Una cosa che mi capita spesso di osservare durante le separazioni, soprattutto da parte dei padri, è il timore della scelta che potrebbe assumere un giudice a seguito di un procedimento non consensuale circa il prevalente collocamento dei minori. Anzi – correggo – forse è meglio parlare di rassegnazione. Dal canto loro le madri danno per scontato che i figli verranno collocati con loro stesse presso l’abitazione di famiglia e che il padre, anche se unico proprietario della casa, dovrà uscire e pagarsi un affitto.
In effetti, quando difendo la donna è tendenzialmente più “facile” ottenere risultati favorevoli in giudizio.
Indubbiamente ogni caso è differente, ovviamente l’esito mai certo e le pretese di alcune donne sono, a volte, insostenibili e impossibili da ottenere (ma in questi casi si tratta solo di persone alle quali non importa nulla di mettere l’ex compagno sul lastrico e che tendono ad “usare” i minori …quindi è un’altra storia).
Perché accade questo?
L’argomento meriterebbe un’analisi più approfondita che porterebbe pure ad analizzare alcune situazioni in maniera rigorosa, quale l’esempio scritto in parentesi, ma pure quelle situazioni in cui, in spregio pure dei figli, sono i mariti a non contribuire economicamente e moralmente alla crescita dei ragazzi, in alcuni casi addirittura facendosi licenziare per risultare nulla tenenti/facenti e poi guadagnare in nero alla faccia della famiglia; in altri casi sono gli stessi padri che preferiscono che i bambini stiano con la madre perché, altrimenti, in difficoltà lavorativa.
Qui, però, lancerò solo qualche sassolino, qualche piccola provocazione che non ha lo scopo di infastidire, ma solo di far riflettere.
Insomma perché – di fatto – normalmente i figli vengono affidati ad entrambi i genitori, ma con prevalente collocamento presso la madre con tutte le conseguenze economiche che conosciamo?
Nel caso dei più piccoli si fa notare che la preparazione di pappe ed il cambio di pannolini possa essere più agevole alla madre; per i più grandi sembra che la mamma ponga maggior attenzione all’espletamento dei compiti e alla pulizia. Sarà vero?
E poi: le mamme non lavorano?
Ecco come la vedo io (ribadisco che parlo di un macro sistema, senza volutamente entrare nei casi particolari).
In un mondo votato giustamente all’uguaglianza dei diritti tra i membri di una comunità, dove si fanno manifestazioni ed eventi a sostegno della parità dei diritti e – in alcuni casi estremi – si punta pure ad abbandonare il concetto di genere, assistiamo al fenomeno per cui sembra ritenersi più adeguata una donna rispetto ad uomo alla cura dei figli!
Addirittura si sono fatte campagne in passato perché venisse pubblicamente acclarato questo aspetto!
Allora, innanzitutto, mi chiedo cosa vogliano davvero le donne.
No perché se una donna – e ne conosco – fosse davvero convinta e volesse la reale parità dovrebbe essa stessa chiedere al Giudice di operare un collocamento paritario dei minori, ovviamente rinunciando al mantenimento, atteso che ognuno provvederebbe al cinquanta % delle spese anche ordinarie.
Ho la sensazione che molte donne non vogliano oppure non si vogliano fidare – a torto o ragione – della capacità del compagno di gestire il bambino e ciò perché pure in costanza di rapporto non si fidavano.
Osservo donne “gelose” del ruolo di madre e convinte di essere più brave dei mariti.
Dal canto loro troppo spesso emergono figure maschili che convergono con l’idea di non essere all’altezza delle compagne nella sfera educativa della prole: uomini convinti da sempre o uomini che sono andati via via convincendosene dopo essere sempre stati trattati come inadeguati in tal senso.
Da un lato comportamento “assorbente” della madre e dall’altro debolezza o mancanza di voglia dei padri!
In ogni caso un atteggiamento non equilibrato. Madri che quando i figli hanno qualche malessere restano a casa dal lavoro senza nemmeno consultare i mariti che, a volte, vorrebbero fare altrettanto e, di converso, mariti che comodamente accettano di lasciare l’incombenza alle mamme.
E allora ecco spiegato, forse, il motivo delle prevalenti decisioni giudiziarie: non fanno altro che rispecchiare la società, altro che Giudici stronzi come invece sento spesso dire dalle parti inferocite dopo una prima udienza giudiziale. Come al solito siamo bravi a puntare il dito e meno a farci esami di coscienza: a quel punto ci meriteremmo noi un dito. Il medio!
La vicenda è talmente complessa che potrebbe allargarsi al dato socio – economico che vede le donne ancora troppo spesso più deboli economicamente ( causa pessimo sistema economico o per scelta personale o condivisa con il coniuge in altri) e quindi di fatto “meritevole” di sostegno economico stabile e di collocamento del minore atteso il maggior tempo a disposizione.
Insomma, un vero ginepraio. Ciò che, però, tendo ad apprezzare molto anche perché più equo, responsabilizzante e sostenibile dalle parti (una in particolare) è il mantenimento diretto a cui accennavo: i figli trascorrono “lo stesso tempo” con entrambi i genitori che devono dividersi solo le spese extra senza doversi preoccupare di versare una somma mensile a favore dell’altro. Una scelta che molti genitori responsabili stanno apprezzando sempre più e che, in certe circostanze, i giudici stanno disponendo. Buon tutto a voi.
Vanessa Vane Bonaiti