ci sia ancora in tv.
Ma la tento lo stesso e parlo di Europa e libertà perché sono preoccupato di quello che accade intorno a me e credo che sia venuto il momento d’impegnarsi per un mondo migliore, io, ad esempio, con le mie parole, ma solo quando sono luccicanti e ispirate, che danno almeno un pensiero a chi le sta leggendo. Nella mia vita, ormai abbastanza lunga, ho incontrato gente buona e gente cattiva nella stessa misura. Così anche ora: per una persona che mi rende felice, ne arriva un’altra che mi peggiora i giorni, mettendomi addosso ostacoli che faccio fatica a superare.
Nel gruppo di chi mi incasina i mattini ci sono i politici, nessuno escluso. Non mi piacciono le bugie che dicono, i soldi che prendono e le tasse che mettono su qualsiasi cosa, persino su diritti fondamentali come l’istruzione dei miei bambini, la salute degli anziani, la casa dove abito, il lavoro che faccio. E, spesso, senza darmi nulla in cambio, impegnati come sono a farsi selfie in ogni dove. Ma non è questo il problema maggiore che avverto nel pomeriggio in cui in redazione stiamo aspettando Italia-Spagna. Dopo la scelta inglese di lasciare l’Europa e la conseguente chiamata alle armi di Grillo e Salvini per un immediato referendum anche da noi, temo quello che gira nelle loro testoline per catturare consensi e quindi privilegi: un Paese piccolo piccolo, che si isola mettendo steccati, dichiarando il proprio suicidio economico. La via per la felicità dei nostri figli è il turismo, che ha bisogno di frontiere sempre aperte e di città accoglienti dove chi arriva sia il benvenuto.
Sarò impopolare, ma è quello che vedo da anni: ce l’hanno fatto credere perché gli serve che noi ci incazziamo con qualcuno così ci dimentichiamo del loro malcostume, ma la nostra infelicità non dipende dagli immigrati. Le russe fanno le badanti e se vengono qui è perché noi italiani certi lavori non li vogliamo fare. Piuttosto che passare la vita a pulire culi a dei vecchi, siamo disposti a farci mantenere dai nostri genitori o dallo Stato, con la cassa integrazione. E’ il benessere di noi popoli dell’Euro, dove neppure un abitante crepa di fame e tutti abbiamo troppo: la macchina grossa, l’utilitaria per la città, la televisione col 3D, che naviga e che ti dice “ciao, come stai?”, l’Ipad, l’Ipod, persino la costosissima passerella di Christo a due passi. Ma non ci basta mai. E ci lamentiamo su facebook, spiegando ad amici che non vediamo mai, ma con cui chattiamo per interi pomeriggi, che, se non va come vorremmo, è per colpa dell’indiano che vende le rose in via Venti.
Venerdì io e i miei due figli, Vinicio e Zeno, eravamo in Brianza, nudi e felici, tre piselli al vento, impegnati a risalire un fiumiciattolo. Eravamo vivi, finalmente, che io avevo trovato il coraggio di staccare il telefono e nessuno ci aspettava per cena. Avessi avuto qualche soldo in più, li avrei portati a Londra col primo volo, che ancora si può senza visto, cazzi e mazzi, ed è una città importante perché è lì che ho conosciuto Costanza, la loro mamma. London è un luogo fantastico perché s’incontra gente di ogni razza e si respira un’aria incantevole, quel vento leggero e intrigante che rende tutto possibile, la libertà. Chissà se ci sarà ancora. Se sparirà perché ha vinto Brexit, le generazioni future si perderanno qualcosa di bellissimo.