di Simone Fornoni
Battistrada e assist per il nuovo sorpasso. Quello decisivo. E così il trofeo lo alza il nemico di turno, due anni dopo il tentativo precedente. La provinciale può consolarsi con l’orgoglio di aver sfornato l’ennesimo grande giocatore. Facendoselo pure pagare caro. La big che è diventata in questo quinquennio gasperiniano, invece, smadonnare per averlo a suo tempo lasciato andare. Per non dire bocciato. Roba da schizofrenia pura, perché chi ci ha smenato in una sola serata, pur con 40 milioni in più in tasca, è sempre l’Atalanta. Perché il suo killer di Coppa Italia, Dejan Kulusevski, inquadrabile fin troppo facilmente come ex al veleno, visto quel dito portato alla bocca a mo’ di esultanza, dal profeta del nuovo e infinito corso nerazzurro ai tempi ricevette in regalo 102 minuti distribuiti su tre apparizioni in croce da journeyman. Per farsi poi spedire altrove, a Parma, dove ha trovato la consacrazione tanto da farsi appetire da chi oltre il blasone ha pure i soldi da spendere.
Una cessione che ha fatto benone alla reputazione e alle casse societarie: si fanno crescere campioni, si offre loro la rampa di lancio e via, a gonfiarsi il portafoglio per reinvestire in elementi pronti, magari d’importazione. Frosinone, Milan e Torino. Le tre apparizioni concesse nell’anno di grazia 2019 a chi al piano di sotto, sottratto sedicenne all’alma mater del Brommapojkarna, aveva combinato sfracelli grazie a un tecnico di prim’ordine come Massimo Brambilla, grande e riconosciuta levatrice di baby assi con la palla al piede: in Under 17, 26 partite e 17 gol; in Primavera, 55 e 17 con 26 assist più lo scudetto di categoria 2019.
Inutile nascondersi dietro la foglia di fico del Var che non ha funzionato o non avrebbe voluto funzionare nemmeno stavolta, dal famigerato mani di Bastos da blackout due anni or sono all’Olimpico alla combinazione del Mapei Stadium rigore negato-contrasto falloso sul primo svantaggio, protagoniste le coppie da moviola Rabiot-Pessina e Cuadrado-Gosens. Dietro, a volerlo ammettere oppure no, tanti rimpianti, anche se così va il calcio, con Davide costretto a vendere a Golia e a sudarsele a pelo d’erba. Quei 20 gennaio, 16 febbraio e il 23 febbraio 2019, alla luce dei fatti, mancino a giro per castigare e delizioso passaggio di ritorno al figlio d’arte Federico Chiesa per stendere, bruciano un pochino. Normale, umano. Così com’era umano che lo svedesino del 2000 di sangue macedone sbagliasse tutto o quasi, all’epoca, ai primi e insieme ultimi approcci con la prima squadra. Nella tana dei granata, oggi suoi rivali cittadini, guarda come gira il vento, l’ingresso per l’infortunato Robin Gosens al 18′ del primo tempo e l’umiliazione di dover lasciare il posto a Musa Barrow al 27′ del secondo. A Vinovo, anche stavolta, gliel’ha sfornata Zingonia.