Lo schieramento di partenza era quasi completo. Il giovane pilota portoghese in pole position si era sistemato per primo nella sua casella: essendo alto, era chinato sull’anteriore della moto con entrambe i piedi ben poggiati a terra e gli occhi puntati laggiù allo scollino dov’era la prima curva. Natalia, in seconda posizione, sporgeva dalla sella con la gamba dritta, tesa, toccando terra solo con la punta dello stivale, anch’essa protesa in avanti in atteggiamento aggressivo. Arturo era concentratissimo: sul suo volto, nascosto dalla visiera del casco, era finalmente ricomparsa l’espressione assassina dei primi gran premi quando aveva ammazzato il campionato. Le parole di Masi e le congetture che ne seguirono occorsero a far ritrovare al portoghese la determinazione d’inizio stagione. Nel box dell’Akira’s Drake se n’erano accorti tutti quando Coimbra salutò ogni singolo componente della sua squadra stringendogli vigorosamente la mano. Natalia non poteva sapere di questo ritrovato spirito sebbene glielo augurasse siccome ligia alla promessa fattagli una notte a Brands Hatch, in Inghilterra, dopo l’ultima corsa da lei stravinta: i due stavano abbracciati nel letto del motorhome di Arturo, nudi ed accoccolati uno sull’altra in completo silenzio. Natalia aveva la testa poggiata sul petto del ragazzo ascoltandone il battito del cuore, il respiro lento e cadenzato, il profumo esotico della bronzea pelle, lui aveva lo sguardo perso nel vuoto e con un dito tracciava linee immaginarie sul braccio di lei, passando poi sulla spalla, sulla schiena per ritornare meccanicamente al braccio in un ciclo continuo.
“Posso farti una richiesta?” le domandò a un tratto scostandole una ciocca di capelli.
Natalia non rispose immediatamente perché del tutto abbandonata alle coccole.
“Dimmi” proferì la ragazza non appena tornò alla realtà.
“Per la gara del Mugello avrei bisogno di isolarmi” asserì il giovane sinteticamente.
“Ok” disse Natalia baciandogli il petto. La ragazza s’aspettava questa richiesta, anzi se l’auspicava avendo compreso da tempo il momento d’impasse di Arturo, il quale, incassato il benestare, riprese con le carezze e lei ad abbandonarsi ad esse. Adesso stavano di nuovo l’uno accanto all’altra ma sulla linea di partenza dell’ultimo evento di campionato, quello che avrebbe assegnato il titolo europeo di categoria e la Campredelli era l’unica che poteva strapparglielo. D’un tratto il semaforo divenne rosso e nel contempo salì alto l’urlo dei quattro cilindri in griglia: i cuori dei piloti passarono i centoventi battiti al minuto assieme a quelli degli astanti, le luci si spensero e le moto partirono. Coimbra in pole position e Campredelli scattarono in fotocopia e in maniera impeccabile: prima, seconda, terza marcia con la ruota anteriore che galleggiò a due dita dall’asfalto, quindi lo scollino e giù dritti alla staccata della San Donato. Il duo italo-portoghese s’infilò per primo nella curva percorrendola a gran velocità: avevano preso qualche metro sugli avversari facendo intendere già da subito che la gara sarebbe stata un affare tra loro due. Dopo l’uscita dalla curva una breve ma ripida salita li portò alla prima “esse” composta da Luco e Poggio Secco, un sinistra-destra importante e, dopo un medio rettilineo, giunsero alla seconda “esse”, Materassi e Borgo S. Lorenzo. Il pilota portoghese era ancora in testa con la Campredelli incollata ad una spanna dalla sua ruota posteriore. Natalia sembrava danzare nelle curve: il suo stile di guida non dava modo di comprendere se fosse a spasso o stesse forzando ma il distacco che stavano infliggendo agli avversari fece capire che il duo stesse volando. Fatto un altro rettilineo era il turno della terza “esse”, la mitica Casanova-Savelli, un destra-sinistra in una discesa mozzafiato che portava ad altre due curve in contropendenza: le famigerate Arrabbiata 1 e 2, due destra da cardiopalma di cui cieca l’uscita della seconda. Coimbra entrava più rapido nelle curve ma l’italiana era più veloce in percorrenza sicché alla fine era sempre la solita musica: incollati come un’unica moto. Adesso, dopo la quarta “esse”, composta da Scarperia e Palagio, toccava al Correntaio, un curvone a destra in discesa in cui era facile cadere in errore, poi le Biondetti, la quinta “esse” e in assoluto la più veloce. Infine, la Bucine, l’ultimo spettacolare curvone a sinistra in discesa da oltre 170 km/h con ginocchio a terra, importantissimo per lanciarsi al meglio nel lunghissimo rettifilo del traguardo. La Campredelli portò in questo il suo primo attacco uscendo di scia all’altezza della linea di partenza, superando Coimbra, arrivando alla staccata della San Donato ad oltre 300 km/h. Il portoghese rispose frenando come solo lui sapeva fare, risorpassandola e quindi di nuovo incollati per un nuovo giro. Nella seconda tornata accadde la stessa cosa: sul traguardo sorpasso ed in staccata controsorpasso. La cosa si ripeté per i quattro giri successivi per cui la Campredelli decise di aspettare stando in seconda posizione ma costringendo il rivale a mantenere un ritmo sostenuto difatti, alla quindicesima tornata, il distacco sugli inseguitori passò i quindici secondi. Ad un tratto, dopo altri giri con passo infernale, quando Coimbra diede gas in uscita dalla Bucine per lanciarsi sul rettilineo, la gomma posteriore perse aderenza, la moto sbacchettò costringendolo a togliere potenza per non essere disarcionato. La Campredelli ne approfittò immediatamente sopravanzandolo, schizzando verso la curva San Donato alla massima velocità. Coimbra non voleva lasciarla scappare e “tirò” una staccata al limite della fisica per ripassarla ma non fu sufficiente. L’italiana stava forzando sebbene ciò non apparisse mentre il portoghese si vedeva fosse al limite in tutte le curve. Intanto, al muretto box dell’Akira’s Drake Racing Team, Masi e gli altri avevano il cuore in gola: erano almeno dieci giri che stavano segnalando al loro pilota di rallentare, di non rischiare perché sarebbe bastato un sesto posto per aggiudicarsi il titolo di campione. Coimbra però voleva vincere gara e campionato e spinse tanto che pareva cadesse ad ogni curva: la moto oscillava, s’imbizzarriva ma lui la dominava. Dopo un giro esatto all’inseguimento, giunti di nuovo alla curva Bucine, Coimbra fece l’ennesima staccata magistrale riconquistando la testa della corsa: il primato purtroppo durò solo pochi metri perché, durante la percorrenza della stessa, la gomma anteriore perse del tutto aderenza sicché moto e pilota strisciarono sull’asfalto. Il boato del pubblico coprì le imprecazioni di Michele Masi e del resto della squadra. Coimbra, un attimo prima di finire nella ghiaia, con un colpo di reni rialzò la moto e galleggiando sui sassi tagliò la via di fuga evitando miracolosamente di sbattere contro le barriere. In equilibrio precario tornò sulla striscia d’asfalto della pista ancora al secondo posto dato il vantaggio sugli inseguitori. La leva frizione s’era tranciata ma non era un problema, piuttosto la pedalina sinistra saltata completamente era una vera disdetta. Il portoghese sfilò davanti ai box, Masi si sporse dal muretto sbraitando come un ossesso, indicandogli di guardarsi alle spalle. Coimbra non lo vide e manco lo sentì: era furioso per quell’errore perché ora la Campredelli era irraggiungibile. Dietro di lui però, a meno di tre secondi, c’erano cinque piloti agguerriti che lottavano per il podio: quando intravidero Coimbra poco più avanti si misero all’inseguimento con la ferocia d’un felino che sente l’odore della preda. Il portoghese, senza più la pedalina, poggiava il piede sul motore ma faticava molto nelle curve a sinistra. Il vantaggio si assottigliò fino ad annullarsi e all’uscita della Savelli fu superato da due avversari. “Lottare fino alla fine” ringhiò il ragazzo nel casco, e strinse i denti affrontando le curve Arrabbiata 1 e 2 come se non vi fosse un domani, recuperando una posizione e poi un’altra in ingresso alla Scarperia, che però subito riperse nella sinistra Palagio perché il piede gli scappò dall’appoggio sul motore. La Campredelli intanto tagliava il traguardo in solitaria festeggiando la sua meritata vittoria con una lunghissima impennata mentre dietro di lei il delirio. Nei box, sugli spalti, davanti alla tv, stavano tutti col fiato sospeso: l’ultimo curvone era a sinistra ed i piloti alle spalle del portoghese fiutavano il sangue dell’animale ferito. Coimbra cercò di percorrerla al meglio delle sue possibilità ma fu passato finendo in coda al gruppetto. Mai domo diede tutto gas restando attaccato agli avversari, lanciandosi nel lungo rettifilo: l’effetto scia dovuto a cinque piloti davanti a lui lo risucchiò amplificandone la velocità. Ad un tratto s’aprirono tutti a ventaglio tagliando appaiati il traguardo. Impossibile stabilire le posizioni d’arrivo: c’era bisogno del photofinish. I piloti, durante il giro d’onore, sbirciavano i maxischermi lungo la pista per leggere una comunicazione ufficiale della direzione corsa ma i dati tardavano ad arrivare. La trepidazione crebbe. All’improvviso comparve la classifica: Campredelli prima, secondo Tallarini, terzo Sakamoto e di seguito gli altri. Subito dopo si vide la scritta “New European Champion Arturo Coimbra”. All’Akira’s Drake Racing Team vi fu un’esplosione di gioia: il portoghese era sesto per soli dodici millesimi di secondo. Arturo giunse al suo box e fu subito festeggiato dai membri della sua squadra: Michele e tutti gli altri lo assalirono letteralmente facendolo quasi cadere dalla moto.
“Maledetto mi hai fatto perdere dieci anni di vita” gli disse Masi strattonandolo fra grida di felicità.
Prima della cerimonia del podio la Campredelli sgusciò dal parco chiuso andando a complimentarsi col nuovo campione. Arturo la vide entrare nel box attorniata da un nugolo di giornalisti e cameraman: Natalia, sotto gli occhi del mondo, gli strinse la mano dicendogli fosse orgogliosa di gareggiare con un vero fuoriclasse e poi, approfittando d’un abbraccio di complimenti, gli sussurrò le parole “ti amo”.
Marcus Joseph Bax