Sono affascinato dalla storia ma quando la subisci non è molto piacevole. Mi riferisco in particolare alla realtà che vivo giornalmente nella società di trasporti in cui lavoro. Noi tranvieri di Atb Servizi S.p.A. (non uso la definizione “autisti” perché qualche collega si offenderebbe) ci troviamo a volte a dover affrontare situazioni che vanno oltre le nostre possibilità, e questo perché l’azienda di cui facciamo parte è costretta a mettere in servizio di linea mezzi ormai obsoleti che, per forza di cose, si trovano ancora nel nostro parco automezzi. Voci, che secondo me hanno il peso di pure illazioni perché non sono basate su niente di concreto, parlano di un eccessivo esborso economico da parte di Atb per favorire l’immagine del politico di turno grazie ad una campagna “green”, obbligando l’azienda a dotarsi di costosissimi autobus elettrici ad “emissioni zero”. Non entro ulteriormente nel merito perché non di mia competenza e soprattutto perché ho già detto come la penso in merito.
È innegabile però che l’emergenza sanitaria di cui siamo stati testimoni abbia comportato un salasso non previsto costringendo Atb Servizi S.p.A. a trovare un compromesso per continuare ad offrire una prestazione di qualità alla città di Bergamo sebbene estremamente penalizzante dal punto di vista economico. Ecco perché in precedenza ho utilizzato il termine “costretta” perché, nel mio piccolo ruolo di operaio, non trovo altra spiegazione. Ci tengo comunque ad avvisare che, sebbene a rilento, il parco automezzi è in continuo ammodernamento eliminando i veicoli datati in favore di macchine in linea con il livello del servizio offerto. Questo è quantunque motivo d’orgoglio, e non solo per me.
Voglio altresì mettere l’accento sulla frustrazione che mi assale quando, come riferito pure da miei colleghi, mi trovo di fronte a richieste cui non posso dar seguito in modo soddisfacente.
Faccio solo due esempi ma ce ne sarebbero altri.
“Scusi, per cortesia, potrebbe accendere il climatizzatore perché dietro si muore di caldo: è un forno”.
“Ma, diamine, potrebbe essere meno brusco nella guida?! Siamo persone, non cose!”.
E tu, impiegato del volante, cosa rispondi quando sai che l’aria condizionata non esiste su quel mezzo? Come fai a spiegare che la guida non dipende dalla tua incapacità ma dal cambio automatico che inserisce o scala le marce in maniera ruvida siccome obsoleto?
Scuse del tipo “grazie della tua segnalazione. Ora lo scrivo in cedola così la sistemano” sono alquanto farraginose perché il giorno dopo può ricapitarti la stessa vettura o magari sua sorella, ritrovandoti sulla stessa linea, allo stesso orario, ribeccandoti la stessa persona che ti fa la stessa richiesta… Ma stavolta in tono seccato. E tu allora che cosa gli racconti? Io, da persona sensibile quale ritengo di essere, vengo assalito dalla mortificazione perché mi metto nei panni dell’utente, di quello sballottato, di quella accaldata, eccetera eccetera.
Detto questo voglio precisare che sono stato educato fin da piccolo a non sputare nel piatto in cui sto mangiando perciò lungi da me l’intenzione di muovere una critica all’azienda per cui sono orgoglioso di lavorare, la quale vanta primati nazionali sia a livello economico che di qualità (vedasi autobus completamente elettrici). Il tentativo di questo articolo è solamente quello di mettere in evidenza alcune situazioni imputate dall’utenza alla “nostra” incapacità quando in concreto ne siamo indipendenti.
Questo sfogo si basa su semplici considerazioni personali, una sorta di difesa per il sottoscritto e per la categoria, anche se forse alcuni colleghi non ne sentivano il bisogno, esortando sempre e comunque “tutti” a tener presente la nostra umanità, le nostre debolezze dovute a milioni di problemi che la vita ci presenta. Sistematicamente veniamo considerati alla stregua dei numeri degli autobus che stiamo conducendo anzi, per meglio dire, siamo visti come entità astratte facente parte integrante del mezzo che scorrazza per Bergamo e d’intorni. Abbiate pietà, vi prego, e lo dico a tutti… Considerate che noi non siamo seduti comodamente davanti a una scrivania ma deteniamo nelle nostre mani la responsabilità di centinaia di vite umane. Siamo professionisti e come tali vorremmo essere trattati.
Marcus Joseph Bax