Maxi in versione assistman sontuoso, Pinilla cinico e tutto sgroppate al riparo dai soliti gialli stupidini, Gomez in versione jolly dalla bandierina, Cigarini ritrovato e con lo sblocco (dal dischetto) in modalità ON. Storia di una domenica da ricordare. Un bel tris per raggiungere la rispettabile quota quattordici in otto giornate, in un percorso ancora invitto sotto le Mura (tre vittorie su quattro, pari con l’Hellas), e il campionato dell’Atalanta può proseguire spedito lungo i binari dei sogni. Viste le pene della scorsa stagione, meglio non evocare neppure la parola Europa, ma i fatti – compresa la mediocrità di molte concorrenti – sono lì a parlare da soli. La vetta dista solo quattro punti, la matematica non è un’opinione. Ko solo fuori casa, e sulla spinta di episodi comunque sgabolati (ormeggi allentati sull’ultima rimessa contro a San Siro, rosso ingiusto a Paletta sul rigore subìto allo start al “Franchi”), contro le big Inter e Fiorentina, nonostante i punti persi per strada con Sassuolo e Verona il cammino della banda di Edy Reja è da lustrarsi gli occhi.
Il veterano della panchina più giovane dentro di qualunque collega non sbaglia un colpo. Se formazione e strategia ogni volta assomigliano a un quizzone, le risposte le sa tutte lui. Il recupero psicologico del Professore, regista effettivo con l’intoccabile de Roon nel ruolo del frangiflutti, ne è l’ennesima riprova. Per soffiare le candeline sulla torta in una sfiatata unica insieme all’armata camouflage sugli spalti, è bastato dribblare la paura d’inciampare tipica dell’ultimo Cola e del primissimo Vecio facendo la festa al Carpi. La classica trappola che fa credere di esserlo davvero lungo i due minuti iniziali per poi dimostrarsi un materasso. Con la sua misera vittoria all’attivo e un cambio di panca dopo molti stenti, proprio la cenerentola ideale a cui far finire in faccia crema, zucchero a velo e numeretti di plastica in nome della scalata alla parte sinistra della classifica. Fastosetto ma nemmeno troppo, dunque, per evidente inferiorità degli invitati, il rinfresco domenicale offerto sull’altare del vecchio Comunale per il Compleanno numero 108, anche se il conteggio sorvola beatamente sulla decisiva fusione con la Bergamasca (che portò in dote la striscia azzurra sulle divise, nonché l’altra metà della ragione sociale) e sulla curiosa circostanza che prima del fatidico febbraio 1920 le maglie fossero fatte a stampo con quelle della Juve. Ovvero la seconda tappa di ciò che resta dell’ottobre post nazionali, da affrontare al domicilio del nemico-compratore storico (da Karl Hansen a Padoin e Peluso passando per Scirea, per dirne solo alcuni) la domenica che viene, per chiudere il mese nuovamente davanti al pubblico di casa, nelle tenebre di mercoledì 28, con un altro ostacolo mica da ridere come la Lazio. Un trittico da allungare a cinquina, visto che tra la corsa dei nerazzurri verso un posticino al sole delle provinciali e il terzo stop per quell’interludio macina-ossa chiamato calcio internazionale ci sono anche le trasfertone di inizio novembre (a Ognissanti di pomeriggio e sabato 7 in notturna, come con l’Aquila) con Bologna e Milan.
Il segreto di questa Dea che ogni tot riavvicina i suoi aficionados all’Olimpo del pallone si può spiegare con due considerazioni in croce: tema invariato e pochi ritocchi solo se strettamente necessari. Paletta resta dietro la lavagna del giudice sportivo? Niente paura, Stendardo è abile e arruolato, senza nemmeno troppa ruggine addosso. Del resto il titolare nelle prime quattro giornate era stato lui. E Toloi mica osa abbassare l’asticella. Anzi, risale il prato fino a esplodere bombe per tentare il poker. Kurtic nelle prime sette allacciate di scarpe a momenti perdeva gamba e polmoni a forza di sferragliare su e giù come un pendolino? Riecco il Ciga, che pur ancora lontanuccio dal nerbo e dalla continuità dei bei tempi sa ancora dettare i ritmi e smistare palloni al bacio. PiniGol torna lui perché se sta bene o non è sotto squalifica Denis gli scivola dietro. Il risultato è che uno dei più fischiati fino alla primavera scorsa adesso può recitare la parte dell’eroe. Il risultato è che il motore gira anche se cambiano un paio d’ingranaggi o più da una settimana all’altra. Il risultato è che i risultati arrivano e lo spettacolo, anche se il tiki-taka abita solo in Catalogna e dintorni, ai piedi della Maresana non manca (quasi) mai. Bisogna vedere se l’entusiasmo e i fatti succosi del campo reggeranno alle insidie del calendario, anche se a ben vedere Madama e il Diavolo (per non parlare dei felsinei “amerikani”) stanno volando più basso. Sta ai nerazzurri spiegare le ali verso i sogni evitando di farsi impallinare.
Simone Fornoni