“Davanti c’era poca lucidità, la fase di finalizzazione è un problema. Il salto di qualità l’abbiamo fatto con Amad“
. L’ipse dixit di Gian Piero Gasperini vale l’investitura per l’ennesimo baby della covata, l’esordiente in Champions. Diallo, ex Traore nonostante l’Uefa ne sbagli tuttora il cognome sulle distinte, e poco importa perché, dalla metà della ripresa col Midtjylland ha sfiorato il vantaggio di destro, nemmeno il piede preferito, sul filtrante di Josip Ilicic prima e col tiro a giro entro il vertice sinistro poi. Tanto è bastato per far dire al suo allenatore che l’attacco dell’Atalanta senza di lui non sembrava affatto sul pezzo. E a suggerire agli osservatori, vista anche la prova nel finale di un Matteo Ruggeri prontissimo a mettere il quasi assist per il quasi bis personale di testa di Cristian Romero, che i 2002 quando i big stentano possono benissimo prenderne il posto.
Benzina verde nel serbatoio supplementare, quando i titolarissimi sono in riserva. I sostituiti illustri dei due appena maggiorenni, Luis Muriel e nel finale un Robin Gosens stremato dalle fatiche dei recuperi dai suoi acciacchi, non sono esattamente delle comparse né vorrebbero ridursi a esserlo. Ma poche manciate di minuti dell’ivoriano e dello zognese sono state sufficienti per capire l’aria che tira tra campo e spogliatoio: puoi avere il nome altisonante e le statistiche roboanti che ti pare, ma se non rendi ti fai bagnare il naso da gente della Primavera o poco più. E nessuno ci venga a dire che il mancino di talento, una scheggia che dà del tu al pallone, debba stare sotto naftalina per evitare infortuni in vista del suo passaggio a gennaio al Manchester United solo perché vale vagonate di milioni in entrata nelle casse di Zingonia.
La lezione del materasso danese diventato improvvisamente una montagna da scalare suona come un avvertimento a chi pensa di avere il posto fisso per diritto divino. Il dopopartita, al netto del botta e risposta durante, è stato uno schiaffo morale al Papu Gomez, rimasto al di qua della riga di gesso dopo l’intervallo a favore dall’altro fuoriclasse, il perticone sloveno, nemmeno lui risolutivo e capace di chissà quale invenzione per spostare gli equilibri. Ma se Matteo dalla Valbrembana in dieci corsette cronometriche si è fatto notare più del titolare a mancina della Nazionale tedesca, un gol sbagliato all’attivo con quel tiraccio alto e sbilenco su invito di un Duvan Zapata a sua volta dalle polveri bagnate, allora è un segnale: due fronti da sostenere col calendario compresso dal Covid sono tanti e gravosi, se necessario mettiamo in formazione un’iniezione di freschezza. Diallo e Ruggeri sono due ottime risposte a un problema sul tappeto da mesi.
Simone Fornoni