Da poco era passata l’alba ed un raggio di sole s’insinuò nella stanza buia. Il ragazzo aprì gli occhi e rimase immobile nel letto a guardare il pulviscolo attraversare i fasci di luce osservandone il flessuoso volteggiare nell’aria, affascinato dalla lentezza del movimento in netta controtendenza con quanto avrebbe dovuto fare tra poche ore. Arturo Coimbra era un promettente pilota di moto di ventitré anni nato e cresciuto ad Albufeira in Portogallo, non molto distante dal circuito di Portimao, che nella sua breve carriera non aveva ancora vinto niente di significativo.
Il giovane si stiracchiò nel letto, sbadigliò, si mise seduto poggiando i piedi sul parquet guardandosi le dita mentre le sgranchiva. Si passò una mano nella nera chioma, si stropicciò la faccia, fece uno sbuffo infine alzandosi per andare alla finestra e, scostando la tenda coprente, la forte luce invase la stanza tant’è che dovette proteggersi gli occhi per l’impatto: accecato ricercò la maniglia a tastoni aprendo lo scorrevole ed uscendo sul terrazzo. Arturo non era ancora riuscito ad abituarsi alla luminosità che trasse un lungo respiro a pieni polmoni avvertendo la frescura nell’aria, dopodiché schiuse lentamente gli occhi immergendosi nel meraviglioso paesaggio offerto dalle colline toscane al sorgere del sole: la natura aveva qualcosa di magico difatti la quiete di quei luoghi gli trasmise un poco di quella serenità di cui aveva estremo bisogno. La notte, fortunatamente, era fluita in modo tranquillo ma svegliandosi aveva percepito agitazione sul fondo dell’animo, pronta ad assalirlo e fargli sfumare la grande occasione di consacrare oggi il suo talento.
No, no, non doveva accadere. Arturo doveva essere padrone di sé stesso, doveva gestire l’ansia e per far questo tutti gli aiuti erano ben accetti: fu per tale motivo che scelse una stanza nel paese di Scarperia. I piloti in genere dormono in circuito entrando in simbiosi con l’evento, ed anche Arturo era solito farlo ma stavolta preferì allontanarsi per spezzare la pressante cortina dovuta soprattutto ad una persona.
Il ragazzo poggiò i gomiti sulla ringhiera guardando il profilo delle colline, i boschi, i prati, i paesini arroccati, le valli, i cascinali, traendo un secondo profondo sospiro inspirando dal naso. A questo punto, scendendo in basso, il suo occhio cadde sul tracciato del Mugello scorgendo qualcuno entrare nella tenda di una della squadre. Mantenendo lo sguardo al paddock vide altra gente muoversi, notando molto fermento attorno alla postazione del suo rivale, anzi della sua rivale diretta, Natalia Campredelli, coetanea e detentrice del titolo che aveva tutta l’intenzione di riconfermare nonostante lo svantaggio in classifica.
Arturo fece una smorfia pensando a come potessero coesistere due individui totalmente differenti nella stessa persona: la giovane non era uno schianto ma nemmeno un maschiaccio, era molto femminile e sapeva vestirsi in modo attraente difatti fu scambiata spesso per un’ombrellina, una di quelle provocanti ragazze che affiancano i piloti sulla griglia di partenza. Era arguta ma gentile, furba ma educata, molto simpatica, perspicace e sempre disponibile alla battuta; ma quando abbassava la visiera diventava una belva, un animale da competizione, corretta in gara ma che di certo non porgeva l’altra guancia. E poi era veloce: “cazzo quanto viaggia” aveva detto Coimbra la prima volta che ci aveva gareggiato contro. Il punto debole della Campredelli, se così si poteva definire, era la staccata perché non irresistibile ma possedeva un’impressionante velocità in curva: le sue linee di percorrenza erano fluide, il suo stile elegante al pari della sua personalità.
Arturo sorrise ripensandoci ma poi sbuffò dal naso, contrariato perché stava proprio qui il problema: Natalia. Il ragazzo non pensava di complicarsi la vita quando le chiese di trascorrere del tempo al di fuori delle corse, invece ne aveva subito il fascino e da quel tempo faticava a considerarla una rivale. A dimostrazione di ciò v’erano le sue ultime prestazioni, molto deludenti se rapportate all’inizio del campionato quando aveva stravinto le prime gare. Il vantaggio in classifica adesso s’era dimezzato ma oggi, essendo l’ultima corsa, gli sarebbe bastata la sesta piazza per aggiudicarsi il titolo. Inoltre, Arturo partiva in prima posizione perché aveva frantumato il record sul giro della sua categoria. Tutti fattori che giocavano a suo vantaggio ma sapeva non fossero sufficienti perché per tornare a batterla, per tornare a vincere, doveva riconsiderarla alla stregua d’un semplice avversario in lotta per il titolo e non la ragazza affascinante che gli aveva rubato il cuore.
(…to be continued)
Marcus Joseph Bax