Ieri ero in redazione, erano le sette di sera, cazzeggiavo aspettando Valencia-Atalanta con tutti quei brividini addosso che sento quest’anno ogni volta che c’è in programma una partita di quella meravigliosa banda allenata da quel genio che di cognome fa Gasperini.
Finito di tormentare via Messenger tutti i miei amici, brava gente nerazzurra, ognuno barricato in casa, ho lanciato un’ideuzza piccola piccola via Facebook, quella di mandare al giornale la foto dalle case bergamasche prima del ritorno degli ottavi di Champions. L’ho fatto solo perché mi sentivo solo solo e ho immaginato pure gli altri, che di solito c’è lo stadio, questa volta no. La cosa ha subito preso piede e mi sono arrivate quaranta immagini in dieci minuti, ognuna meravigliosa, vecchi mai domi, papà e mamme coi pupi in braccio, ragazze e ragazzi scatenati all’attacco dei loro nonni, famiglie riunite in una lunghissima poesia di sciarpe, bandiere e colori che manco Montale. La sfida non era ancora iniziata, ma io ero sicuro e mi sono detto, “altro che Valencia, se questo è il popolo, così allegro e appassionato anche in questi giorni di sfiga, a maggio vinciamo la Champions”.
Poi la sfida, che ho ancora negli occhi, quei ragazzi in nerazzurro che corrono a mille all’ora, che pressano, lottano, sbagliano, ma la recuperano perché hanno un cuore più grande degli avversari, che invece sono milionari senz’anima. E ci sono Ilicic, il più forte al mondo perché passato da mille sfortune che ne hanno forgiato il genio, il Papu, che è uno che porta addosso il sole, in campo e fuori, e lo sa pure mio figlio Zeno, e Freuler, che io e lui abbiamo un caro amico in comune, che mi ripete, “quello è un ragazzo dal carattere eccezionale, che per chi ama si butta pure nel fuoco, chiamalo, Matte”. E al quarto gol dell’Atalanta a Valencia mi sono ripetuto: “A maggio devo andare a Istanbul, perché vinciamo la Champions”.
La conferenza del Gasp è stato un inno alla misericordia, “che non è il caso di festeggiare, pensiamo solo a chi sta male, la vittoria è per loro”, così Luca Percassi in diretta, il meglio del meglio, “che siamo tra gli otto club più importanti in Europa, ma a Bergamo si muore e qui nessuno ha la minima voglia di brindare”.
Ora io non sono scemo, che so che in lizza ci sono il Real Madrid, la Juventus e il Barcellona. E anche in tempi di coronavirus sono sempre qui a scrivere di pallone, la Moni lavora dalla Valle Imagna, io in redazione accanto a Marco, che è un collega, ma pure il mio amico più caro. E ogni giorno mi dice: “Questa Atalanta è proprio come il Verona, quello dello scudetto, che era mille volte meno forte, ma aveva addosso un altro cuore, quello meraviglioso di Elkjaer e di Bagnoli”.
Io da ieri penso questo, che la Champions sarà il premio di tutte queste sfighe, perché il cuore conta, anche se nel calcio non sembra, e qui, in questa provincia, con questi tifosi, con questa squadra di calcio, che insieme fanno un popolo di anime stupende che batte all’unisono, io sono sicuro che ce la faremo. A vincere la coppa dalle grandi orecchie e anche sta battaglia con questo maledetto virus.
Matteo Bonfanti