C’era una volta una Pradalunghese smaniosa di crescere in successi e consensi, dopo anni di anonimato e onesta permanenza in Seconda categoria. C’era una volta un’incredibile pagina di dilettantismo, chiamata Madone Calcio e varata da nomi ancora oggi impressi nella memoria degli sportivi bergamaschi. Basti pensare al vulcanico presidente di quel team blaugrana, Pierpaolo Piastra, coadiuvato da due profili ancora oggi presenti, seppur a intermittenza, tra i radar degli appassionati: il sempreverde Gigi Zambelli, peraltro interprete acclarato nell’ascesa della stessa Pradalunghese, e mister Sergio Samperisi, primo promotore di un gruppo votato all’impresa. Non mancarono alti e bassi, tantomeno clamorosi sviluppi legati a una maretta che talvolta provò a scalfire la tenuta complessiva di un ambiente sì ambizioso, ma anche molto chiacchierato. Al dunque, tanto a Madone, per una realtà destinata comunque a risultare effimera, quanto a Pradalunga, nel nome di un progetto che ancora oggi, pur con nuovi nomi, continua a predicare sete di successi, risaltò il ruolo preponderante mantenuto dallo spogliatoio, in grado, spesso e volentieri, di andare ben oltre i capricci o i mal di pancia di organigrammi non poi così saldi e coesi. A rappresentare quelle due piazze, quei due spogliatoi infine accomunati dal titolo che al dunque arrivò in saccoccia, una coppia di amici formatasi proprio a Madone e compattatasi nel segno della più totale complicità. Perché certo vincere aiuta a vincere. Ma è pur vero che per andare a bersaglio l’unione di intenti passa perlopiù per ragazzi affiatati dentro e fuori dal terreno di gioco. Così il caso di Michael Mazzoleni e Marco D’Adda, rispettivamente “Mizzu” e “Marchì”, appare persino emblematico, oltre che suggestivo. Il tandem perfetto, per promuovere i più alti obiettivi e una sana amicizia, che anche oggi non manca di far valere effetti benefici per entrambi. L’uno jolly caparbio e determinato, abile a cogliere l’anima più cosmopolita e zingaresca del dilettantismo; l’altro talento purissimo, capace di regalare, a Madone ma non solo, prodezze balistiche e assist da antologia del calcio. Insieme ad altri fuoriclasse del pallone nostrano – due nomi su tutti, Paolo Bernardi ed Eros Bassani – hanno contribuito nel forgiare gruppi fortissimi, per abilità tecniche e predisposizione alla vittoria, innestandosi in un’intelaiatura che dai due non poteva prescindere. Così Madone, esattamente dieci anni fa, ma anche Pradalunghese e Fiorente Colognola, per un trend che vale da autentica età dell’oro per D’Adda e Mazzoleni: i protagonisti del ventesimo capitolo di “Attenti a quei due”.
Nome, Cognome, Soprannome.
M.D.: “Marco D’Adda. Per alcuni, “Marchì””.
M.M.: “Michael Mazzoleni. “Mik” o “Mizzu””.
Professione.
M.D.: “Tecnico commerciale”.
M.M.: “Rappresentante di calzature”.
Incarico nel dilettantismo.
M.D.: “Ex giocatore, anche se a livello amatoriale gioco, o almeno dovrei giocare, anche adesso: infrasettimanale a 7 a Orio al Serio, campioni provinciali”.
M.M.: “Giocatore di calcio a 7, nel Real Briolo”.
Pronostico secco: quando torneremo in campo?
M.D.: “Spero il prima possibile, non se ne può più di passare accanto ai campi e vederli vuoti. Anche se non sono più io che gioco, è sempre un piacere veder fare calcio”.
M.M.: “Settembre”.
Il tuo sportivo preferito.
M.D.: “Ne scelgo due, Robi Baggio e Ronaldo…il Fenomeno”.
M.M.: “Ronaldo, il Fenomeno. Da interista, le prime Inter che ho seguito sono state con lui. Diciamo che sono stato abituato bene!!!”.
Squadra del cuore. Da sempre?
M.D.: “Atalanta, dai 15 anni in su. Prima c’era solo la Stezzanese”.
M.M.: “Inter, da sempre”.
La vittoria (o la partita) che ricordi più volentieri.
M.D.: “Atalanta-Juventus di Coppa Italia, 3-0 (30 gennaio 2019, quarti di finale in gara secca, n.d.r.)”.
M.M.: “La semifinale di Champions Barcellona-Inter. Un misto di sofferenza, gioia e altre mille emozioni, in una sola partita”.
E tra i dilettanti? Raccontaci la tua carriera.
M.D.: “Ho iniziato a giocare fin da piccolo all’oratorio di Stezzano, poi ho fatto tutta la trafila delle giovanili alla Stezzanese, fino ad arrivare in prima squadra e qui è arrivata un primo traguardo importante, con la vittoria nei playoff di Promozione. È stato bellissimo, anche perché più di metà squadra era insieme a me dalle giovanili. Dopo un paio di stagioni altalenanti in Seconda, all’Excelsior e allo Sporting Adda, ho vinto il mio primo campionato a Paladina. Poi ho iniziato una serie di “vai e torna” alla Fiorente Colognola, con le parentesi, sempre vincenti, di Madone e Pradalunga. Proprio in questi anni ho conosciuto “Mizzu” e insieme abbiamo condiviso cinque anni di spogliatoi e battaglie. Lui è uno che non molla mai, con una voglia matta di fare le cose bene e puntare a vincere; uno che avrebbe davvero potuto fare il professionista”.
M.M.: “Vien lunga, ho cambiato molto, mi è sempre piaciuto cambiare per trovare stimoli nuovi. Sono partito dall’Alzano Virescit, come settore giovanile, per finirlo alla Pro Sesto. Poi ho girato tra Palazzolo, Merate, Villa d’Almè, per poi fare una scelta che poteva sembrare un po’ folle: andare a Madone, in una squadra fantastica, con cui ho vinto il campionato. Lì ho conosciuto Marco D’Adda ed è stata una scelta che rifarei mille volte. Poi da lì Fiorente e Pradalunga: sempre con Marco e sempre vincendo. Dopo ancora, Ponteranica, Gorle e sono tornato all’Atletic Almenno, dove ho dato i primi calci al pallone. Subito, però, mi sono rotto il crociato e mi son dovuto fermare. Al rientro sui campi, ho preso parte a un progetto che si chiama Real Briolo; un progetto fantastico, fatto di ragazzi fantastici, che vogliono fare calcio in modo serio. La serietà premia sempre e infatti su due campionati disputati sono arrivati due titoli. La voglia di tornare nel calcio a 11 è tanta, ora che il ginocchio sta bene, ma lasciare questo progetto e questi ragazzi sarebbe davvero un peccato!”.
Qual è il ricordo più bello della tua carriera? E il più brutto?
M.D.: “Posso dire che in venticinque anni di calcio sono pochi i momenti brutti. Pensando a tutte le persone che ho conosciuto e con cui tuttora è sempre bello incontrarsi, posso dire che il calcio fa benissimo alla vita. Se devo scegliere, la vittoria più bella è quella della finale playoff con la Fiorente: 2-0 al Calvenzano, con gol e assist. E promozione in saccoccia”.
M.M.: “Il ricordo più bello è rappresentato dal campionato vinto con la Pradalunghese, all’ultima giornata, con lo scontro diretto con il Longuelo. Il più brutto, per distacco, è legato all’infortunio al ginocchio, due anni fa”.
C’è un dirigente con cui avresti voluto lavorare? E un giocatore?
M.D.: “Anche sotto questo punto di vista, ho avuto la fortuna di incrociarmi con mister e compagni dal grande spessore calcistico, ma soprattutto umano. Forse come giocatore, mi sarebbe piaciuto lavorare con mio cognato “Jimmy” Fontana (Ivan Fontana, regista oggi in forza alla Cisanese, n.d.r.). L’ho visto poche volte giocare, ma è veramente forte, anche se due dritte sulle punizioni potrei ancora dargliele (sorride, n.d.r.)”.
M.M.: “Mi ritengo fortunato ad aver avuto sempre bravi dirigenti e compagni davvero forti. Forse avrei voluto giocare con Giorgio Pesenti, dato che ho sempre giocato contro di lui. Oltre ad essere un gran giocatore, l’ho sempre visto come una bellissima persona e un leale avversario”.
Il tuo sogno nel cassetto.
M.D.: “Fare il papà nel migliore modo possibile”.
M.M.: “Che tutto, nella mia vita, resti com’è. Può sembrare banale ma non lo è”.
E in ambito calcistico, qual è la tua ambizione?
M.D.: “Mi piacerebbe ritornare su un campo per poter allenare, anche se le cose sono cambiate e cambieranno sempre di più. Se deciderò di farlo, dovrò farlo come piace a me, al 120%. Intanto, però, devo coltivare un altro sogno (ride, ripensando alla risposta data al punto precedente e alla recente paternità, n.d.r.)”.
M.M.: “Prima di tutto, mi piacerebbe non finire la carriera per il Covid, ci ha già portato via due stagioni. In futuro, mi piacerebbe iniziare come dirigente ma non ho ancora pensato bene… e spero di non pensarci a lungo”.
Una persona cui sarai sempre grato.
M.D.: “”Mizzu” Mazzoleni”.
M.M.: “I miei genitori, che hanno sempre fatto sacrifici per assecondare questa passione; mio fratello, quello meno buono a giocare (e ride, n.d.r.); la mia compagna, che in questo periodo senza calcio porta tanta pazienza”.
Un tuo pregio e un tuo difetto.
M.D.: “I pregi sono la voglia e il “mai molà” in campo. Il difetto, la lingua talvolta un po’ troppo lunga”.
M.M.: “Il pregio è quello di voler sempre vincere, ma a volte può diventare un difetto, perché non sempre si riesce e perdo un po’ la testa con i miei poveri compagni”.
Un pregio e un difetto dell’altro.
M.D.: “Penso di poter dire le stesse cose anche del mio amico Micheal, forse è per questo che siamo sempre andati d’accordo (ride, n.d.r.). Poi certo, per lui il difetto più grande è essere interista (e si intristisce, con fare scherzoso, n.d.r)”.
M.M.: “Il pregio è il suo essere persona sincera, diretta. Anche se non ci sentiamo per un po’, so che posso contare su di lui. Poi ogni tanto sbroccava, quando perdeva le partitelle: ne porta ancora il segno, su una caviglia”.
Ricordi quanto vi siete conosciuti?
M.D.: “Certo, torneo estivo a 7, a Seriate. Lui era in una squadra di ragazzini che andavano a 2000 all’ora. Ma poi c’ho pensato io, quattro pappine su punizione e tutti a casa (sorride estasiato, n.d.r.). Poi a fine partita si presenta con Sergio Samperisi, che sarebbe poi diventato il nostro allenatore a Madone e mi dicono: “Tu l’anno prossimo cosa fai? Vieni a vincere a Madone con noi?”. Qui è nata l’intesa con Mizzu”.
M.M.: “Ci siamo conosciuti a Madone”.
Il compagno più forte con cui hai giocato?
M.D.: “Sempre e comunque Eros Bassani, con me sia alla Stezzanese che alla Fiorente Colognola”.
M.M.: “Paolo Bernardi. Tecnica, carisma, un allenatore in campo…e quell’ignoranza calcistica che serve sempre (ride, n.d.r.)”.
Tu e lui come…a quale coppia vi ispirate?
M.D.: “Non eravamo esattamente una coppia, lui sosteneva dietro e io mi davo da fare davanti. Ogni tanto gli tiravo addosso ed è riuscito anche lui a fare qualche gol (ride, n.d.r.)”.
M.M.: “Forse Totti e De Rossi. Nell’ultima esperienza alla Fiorente, avendo lui diversi impegni, non è riuscito a essere continuo nella presenza e sono diventato io il capitano. Mi ha dato tanti consigli sul come farlo al meglio”.
Il più bel ricordo che hai in sua compagnia.
M.D.: “Sicuramente tutti i post partita…avendo vinto parecchio insieme, ce ne sono stati tanti (ride, tra il modesto e il compiaciuto, n.d.r.). Ma poi ci sono anche gli allenamenti. Lui è uno che si allena sempre al massimo e questo dettaglio fa la differenza. E a fine-allenamento, la pizzetta non guastava mai”.
M.M.: “Per tre estati ci siamo sentiti per cambiare società, con l’impegno di cambiare rotta e andare a vincere. Ci siamo riusciti tre volte e i tre abbracci a fine stagione avevano un significato importante. Oltre a ciò, sono stati anni, nello stesso spogliatoio, bellissimi”.
Manda un saluto all’altro.
M.D.: “Ciao Mike, pizzettina col Maffe???”.
M.M.: “Ciao Marchino, tanti auguri per le new entries della famiglia (Marco è da pochi mesi diventato papà di due gemelle, n.d.r.)! Appena finito tutto questo, si tornerà a giocare e ci vedremo in campo”.
Nikolas Semperboni
![Attenti a quei due – Michael Mazzoleni e Marco D’Adda, da Pradalunga a Madone vittorie e sorrisi](https://www.bergamoesport.it/wp-content/uploads/2021/03/aaqd-mazzoleni-dadda-855x545.jpg)