C’è questa meravigliosa generazione che si sta affacciando alla vita, prendendola come se fosse un concerto jazz, la musica suonata dai più grandi quando decidono che è il momento di improvvisare sopra uno spartito che sentono nel cuore. Si chiamano Vinicio, Zeno, Miranda e Stephan. Ogni sera mi chiedono di portarli nei campi, a vedere la luna e le stelle. E mi parlano del fantastico mondo che hanno deciso di realizzare.
E’ quello dei loro nonni, che da ragazzi scendevano in piazza perché nessuno avesse troppo, ma manco troppo poco, che, insomma, tutti avessero almeno abbastanza. Ma è pure il mio, che sono il loro papà, a Genova perché i diritti fossero gli stessi per i bianchi, per i gialli e per i neri. Sulle strade della Liguria per rivendicare la libertà di amare chi si vuole, una donna o un uomo o entrambi, chiudendo gli occhi su una spiaggia per sognare non servissero più carte bollate tra le tasche per spostarsi da un posto all’altro, che per la prima volta non fosse dove si nasce, ma dove ci si sente che l’anima ha bisogno di restare.
Ma non sono stati solo nonni e genitori a renderli dei piccoli grandi jazzisti della vita. E’ stato il nostro Paese che è cambiato, la nostra bandiera, che ha smesso di essere bianca, rossa e verde, per diventare arcobaleno. Vinicio, Zeno, Miranda e Stephan sono italiani, ma anche sudamericani, ucraini, russi e nordafricani. Parlano inglese al computer, lo mischiano con lo spagnolo e col francese, perché fin da bambini hanno avuto come compagni di classe ragazzi che portano nel sangue mille altre culture, ognuna che è diventata anche loro, fondendosi anche grazie a splendidi maestri, insegnanti, ma pure allenatori, che li hanno lasciati fare.
Parlo con loro, spesso per dei pomeriggi interi, mi chiedono del razzismo, che loro non sentono nelle vene, mi spiegano che cosa sia l’amore e l’altra sera li ho sorpresi a vestirsi all’incontrario, Zeno coi vestiti di Miranda, Miranda con quelli di Zeno, ridendo a crepapelle, che è quando ci si sente dentro la libertà, scattandosi centinaia di foto per ricordare.
Io li guardo ammirato, che in questo tempo di diritti negati, violati da chi sta sopra di noi, sono stati come le margherite del mio prato. Ne ascolto i pensieri, liberi e uguali, mi rende orgoglioso essere il cittadino dell’identico mondo dove vivono loro, il nostro, che i miei ragazzi hanno deciso di curare, senza plastica nei mari, che sono importanti, perché lì si va a nuotare.
E questa mattina li ho sorpresi, nel cambio dell’ora, a suonare, Zeno alla tastiera, Miranda al flauto traverso, Vinicio che cantava. Ho preso la chitarra e mi sono messo a seguire le loro note, quelle che renderanno la nostra Italia scassata un posto migliore, quelle che dobbiamo metterci ad ascoltare.
Matteo Bonfanti