Questo momento di confinamento ci ha sorpresi e paralizzati in situazioni che nessuno avrebbe potuto immaginare prima. Ci siamo ritrovati immobili, cristallizzati in un momento. Un po’ come quando, da piccoli, si giocava a un, due, tre, stella. Il blocco ci ha sorpresi in situazioni anomale, alcune felici ma purtroppo ce ne sono anche di spiacevoli, storie di sofferenza come quella di Francesca, mamma di due bimbe di nove e undici anni. Francesca si separa per maltrattamenti da Giovanni quattro anni fa e il tribunale della città dove abitavano, emette un provvedimento di affidamento condiviso. Francesca è il genitore collocatario, vivono in centro a Bergamo e le bimbe frequentano la scuola qui. Giovanni ha il diritto di vederle ogni due settimane per il week-end. Lo fa regolarmente.
Il 7 marzo scorso Giovanni viene a prendere le bambine come da accordi e dice che a causa dell’emergenza sanitaria che pare prospettarsi andranno due giorni sul lago, dalla nonna. Francesca è d’accordo e sottolinea che se emettono dei provvedimenti in merito alla chiusura delle regioni lui dovrà riportare le bimbe a casa. Alle 19 Francesca telefona alle bambine e le sorprende a Verona per una gita col camper del papà. Alle 21 sarà lui a chiamare Francesca per comunicarle che a causa del coronavirus e con la prospettiva della chiusura della Lombardia porterà le bambine in Liguria, dove la situazione “non è certo come a Bergamo, zona appestata, e che lei può anche denunciarlo ma questo non lo fermerà dal portarsele a casa sua”.
Fino alla domenica sera lui ha diritto di tenerle con se ma dopo le 21 devono tornare dalla loro mamma altrimenti lei può esporre denuncia. Le bambine non tornano e così Francesca si reca in Questura, verso le 22, e denuncia l’accaduto alla polizia. Il 9 marzo l’avvocato della mamma chiede l’intervento del giudice tutelare e il 12 viene effettuata un’integrazione di denuncia per non rientro. Il 17 marzo il giudice tutelare di Bergamo emette un provvedimento urgente e provvisorio in cui definisce che il provvedimento dell’affido va oltre i decreti ministeriali per Covid 19 e il padre deve rispettarlo nell’osservanza delle norme igieniche vigenti. Quindi le bambine possono rientrare. Lei aspetta con ansia di riabbracciarle, lunghe ore di silenzio. Non tornano e così il giudice tutelare programma un’udienza per il 10 aprile, al fine di prendere una decisione definitiva. Giovanni si difende spiegando che il motivo per cui non riporta le figlie alla madre è per via del Covid. “A causa del virus non le riporto in Lombardia fino alla fine di questa emergenza”. Per Francesca solo lo sconforto per questa ingiusta separazione. Intanto la Settimana Santa, Pasqua e Pasquetta, le uova non aperte, il pranzo in solitudine, niente abbracci per Francesca, solo richieste da parte di lui di inviare i libri scolastici e di provvedere a diverse utilità riguardo alla scuola delle figlie, venute meno a causa della fuga improvvisa.
Arriva il 10 aprile, giorno dell’udienza. L’esito, sei giorni dopo, è un provvedimento definitivo ed esecutivo che vede l’obbligo del padre di riportare le bimbe alla madre il giorno dopo, 17 aprile alle ore 13.
Ora Francesca sta aspettando. Sente le figlie una volta al giorno, male perché dove vivono adesso la linea si interrompe spesso e sempre con la presenza del padre durante le telefonate. Stanno bene, si annoiano come tutti i bambini in questo momento. Gli è stato detto che non possono tornare a casa e per non destabilizzarle la mamma dice che è vero ma che fra poco potranno riabbracciarsi forte forte. Un mese e mezzo lontane dalla mamma, non gli era mai capitato. Lei potrebbe chiedere l’intervento delle forze dell’ordine ma crede che non sarebbe una bella situazione per le piccole, così continua ad aspettare il loro ritorno, come le mamme sanno fare molto bene, attendere. E’ così che si diventa mamme, dopo un’attesa che in questo caso però è molto amara.
Francesca appare molto forte, lavora, è un’insegnante. Si tiene impegnata con le lezioni on line e i suoi alunni l’aiutano molto. Pulisce casa, ha due gatti, cerca di distrarsi per non pensare al dolore di questa separazione obbligata.
A tutti quelli che vivono situazioni simili consiglia di mantenere la calma, avere tanta pazienza e di non agire mai impulsivamente. Questo per il bene di tutti ma soprattutto dei minori coinvolti nelle faccende dei grandi. I tempi giudiziari sono lunghi purtroppo ma se non si perde la forza d’animo e si persegue un giusto scopo si può trovare sostegno nella polizia e nei tribunali. “Non bisogna mollare mai”, dice Francesca, siciliana che sembra di Bergamo.
Costanza Vismara