Il frastuono sopraggiunto negli ultimi giorni da Albino non ha lasciato indifferente chi ben conosce tutte le dinamiche del dilettantismo e, nella fattispecie, il modus operandi di una delle due società oggetto dell’ipotetica fusione. Giulio Cagliani, lo scorso anno allenatore dell’Under 16 del Falco Albino, prova da par suo a fare il punto della situazione, senza lesinare qualche critica e proponendo un’analisi a tutto campo che tocca, chiaramente, la stretta attualità del dilettantismo, stretto tra la smania di ripartire e le difficoltà legate a una crisi economica ormai conclamata. Le voci legate alla fusione tra Falco e AlbinoGandino, le dimissioni di Nicola Radici e di un contingente in quota Falco, il ventaglio di scenari riguardanti, ad oggi, entrambe le società di scena ad Albino, forniscono a mister Cagliani un prezioso spunto per l’accorato appello, rivolto a tutti gli addetti ai lavori e alle istituzioni.
Mister, è giunto del gran fracasso da Albino. Siamo stati davvero a un passo dalla fusione?
“Per quel che mi riguarda, per quel che ho percepito e imparato, facendo calcio al Falco Albino, ritengo giusto che il Falco continui da sé, portando avanti l’immagine che ha saputo costruirsi negli anni: quella di una società seria, apprezzata da tutta la scena del calcio bergamasco. Allo stesso tempo, far da sé comporterà sicuramente dei sacrifici, che andranno a riguardare tutte le componenti societarie. Dai giocatori della prima squadra agli allenatori del settore giovanile, passando per i dirigenti e i collaboratori, presenti a tutti i livelli. Dico che va bene così, perché a forza di fusioni, unioni, convergenze più o meno articolate, il campanilismo, quello innescato in ambito provinciale, ha già perso parte del proprio fascino e rischia di perderne ancor di più nei mesi a venire”.
Eppure, a detta di tanti la fusione rappresenta la strada maestra. In tempi di crisi come questi, possono esserci delle alternative?
“Certo che sì. Anziché seguire la strada dell’unione, bisogna auspicare che la Federazione aiuti maggiormente le società. E non mi riferisco al momento contingente, legato alla pandemia. Le società, tutte le società, andrebbero aiutate sempre! Perché questo si renda plausibile e si concretizzi, serve altresì un cambio di filosofia. Il calcio provinciale deve esaltare lo sport, in quanto tale: non come mezzo per lucrare e per godere di introiti di vario tipo. Forse una volta, quando l’economia ancora ce lo permetteva, si poteva guadagnare qualcosa, senza intaccare lo spirito sportivo. Ma oggi no, oggi l’economia è magra, magrissima e deve indurci a uno sport più sano, più genuino, più formativo. Una volta intavolato questo tipo di premesse, ci accorgeremo che essere più poveri non vuol dire per forza di cose essere più brutti. Quando un Presidente dialoga con l’Amministrazione Comunale, quando una società sportiva rappresenta realmente il bacino di utenza di un dato paese, quando nessuno pretende di spendere o spandere ignorando la situazione economica contingente, i Comuni devono per forza di cose tornare a fare quello che devono fare. E lo fanno a cuor leggero. Contributi, finanziamenti, supporto pratico rivolto a chi si adopera per svolgere un servizio alla comunità. E’ un circolo virtuoso, che cementa i rapporti e tiene a bada chi, al contrario, continua a pretendere, nel nome di qualche supposta fusione o progetto faraonico, senza concedere nulla in cambio”.
Nel caso di Falco e AlbinoGandino, l’idea comune portava al Città di Albino. Per il bacino di utenza che può vantare il paese, poteva trattarsi di una proposta di spessore. Sei d’accordo?
“Difficile, per non dire impossibile, parlare di idea comune, quando uno dei due presidenti non era stato interpellato. Conosco Peracchi, conosco il modo di fare calcio che ha caratterizzato negli anni l’attività del Falco Albino e so che prima di tutto viene la valenza sociale. Il resto, a partire dalle categorie acquisite a tavolino, magari attraverso fusioni, è secondario. E poi per rappresentare una città intera, non basta l’apporto di due sole forze, per quanto rappresentative. Serve il coinvolgimento di tutte le società del paese e, in questo senso, non può essere dimenticato che la realtà che più si è adoperata per garantire forza e numeri al proprio vivaio è l’Oratorio Albino, che non è stata minimamente avvicinato a questa ipotetica fusione. Non prendiamoci in giro: la fusione non comporta più tesserati, bensì la loro dispersione. Guardiamo quello che è successo con l’operazione occorsa sull’asse Stezzano-Mapello. E guardiamo cosa è diventato il calcio senza la Stezzanese. Sono numerosi gli esempi e tutti dell’ultimo periodo. Penso allo stesso MapelloBonate, poi naufragato; penso al Lemine Almenno, nato per favorire un’entità unica, in rappresentanza dei due paesi limitrofi, ma che recentemente ha registrato l’addio di Ferrari e Pellegrinelli. Stessa sorte per lo ScanzoPedrengo, esperienza più che mai effimera; la stessa Virtus CiseranoBergamo non ha lesinato malumori e fuoriuscite di dirigenti; l’Atletico Chiuduno, una volta conclusa la parentesi al fianco della Grumellese, si è fuso con il Telgate, che dal canto suo sembra aver accantonato l’idea di riportare il grande calcio nel paese, per riproporsi, attraverso i suoi dirigenti, a Grumello del Monte. Non vedo senso di appartenenza, non vedo voglia di offrire un avamposto certo alla propria comunità. E i Sindaci non possono che trarre le loro conclusioni. In tutto questo, i risultati sul campo, se è vero che possono aiutare in termini di visibilità e di appetibilità, sono assolutamente modesti. Squadre costruite con alte aspettative finiscono invischiate nei bassifondi”.
La notizia della mancata fusione tra Falco e AlbinoGandino ha fatto ancor più rumore, in funzione delle dimissioni ratificate da Nicola Radici. Che ne pensi?
“Mi dispiace dover annotare che Nicola Radici non trovi una collocazione, una collaborazione di più ampio respiro e di indubbio prestigio, con una qualche società della scena bergamasca. Davvero non c’è spazio per uno come lui? Allo stesso tempo, mi chiedo se fosse davvero necessario tutto questo frastuono, scaturito con le dimissioni di Radici, quando bastava semplicemente prendere atto che se ne sarebbe andato al Forlì. Ognuno per la sua strada e amici come prima”.
In conclusione, che ne sarà della prossima stagione? Siamo pronti per lasciarci alle spalle il Covid-19?
“Di certo c’è che navighiamo nell’incertezza. Per essere un po’ più sicuri, forse sarebbe stato più giusto ipotizzare per gennaio dell’anno prossimo l’inizio dei campionati, e torno a chiedermi se non era il caso di annullare tutto, senza ricorrere a verdetti che non condivido, oppure di aspettare tempi migliori per il completamento della stagione. Per tornare al campanilismo, anni addietro sarebbe stato impensabile, per una società bergamasca, cedere il titolo e il proprio patrimonio di giocatori a una società bresciana. E’ anche per quello che è successo a Villongo in queste settimane che dico che una stagione del genere andava o annullata o completata, con tutta la calma e la pazienza del caso. In Promozione tutto era più aperto che mai. E a ben vedere, detto col senno di poi, con tutto quel che è accaduto, le migliori credenziali per l’Eccellenza ce le aveva il Casazza.
Vedo un certo decadimento, riconducibile al mondo del calcio ma anche a grosse fette della società civile, riguardante le figure dirigenziali, da cui non si può prescindere per fare impresa e per attrezzare al meglio lo sport italiano. Tira aria di decadimento e non mi riferisco solo al mondo del calcio. Temo che l’emergenza Covid non abbia fatto altro che mettere a nudo certe lacune e certe fratture; oggi più che mai insanabili, se non ci decidiamo a promuovere una svolta, in termini di mentalità, sensibilità e cultura. Ne vale del futuro dei nostri ragazzi, che intanto iniziano a presentare un conto salatissimo. Troppo presto disconoscono questa realtà; troppo presto mollano, perdendo di vista quella valenza sociale che, almeno sulla carta, dovrebbe ispirare chi fa calcio a livello provinciale. Si disaffezionano, perché il calcio ha tolto loro la spensieratezza e quel grande sogno che, da sempre, guida la voglia di praticare lo sport preferito”.
Nikolas Semperboni
In copertina una foto della Bergamo Fiorente ai tempi del “Grande Sogno”, culminato con il trionfo in Terza categoria. L’emblema per Cagliani di un calcio fatto di valori, oltre che di risultati