Perché Bergamo? Perché proprio Bergamo? Dopo una settimana di lavoro passata a cercare i motivi di una strage che non ha eguali nel resto d’Italia, l’impressione è che il perché vada cercato, paradossalmente, nei tantissimi fiori all’occhiello di un luogo tra i più all’avanguardia in Europa e nel mondo.
Intanto la sanità lombarda, da sempre considerata, spesso anche a ragione, come un sistema virtuoso, in grado di guarire migliaia e migliaia di pazienti. Ma questo in un regime di normalità. Alla prova dell’emergenza il comparto ha dimostrato profonde debolezze. Non nella professionalità del personale, medici e infermieri dalle capacità straordinarie, oltre che di un’umanità senza limiti. Piuttosto nelle strutture, con dottori costretti a lavorare senza tamponi, con mascherine di carta igienica, con un camice appena, il più delle volte privi dell’ossigeno necessario a guarire i propri pazienti.
Come è accaduto? E’ successo che il settore pubblico ha subito anni e anni di tagli da parte dei nostri amministratori, soldi che servivano e che avrebbero permesso un approccio totalmente diverso alla pandemia, anche per via dei numeri, visto che una delle maggiori criticità che ci hanno raccontato i medici è proprio la cronica mancanza di personale, con persone che vanno a lavorare malate, autodenunciandosi tra l’indifferenza di chi sta sopra di loro.
E qui si apre il lungo capitolo sui nostri politici. Che sono i responsabili dei tagli alla sanità, ma anche di un comportamento alquanto ondivago, tutti, nessuno escluso, quelli di destra, quelli di sinistra e pure quelli di centro. Prima a minimizzare il problema, dicendoci che grazie a noi, alle nostre serate nei bar o nei pub, oppure ai nostri fine settimana nelle località sciistiche, il nostro Paese avrebbe evitato il problema più grosso, quello economico. E, adesso, a mandarci ogni minuto un messaggio contrario. Oltre alla sistematica eliminazione di diritti inalienabili, perché pilastri della nostra Costituzione, tramite decreti e decretini, assistiamo a un problema di comunicazione senza precedenti. Ancora, per i nostri politici, non è la sanità al collasso a creare questa strage, ma “la troppa gente irresponsabile ancora in giro”.
Qui, Bergamo, 22 marzo 2020, non si muove una mosca da due settimane, ma i contagi continuano. Basta addossare a noi la responsabilità del fallimento di una classe dirigente. Gli errori, gravissimi, li trovate in tantissime dichiarazioni raccolte in quei giorni, a fine febbraio, quando i medici denunciavano che stava iniziando un’emergenza sanitaria senza precedenti e i politici ci chiedevano di non smettere di divertirci perché il nostro Paese aveva bisogno di noi per ripartire subito.
Sempre alla nostra classe politica si deve una delle altre grosse motivazioni di questo dramma, quello di aver lasciate aperte le fabbriche bergamasche, tutte, altro veicolo del virus, chiudendo quelle non essenziali solo nella giornata di sabato, 21 marzo, dopo oltre un mese. La storia dirà se per incompetenza o per irresponsabilità, resta che la straordinaria diffusione del Covid 19 dipende tantissimo da quello, considerando che viviamo nell’area più industrializzata in Europa, la sola che compete per numeri e fatturato con la Germania.
E poi l’Atalanta, ovviamente le colpe non sono del club, ma che ha influito col trionfo di San Siro, il 19 febbraio, appena quattro giorni prima dei casi all’ospedale di Alzano Lombardo, mentre il governo studiava già la chiusura delle scuole. Anche in questo caso la partita, sia la massiccia presenza al Meazza, che i migliaia e migliaia di bergamaschi a festeggiare nei pub e nei bar della nostra provincia, ha aumentato a dismisura il contagio, già rilevato all’epoca da alcuni dottori, così come Brescia-Napoli, l’altra gara giocata a porte aperte nel Nord d’Italia prima che venissero chiusi gli stadi.
Senza tralasciare il ruolo giocato dai trasporti, e anche in questo caso parliamo di assoluta eccellenza a livello europeo, Orio e la Teb su tutti, con decine di migliaia di utenti giornalieri, l’appello di chi scrive va ai nostri lettori.
Anche qui, nella nostra redazione vuota, il rischio è che la disperazione, anche quella di chi sta scrivendo questo articolo, si trasformi in rabbia verso il capro espiatorio che ci indicano. Ma il nostro lavoro giornalistico racconta che le colpe di questo disastro senza precedenti sono altrove. Stiamo a casa, ma ricordando sempre che siamo noi le vittime, non i carnefici. Bergamo sta dando uno straordinario esempio di responsabilità in un momento che anche emotivamente è difficilissimo. E il calcio provinciale, che raccontiamo sul giornale che trovate in edicola, sta regalando un immenso esempio di generosità. Appuntamento a domani, buona lettura.
Matteo Bonfanti