La vicenda di Giovanna, una giornalista molto in gamba, presa in giro per i suoi capelli e per i suoi maglioni, finita nel mirino di una nota trasmissione televisiva, come a tutti mi ha dato da pensare.
Vent’anni fa, quando sono arrivato qui a Bergamo da Lecco, mi vestivo ancora peggio di adesso, o in tuta o coi jeans stracciati o con i pantaloni vecchiotti, marroni, a coste, lisi, che Erni, il marito di mia mamma, metteva nel saccone destinato alla Caritas e io andavo ogni volta a recuperare.
Ora io, anche adesso, dico proprio in questo momento, che sono qui in redazione, indosso il solito maglione blu rubato a mio babbo un paio di natali fa, i jeans neri di Zara che da un po’ mi danno noia perché hanno le tasche bucate e, se li metto, perdo un sacco di accendini, le scarpe comperate a dieci euro all’usato, i calzini con le banane, che manco so da quale cesto sfigato siano usciti fuori. E penso cosa direbbe la Hunziker vedendomi, in che modo rabbioso lei e Ricci mi descriverebbero, dileggiandomi.
Al netto del fatto un po’ folle che mi affeziono alle cose, in questi anni straordinariamente alla vestaglietta celeste di mia mamma e alla giacchetta ereditata dallo zio Carlo, indumenti che non riesco a buttare (ma è un problema mio, solamente mio), sento di essere un uomo fortunato.
Mai nessuno me l’ha menata per i miei vestiti da barbone o per i miei capelli lunghi e in stile Medusa o per la mia barba casuale. Non sono manco un argomento, elementi inesistenti e ininfluenti per le mirabili sorti della mia vita. Sono stato criticato per le cose che scrivevo, a volte incredibili minchiate, amato per le parole messe in fila dal mio cuore, ma nemmeno una volta, neppure per caso, c’è stato chi mi ritenesse degno o non degno per il mio aspetto, che, anzi, spesso, è stato motivo di tenerezza tra i commenti dei miei lettori.
Ringrazio Bergamo, che mi ha accolto così come sono, senza cambiarmi, fottendosene altamente, la mia città che, paradossalmente, è la stessa dove abita chi attacca così pesantemente l’abbigliamento e la capigliatura di Giovanna, una collega bravissima, che, tra l’altro, si veste anche discretamente bene e comunque saranno anche cazzi suoi perché non fa la modella, ma la giornalista. E poi non siamo negli anni cinquanta del secolo scorso…
Matteo Bonfanti
Nella foto, di qualche mese fa, coi capelli più corti di adesso, ma con addosso la bella giacchetta dello zio Carlo. Mi piacerebbe che tutti mandassero a Striscia la loro foto, con i peggio vestiti che amano