ZINGONIA –
Parola d’ordine, chiudere degnamente il trittico terribile: «L’Atalanta non batte la Juventus dal 2001, chissà che stavolta non riusciamo a infrangere il tabù». La tenue speranziella di Stefano Colantuono per il match clou del sabato sera è agganciata alla cabala e al ritardo del segno 1, centrato l’ultima volta il 3 febbraio di 13 anni fa – guarda caso sotto le stelle – col Vava in panca e la coppia dei sogni Lorenzi-Ventola a rimontare lo svantaggio iniziale su autorete di Paganin. Ma l’impresa è alle soglie dell’impossibile: «Anche perché Allegri ha saputo raccogliere l’eredità pesante di Conte e la sua squadra ha mantenuto intatte le sue caratteristiche. Anzi, s’è pure rafforzata», è l’osservazione un po’ sconsolata del tecnico nerazzurro. Che mastica amaro per i due ko di fila con Fiorentina e Inter: «Contro i viola avevamo giocato benissimo, ma i report della partita di San Siro ci dicono che siamo stati nettamente superiori nel possesso, che siamo andati spesso sul fondo tanto da guadagnare una dozzina di angoli. Però nell’indice di pericolosità dobbiamo fare meglio, grosse chances non ne abbiamo avute». Per questo, dalla cintola in su, uno stanco D’Alessandro dovrebbe lasciare spazio al Papu Gomez, reduce da due secondi tempi di fila a velocità supersonica fra tentativi personali e assist: «Sta crescendo, anche dal punto di vista della condizione. Il nostro problema contro la prima della classe sarà di andare avanti e correre». Boakye e Denis, dopo le magre di Maxi Moralez nella Scala del calcio, si candidano per un ovvio ritorno da titolari in prima linea, mentre dietro non paiono esserci particolari noie: «Biava a meno di imprevisti è pronto, per Benalouane c’era il dubbio della vigilia martedì ma poi è sceso in campo. Tra i difensori l’unico affaticato è Bellini – spiega il Cola -. Il turnover è un filo sottile: cerco di dare riposo a quelli più stanchi ma senza stravolgere la squadra. Ciò non significa che chi ha giocato novanta minuti mercoledì sera debba accomodarsi tra le riserve». In mezzo, a fronte del sicuro ballottaggio Baselli-Cigarini, il posto fisso è riservato al pupillo del profeta di Anzio: «Carmona non è esattamente sui suoi standard, che però sono talmente alti che anche quando è al di sotto è comunque un giocatore superiore alla media».
Il punto dolente è la tattica, perché trovare la quadratura del cerchio contro una simile corazzata è duretta: «Contro la Juve chi si difende a oltranza perde lo stesso, a meno che non si riesca a farlo molto lontano dalla porta. E prima o poi è lei che ti costringe nella tua metà campo. Noi continuiamo a giocare con la nostra mentalità. 3-5-2 speculare? Forse in corso d’opera. Col nostro modulo, l’anno scorso, arrivammo all’intervallo sul pari prima di prenderne altri tre. Ripartiamo da quel primo tempo». Sugli avversari, inutile spendere troppe parole: «Puoi dar loro fastidio solo se li aggredisci, perché se ti limiti a far mucchio dietro sei finito. Oltretutto avranno anche Tevez tirato a lucido, visto che è stato fermo un turno. Sono forti ovunque, anche sulle palle inattive. Servirà il meglio del meglio di noi stessi». La chiosa, nonostante le premesse, assomiglia a qualcosa a metà fra una promessa e una larvata minaccia per il nemico da una Dea ferita con molta fame addosso: «Ci dobbiamo provare, sapevamo che questo trittico sarebbe stato difficoltoso. Per come s’erano messe le altre due sfide l’amarezza è tanta. L’importante è non perdere per strada l’atteggiamento, l’occupazione delle fasce, la spinta. Cercando, magari, di essere più cattivi sotto porta, il nostro difetto più evidente finora».
Simone Fornoni