Fabrizio Carcano
Ultimi in classifica, primi nella fedeltà alla propria città. Il Bergamo Basket 2014 sul parquet non stava regalando grandi gioie ai tifosi bergamaschi, con una media deprimente di cinque vittorie e diciannove sconfitte. Ma da quando lo sport si è fermato, insieme alla nostra vita, i giocatori e lo staff del BB14 hanno scalato ogni classifica, di affetto, di cuore, con una scelta tutt’altro che scontata.
Restare a Bergamo, senza andarsene. La stessa scelta fatta dall’Atalanta ma ovviamente il contesto è ben diverso, trattandosi di una formazione tecnicamente non professionistica, con tesserati pagati con stipendi da lavoratori normali. Quasi tutti studenti oltre che atleti. Una scelta di cuore. E di sentimento, verso Bergamo, nel momento più difficile della sua storia moderna.
“Siamo rimasti qui, senza il rompete le righe, inizialmente anche per renderci disponibili per un’eventuale ripartenza, per questo abbiamo scelto di rimanere qui, sapendo che poi ci sarebbero state problemi a tornare. Parliamo di inizio marzo, quando la situazione non era ancora percepita nella sua intera gravità”, riassume Marco Calvani, il 57enne coach romano che ha allenato da nord a sud in tutta la penisola è in quasi tutte le serie, portando Roma ad un’inattesa finale scudetto nel 2013 e guidando poi Sassari in Eurolega nel 2015-16.
Il primo a scegliere di non tornarsene a Roma ma di restare qui.
“Era giusto così. Era giusto restare a Bergamo. Come ritengo sia stato giusto fermare la stagione a inizio marzo senza andare oltre”, sottolinea il tecnico del BB14.
Che ricorda l’ultimo allenamento svolto dai suoi.
“La mattina di lunedì 9 marzo, perché in teoria la sera avremmo dovuto giocare a porte chiuse il derby a Treviglio. Poi siamo stati informati nel primo pomeriggio che era tutto annullato. E a quel punto abbiamo deciso di rimanere qui”.
Da allora staff e giocatori (solo l’ala californiana Carroll è tornata a casa per esigenze familiari) sono rimasti in città, chiusi nelle loro abitazioni, come ogni altro bergamasco.
“Quando abbiamo ricevuto l’ufficialità della sospensione degli allenamenti abbiamo proseguito con un lavoro individualizzato in smart working con una tabella personalizzata stilata dal preparatore atletico e lo staff si è concentrato su un’attività di scuoting. Ci siamo mantenuti vivi, la nostra attività è andata avanti anche senza il lavoro in palestra”, chiosa Calvani.
In costante contatto con i suoi ragazzi: “Sto sentendo i giocatori al telefono, adesso faremo anche una conference call tutti insieme, molti stanno utilizzando il tempo per studiare e dare esami in via telematica. Jackson è rimasto qui con la sua famiglia.”
Tutti a Bergamo, con il cuore e la quotidianità, anche se il basket adesso è lontanissimo.