Bergamo
– La scrittura spesso è un espediente per raccontare se stessi, per dare forma ad un pensiero ricorrente, per creare suggestioni in un mondo che si affida sempre più alle immagini e meno all’essenza. Fortunatamente esistono ancora, in questo mondo complicato, oasi di riflessione e di pensiero positivo che albergano dove meno ci si aspetta di trovarle. Nel caotico humus dove tutti continuiamo a vivere (e spesso sopravvivere) il tempo si ferma e ciò avviene tra le pagine di un libro, tra le righe che si ripropongono una dietro l’altra lasciando il lettore in trepida attesa della pagina successiva. Tra quelle oasi possiamo considerare a buon titolo anche Angelo Roma, brindisino di nascita e bergamasco di adozione, che ha fatto del suo percorso professionale ed umanistico una vera vocazione. Scrittore, giornalista, docente universitario di Scrittura creativa e Antropologia della narrazione, ghostwriter e storyteller aziendale (prima in UBI Banca ed ora in Intesa Sanpaolo), ha pubblicato una raccolta di poesie e otto libri tra saggi e romanzi. Una produzione continua, dalla bella freschezza narrativa, a cui ora si aggiunge un nuovo romanzo (il settimo) che sarà presentato nella nostra città il 1° dicembre, un lavoro dal titolo che suggerisce subito spunti di riflessione “L’attimo presente” (Mondadori). Nel manifesto di presentazione è riportata una frase del noto sociologo Paolo Crepet “Tra le righe di questo scrittore troverete verità. Ovvero unicità, merce rara al giorno d’oggi”, un incipit che da solo illustra le capacità di Roma nel raccontare le proprie storie. Lo abbiamo allora incontrato per raccontarci questo suo nuovo “viaggio” (a noi piace chiamarlo così) permettendoci di aprire la sua mente ed immergerci brevemente nel suo ultimo lavoro.
Angelo, in gergo si potrebbe dire: raccontaci la tua ultima “fatica”, ma conoscendo la tua passione per la scrittura potremmo dire, raccontaci il tuo ultimo “sogno”.
“Ho sempre amato scrivere, quindi sognare, con i piedi ben piantati per terra. Perché credo che l’immaginazione sia la più potente forma di concretezza che l’umanità possa vantare per rinascere ogni giorno migliore, più giusta e più accogliente. È solo nel momento in cui diamo ai nostri sensi e al nostro sentire più profondo la stessa dignità che diamo solitamente alla razionalità e all’intelligenza, che possiamo davvero costruire tutti insieme qualcosa di memorabile, per noi stessi e per gli altri. Le storie dei romanzi, quando sono autentiche, preesistono alla loro stesura su carta. Vivono nell’inconscio, nelle esperienze di vita e nell’immaginazione di un autore. Poi, un bel giorno, all’improvviso, decidono autonomamente che è arrivato il momento di farsi conoscere, di farsi scrivere. L’attimo presente è un libro che vuole celebrare il valore dell’imperfezione, della diversità, della verità nelle relazioni. Le cose più belle che ci accadono nella vita, e che accadono anche in questo romanzo, accadono quando i protagonisti si fidano delle proprie fragilità, dei propri talenti, della propria unicità. Mi piace proporre qui un estratto del risvolto di copertina: “Laurea con lode in Business Management, MBA alla Stanford University, lectures nelle più prestigiose università americane, cattedra in Scienze della Comunicazione. Massimo Palazzi incarna alla perfezione il simbolo del moderno intellettuale pop; di chi ha bruciato tutte le tappe e ce l’ha fatta in modo pulito, ammirevole, coraggioso, conquistando titoli accademici e aule piene di studenti innamorati di lui, che insieme a lui sognano di cambiare il mondo. Nel mentre, un segreto corrode i suoi pensieri giorno e notte. Arriva anche la grande popolarità, durante una puntata del più seguito talk show in cui il giovane, bellissimo professore incanta tutti. E poi… una lettera aperta: “Adios”. La scelta di mollare tutto, dire grazie, forse, arrivederci. La fuga solitaria, misteriosa, nell’antica masseria dei nonni e degli odori di fichi maturi. Mura spesse, scrostate, fessure di porte e chiavi arrugginite, tali e quali, che raccontano l’anima di chi le ha abitate e di chi verrà. Intorno, la luce accecante e i colori vivi della campagna di Ostuni, città bianca di Puglia. I tempi dilatati, la noia che ritorna salvifica, i cellulari senza più tacche, i domani senza più ansie e scadenze. La vita che lava via il trucco e si rifà vivida, ruvida, sensata, ricca di dolore e di poesia. Sino al momento in cui qualcuno bussa. Ha gli occhi della verità. Porta sul suo viso di bambina i solchi del deserto d’Africa. Ha nome Sarah e un disagio che dà tremore”.
La “tua” Puglia spesso ricorre nei tuoi racconti. Così diversa dal nostro territorio, viene raccontata con quella vividezza di colori che ne contraddistingue i paesaggi e le persone che vi vivono. Riesci davvero a portare il lettore in un’altra dimensione dove colori, suoni, sapori si sommano ad un modo di vivere forse apparentemente fuori dal mondo. Come mai questa scelta?
“In questa storia ho cercato di raccontare la mia fantastica terra pugliese al di là di ogni stereotipo turistico-sentimentale, cercando di mettere a fuoco quelle emozioni e quella verità espressiva che si formano nella nostra adolescenza. Certo, ho avuto il privilegio di vivere la mia adolescenza in un luogo stupendo, ma credo che chiunque di noi abbia avuto la fortuna di vivere quel periodo in modo spensierato, abbia del proprio luogo d’infanzia l’idea di un luogo magico. Perché magiche sono l’infanzia e l’adolescenza. Nei nostri ricordi tutto torna a risplendere e ogni cortile, ogni campagna, ogni parchetto, ogni viuzza del passato nei nostri ricordi diventano i luoghi più giganteschi e belli del mondo. Ed è forse proprio per questo motivo che nel romanzo racconto la storia di Sarah, una bambina congolese orfana, sbarcata da sola a Lampedusa, che non ha avuto il privilegio di vivere la propria infanzia come ogni bambino del pianeta avrebbe diritto di vivere”.
L’attimo presente affronta due temi: il bivio di una vita di successo a cui il protagonista rinuncia per tornare all’essenza dell’esistenza ed il tema dell’inclusione. Due argomenti delicati ed al tempo stesso ricchi di spunti di riflessione, direi pronti per porre al lettore delle domande mentre si addentra nella storia.
“Il protagonista, Massimo Palazzi, è un docente universitario molto autorevole e un personaggio pubblico di grande successo, che a un certo punto della sua vita agiata e “comoda”, decide di salutare tutti, lasciare tutto e rimettersi in gioco. Una scelta sorprendente che molti di noi, nel nostro intimo, a volte desidereremmo fare, ma che richiede grande coraggio e una profondissima conoscenza di sé e di quale sia il proprio personale, insindacabile “progetto di vita”. La cosa più complicata per ogni individuo credo sia ascoltarsi in profondità per conoscersi veramente. Sapere quale sia il proprio vero “sogno esistenziale”. Avendo una sola vita sulla terra a disposizione, sarebbe bello e quanto mai opportuno che nella nostra società, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola, si desse maggiore importanza a questa tematica. Invece, se sei un figlio disciplinato e prendi tutti otto e nove a scuola, va tutto bene! Invece, non è così. Occorrerebbe una continua sollecitazione sociale verso una maggiore ricerca interiore, soprattutto da parte dei giovani. Se trovo me stesso, troverò l’altro. Se non sono felice io, non potrò mai trasmettere felicità e pienezza all’interno di una qualsiasi relazione”.
Possiamo dire che tutto il libro porta all’essenzialità dei sentimenti? È questo il “filo rosso” che ha guidato la tua penna?
“Essenzialità, semplicità, unicità, autenticità: verità. La ricerca della verità è il monito che guida l’intera storia. Vivere “L’attimo presente” senza maschere, senza protezioni psicologiche, senza furbizie, senza tattiche. Sapere che ogni contatto di sguardi può cambiarci la vita se dentro ci mettiamo verità. Ogni “attimo presente” può cambiarci la vita, può essere una rinascita”.
Nella società odierna l’apparire è considerato più importante dell’essere, l’immagine è tutto e non essere considerato nei social o nei media può diventare per tanti quasi un dramma. In “L’attimo presente” poni al lettore una ricetta per abbandonare questo stereotipo e ritrovare davvero le origini, come fa il protagonista tornando nella terra dei suoi genitori. Si può davvero, nella vita di tutti giorni, ritrovare questa essenza?
“Il protagonista fugge, ma nel corso di questa fuga si renderà conto che il vero cambiamento deve avvenire dentro noi stessi, non solo nei luoghi. Ecco perché si può rinascere ovunque: dentro una metropolitana affollata, così come camminando ad agosto nelle stradine polverose della campagna ostunese, stordito dagli odori intensi dei fichi maturi”.
Dicevamo, uno degli altri temi è l’inclusione, un tema delicato e sempre oggetto di polemiche e confronti spesso accesi. La seconda protagonista del libro è arrivata, come tanti, da quell’”autostrada liquida” che spesso diventa un cimitero, come ci raccontano le cronache di tutti i giorni. Da questa narrazione ci racconti che da una vita salvata possono nascere opportunità di un nuovo percorso all’interno di comunità diverse da quelle di appartenenza, facendo sbocciare anche delle potenzialità che spesso tendiamo a sottostimare perché manca la reciproca conoscenza. È questo il messaggio che vuoi fare arrivare?
“Se so chi sono e se accetto i miei limiti, non ho paura di affrontare l’altro. Chiunque sia, qualunque sia la sua provenienza, qualunque siano le sue idee. Questo al di là di ogni determinazione politica, che con questo mio libro non ha nulla a che fare. La vita è un viaggio meraviglioso e insieme doloroso alla ricerca di un senso. Senza accoglienza di sé e dell’altro, ogni senso perde valore”.
Angelo, un’ultima domanda. Tu vivi quotidianamente un ambiente lavorativo dove i temi sono di carattere economico-finanziario, pur considerandoti un “bancario atipico”. I tuoi libri sono una sorta di “evasione” dalla realtà?
“Assolutamente no. Nella mia ormai lunga carriera, ho sempre ricoperto ruoli legati al mondo della scrittura, sia come copywriter, sia come direttore di house organ e magazine socioeconomici aziendali, sia come ideatore di progetti editoriali cartacei e online. Come ho scritto anche in uno spazio aziendale in cui ci si presenta: “Da oltre un quarto di secolo mi guadagno da vivere, dentro e fuori dall’azienda, con la scrittura. Mi considero un artigiano della parola”. Se c’è un piccolo merito che mi attribuisco, è proprio quello di essere riuscito, con assoluta dedizione, determinazione e tanto studio, a fare coincidere la mia vocazione col mio lavoro. Tutta la mia vita professionale ruota da sempre intorno alla “parola scritta”: alla costante, amorevole ricerca di quel senso “sacro” di unicità e di splendore di cui ogni parola è portatrice e rivelatrice”.
Nella presentazione di giovedì 1° dicembre ore 18,30 presso il Teatro del Seminarino (Via Tassis 12) interverranno Mauro Ceruti (filosofo), Ettore Ongis (giornalista), Don Davide Rota (superiore del Patronato San Vincenzo).
Conoscendo Angelo, possiamo immaginare stia già lavorando a qualche nuovo progetto. Per ora lo lasciamo alla presentazione de “L’attimo presente”, una lettura che diventa l’oasi di speranza a cui, inconsciamente, siamo tutti alla ricerca costante. Roma, in questo senso, ce ne offre, con semplicità ma profondità, un piccolo grande saggio, perché di speranza il mondo ha bisogno, anche se fatichiamo a confessarlo.
Giuseppe De Carli