Così sono qui a brindare, come sempre per caso, giusto perché il mio cellulare un’ora fa ha di nuovo smesso di funzionare regalandomi una sera solo soletto in redazione. Sono qui senza nessuno che mi aspetta e nessuno che mi sospetta, c’è Milan-Roma, ma vedrò se vedermi Ibra contro Dzeko. Prima devo cullarmi, un po’ col buio che c’è fuori, un altro pochino col suono della pioggia che per me, che sono nato a Lecco, in autunno dev’esserci sempre. Molto ho bisogno di stare accanto alle mie parole, toccandole mentre batto sulla tastiera.
Domani il mio libro sarà in ogni edicola della città che amo, che si chiama Bergamo e pare tutta seria, ma poi se la conosci fa un sacco ridere, comica e affettuosa, scemetta pure in questi interminabili tempi disgraziati, di miseria e malattia. Mi alzerò e aprirò il primo cassetto della mia cassettiera marrone, quella dove tengo i miei risparmi. A meno di furti dei miei figli, i mirabili Vinicio e Zeno, lì tra le mie quattro mutande ci sono centocinquanta euro, tantissimi perché me ne servono giusto la metà. Andrò dal mio giornalaio, che è un uomo alto, calvo e dolce, che mi chiama per nome e che legge ogni mio racconto, e compererò cinque copie del Vestaglietta, quanti ne servono al mio cuore.
Il primo lo porterò al mio amore, che mi ha dettato quasi tutte le parole, la vera autrice, quella che dovrebbe avere i diritti e i complimenti di chi leggerà il Vestaglietta. Poi farò metano alla mia Pandona Aranciona e andrò a Lecco da mio babbo e a Valgreghentino da mia madre, a celebrare l’uomo e la donna che mi hanno insegnato che vivere è bellissimo, ma diventa stupendo se ci metti intorno almeno mille parole scritte a biro, meglio se d’amore. La quarta copia sarà per la famiglia di Emiliano, che non c’è più, ammazzato da sti stronzi che tagliano la sanità pubblica per far fare camici su camici al proprio cognato. Il quinto lo lascerò sul fiume Adda, col solito rituale, due Tennents, due barrette di cioccolato Icam e qualcosa da leggere per chi arriverà.
Finito il mio giro, chiuderò gli occhi e risponderò alla domanda che mi faccio da trent’anni cambiando ogni volta la risposta. Risolverò la questione della mia esistenza, dicendomi perché batto sulla tastiera Samsung da quando ero piccino. Lo faccio perché mi fa stare bene bene, nella mia classifica personale secondo solo a chiacchierare fitto con la mia bella dopo aver fatto l’amore. Ma più ancora perché credo che le parole abbiano il potere di migliorare il mondo, facendo vergognare i razzisti, i fascistoidi, i maleducati, gli invidiosi, gli stronzi e i politici che rubano fottendosene di noi. Penso pure che le frasi messe in fila mandino via le guerre, la vecchiaia, gli acciacchi e le malattie. E ora, con sto figa di Covid ancora addosso, in Italia ne abbiamo estremamente bisogno.
Va beh, ho deciso di vedermi Milan-Roma (Ibra ha segnato, Dzeko ha pareggiato…). Intanto grazie a tutti, a chi mi vuole bene, a chi mi vuole male, ai miei lettori, che sono malinconico e felice, qualcosa che mi piace da matti.

Matteo Bonfanti