Mia nonna si chiama Pina, è di Bologna, fa delle lasagne, delle tagliatelle e dei tortellini semplicemente divini, e ha tanti anni che io ho perso il conto e potrebbero essere ottanta, novanta o quasi cento. Chiama Valeria, sua figlia che poi è mia mamma, e le parla di me: “Già è lontano come te, su al Nord, e non lo vedo neppure una volta al mese, però è il mio nipotino adorato e io lo sento accanto e allora mi metto e leggo quel che scrive ed è bravo e parla un po’ di tutti, ma mai di me, che l’ho tenuto in braccio fino ad arrivare ad averne male alla schiena”.
E io me lo ricordo, ma non solo gli abbracci e i baci. C’è che in ogni momento ho nel cuore tutti gli attimi in cui la mia pelle è stata accanto alla sua. E grazie a lei fanno parte di me Bologna, i portici e le favole, i mesi in Riviera, Sant’Agata, la campagna e le chiacchiere, Nilla Pizzi e Gianni Morandi, i fratelli Cremonini, la luna, i falò, il bar dello sport, Gesù, Dio, la Madonna, San Luca e il Demonio, i comunisti, i fascisti, Berlinguer e Berlusconi, le bimbe, le corse che ho fatto da ragazzo col 127 azzurro per arrivare all’ora di cena per mangiare le polpettine coi piselli, qualcosa di incredibile, che persino dieci piatti non mi possono bastare. E sono cose preziose, che vorrei pure raccontare, perché sono magiche, e ne vorrei parlare anche perché io solo da lei, in Piazza della Pace, di fronte allo stadio Dall’Ara, mi sono sentito sempre a casa.
Ma poi ho questa vita fortunata che di lavoro scrivo, solo oggi le imprese calcistiche della Gavarnese, dell’Almé, dell’Atletico Sarnico e degli Amici Mozzo, e finisco tardi, ed esaurisco le parole che Dio mi dà in una giornata e dovrei averne almeno mille in più per raccontare chi amo come si deve. E in fondo questa cosa è colpa sua, dico di mia nonna Pina, che ha passato ogni istante a spiegarmi che prima è il dovere, che con lei era il rosario tutto in fila per tenersi buono il Signore, che va detto mi ha aiutato parecchio, e penso proprio grazie a lei, e poi il piacere, il gelato nel nuovo centro commerciale di Zadina di Cesenatico, passeggiando mano nella mano, tra le nuvole, a tre passetti dal paradiso, che mia nonna frequenta da quando era bambina.
Di me e la Pina ho mille ricordi, ma sento che sono parte del libro che un giorno scriverò. Quello che vorrei che mia nonna leggesse ora, è che le sono grato perché che sia stato a tavola, l’ultima volta tre mesi fa, o abbracciati stretti stretti nel lettone da bimbino, io ogni volta mi sono sentito coccolato. Ma non in un modo normale, come si fa tra una nonna e un nipotino, di più, proprio come accade a certi principi di regni esotici e lontani. Averlo vissuto è stato bellissimo e poi ogni carezza avuta resta, dà un sacco di forza dentro, nell’anima e nel cuore.
Matteo Bonfanti