Ci sono atlete per le quali le cronache delle gare raramente dispensano parole. Atlete protagoniste di un lavoro oscuro fatto di fatica, di sacrificio e di raccordo tra le compagne di squadra.
Una di queste è Silvia Pollicini, 21 anni, “varesotta e non varesina“, precisa ridendo. Arriva da Cunardo, è al quarto anno di professionismo e – altrettanto ridendo – si definisce ‘gregaria‘. Ma in realtà c’è di più, molto di più. Laureata durante il lockdown in Economia Aziendale con tesi su sport e professionismo dove ha utilizzato anche la propria squadra – la Valcar-Travel & Service – come oggetto di studio, Silvia ha una visione a 360° gradi sul futuro (e sul presente) di questo sport.
“Sono convinta di essere nel massimo picco di una curva esponenziale che sta lanciando il ciclismo femminile a livelli altissimi. Negli ultimi quattro anni grazie all’abbinamento con tante gare maschili World Tour il ciclismo femminile è cresciuto in popolarità e visibilità come mai prima d’ora. Anche se forse si sono fatti ‘i conti senza l’oste’ per quanto riguarda le nuove regole“.
In che senso?
“Forse le regole del World Tour faranno una selezione del mercato per le quali molte squadre potrebbero essere tagliate fuori sia in Italia come all’estero. Ma speriamo che non vada così“.
In questo l’emergenza coronavirus non ha aiutato. Ora però si riparte: come stai vivendo questo momento?
“Spero che sia tutto vero, nel senso che finché non sarò sul nastro di partenza, non ci ‘crederò’. Tornare a correre è essenziale. Questo è il nostro lavoro, questa è la nostra passione, questo è ciò che ci rende felici“.
Come hai vissuto e stai vivendo questi mesi?
“Durante il lockdown è stato un trauma, perché fare ciclomulino per cinque settimane senza obiettivi è stata dura per tutte. Ma sai com’è che si dice… ‘quando la vita ti dà limoni, fatti una limonata’. Ho approfittato di questo periodo per ritornare in forma dopo l’infortunio dello scorso anno, ho fatto tanta palestra, ho lavorato sulla massa muscolare e adesso si vedono i risultati. Durante il ritiro di Livigno ho avuto buone sensazioni, abbiamo fatto dei carichi di lavoro e ci ha fatto bene anche a livello mentale per ricaricarci”.
Sai già quando ricomincerai a correre?
“Sarò in Spagna a fine luglio e spero che il lavoro di questi tre mesi si possa vedere. Vorrei tornare a essere la ‘Polly’ di sempre, là davanti a ‘menare’ per le mie compagne di squadra“.
Che tipo di atleta sei, Silvia?
“Sono una gregaria, do’ il 110% per la squadra, mi piace collaborare e costruire le basi per un piazzamento delle mie compagne di squadra. Fare questo mi riempie di gioia e mi piacerebbe tornare a farlo nel migliore dei modi. Mi piace essere una donna squadra: vado d’accordo con tutti, mi piace lavorare per tenere unito il gruppo e mi piace l’idea di far tornare a brillare presto le nostre maglie sulle strade di tutto il mondo“.
Una donna squadra dentro e fuori dalla gara. Tua è stata anche l’idea di quel video promozionale su IGTV durante il lockdown dove tu e le tue compagne di squadra mostravate tutti i prodotti di cui siete testimonial…
“Sì, è stata un’idea che ci è venuta guardando un video su TikTok. Ci siamo divertite nel farlo e immagino che anche i nostri sponsor siano stati contenti”.
Sicuramente, visto il numero di visualizzazioni. Insomma, ti dai da fare dentro e fuori il ciclismo…
“Sì, è essenziale. Adesso probabilmente mi iscriverò a Scienze della Comunicazione, vorrei completare la mia formazione scolastica. Non ho voglia di perdere tempo e rimettermi a studiare quando finirà la mia carriera agonistica a 28-30 anni. Meglio farlo adesso“.
Beh, se farai Scienze della Comunicazione diventeremo colleghi…
“Qualcosa già faccio. Ad esempio, ho iniziato a collaborare con un giornale locale di Varese. Sai, sono l’unica varesotta nel World Tour e penso che la mia testimonianza di ‘ragazza normale’ che può comunque farcela a stare in una squadra come la Valcar – Travel & Service possa essere di ispirazione per le giovani ragazze che provano a fare questo sport. Quando ero più giovane uno dei miei idoli sportivi era Valentina Carretta perché, benché fosse meno conosciuta rispetto ad altre atlete, era una ragazza della mia provincia. Era un esempio concreto e molto vicino di come una giovane ragazza che si approccia al mondo del ciclismo possa avere una buona carriera tra le professioniste“.