C’è questa cosa, che forse pure dipende un pochino dal mio libro, il Vestaglietta, che è la prima volta che una cosa mia piace a chiunque se la trovi in mano, per scelta o per caso, che sia di sinistra, di destra oppure in alto, in basso o avanti, senza Dio o pieno zeppo di quadri di Gesù, della Madonna e degli altri santi. C’è poi che sto diventando grande oppure c’è che siamo tutti un po’ scioccati, io compreso, da questo tempo sospeso, che è senza fine e senza i diritti indiscutibili e inalienabili di appena un anno fa.
Resta che leggo tante persone, che il tema sia Maradona o il Papu o il Natale da soli senza mangiare i tortellini dalla nonna, la mia, la Pina, che sta in un’altra regione, e li leggo schierarsi con decisione, indicando buoni e cattivi, santi e peccatori, mogli perfette e puttane. E io non riesco mai a dire dove stia la ragione, quale sia la cosa giusta e quella sbagliata.
Non è morire democristiani, ma accorgersi delle ragioni dell’altro. Chi fa bene tra il Gasp, che scuote con forza e con foga il Papu negli spogliatoi tra il primo e il secondo tempo, e il Papu, che come limite a se stesso e al suo lavoro mette quello di non trovarsi mai le mani addosso da qualcuno? La cocaina ha trasformato il piccolo Diego nel grande Maradona oppure ne ha limitato la genialità ogni maledetta domenica pomeriggio col vomito degli amari addosso dopo qualsiasi sabato notte a spaccarsi? Sta facendo bene Conte a scegliere la salute per tutti condannando la gran parte di noi alla miseria economica, psichica e fisica? Cosa farei io se mi trovassi al posto del Gasp, del Papu o di Conte? Cosa avrei fatto io se fossi stato Maradona?
E’ tanto che lo penso, ma mi sento sempre di più come nella canzone, in quel verso che dice “io non so più se siano buoni o cattivi gli indiani”. E, citando il verso di un altro genio della musica italiana, penso che “un tempo era semplice”: la manifestazione in piazza prima contro Craxi, poi contro Fini e Berlusconi. Io e gli altri li vedevamo come il male assoluto, a distanza di anni non riesco a darne un giudizio netto. Bene e male, male e bene, “ogni storia ha i suoi no, ogni storia ha i suoi guai”.
Penso sia stato il covid, la prima ondata, che mi ha fatto conoscere le ragioni di persone molto diverse da me, a raccontarcela fino alla fine della notte, trovandoci uguali identici, le stesse paure, i medesimi sogni.
Credo sia stata anche la fortuna più grande della mia vita, decidere di consegnare Il Vestaglietta, questo mio piccolissimo e miserrimo libro, soprattutto a mano, in cinquecento e passa posti ormai, case e fabbriche, operai e padroni, gente ricca come poveri cristi, ascoltandone i sussurri, le voci, l’accoglienza, i sorrisi e problemi, scoprendo gente meravigliosa, la mia, di Bergamo e di Lecco, figlia del proprio vissuto, ma che s’impegna a portarmi ogni volta in braccio il sole.
Io li ringrazio tutti, che mai come ora ho compreso il verso di una canzone stupenda che ascoltavo tanto tanto da ragazzo, inizia dicendo “figlio mio, ricorda, nella vita ogni dubbio è un piccolo tesoro”.
Matteo Bonfanti